ECCO
LA GIOIA CHE NON SI PU TAROCCARE
DAVIDE RONDONI
Ha parlato, ancora una volta, della
gioia. Lui, il capo della fede che secondo tanti che non la conoscono
renderebbe tristi. Ha parlato ancora di gioia. Ha avuto il coraggio che i più
non hanno. Anche coloro che parlano di felicità attraverso mille spot, mille
promesse, mille seduzioni, in realtà parlano di una gioia che non dura. Che non
sopporta prove serie. Che se ne va come la schiuma delle onde. Loro parlano di
una gioia momentanea, cioè illusoria. Lui invece continua a parlare della gioia
che non se ne va, che aumenta fino a compiersi. Lo ha fatto da subito e ci
torna su spesso. E ieri ha usato una frase strana.
Ricordando la festa della Madonna
Assunta, cioè di carne e sangue presi in cielo, ha detto che si può vivere e
morire il quotidiano rivolti verso la gioia. Ha detto proprio così: vivere e
morire il quotidiano. Perché lo sappiamo bene che ogni giorno si vive e si
muore. E dunque il Papa, che non tira a ingannare la gente, cioè noi, non
potrebbe dirci che la gioia riguarda una quotidianità in cui solamente si vive.
Perché nella quotidianità anche si muore. Lo sappiamo bene. Lo vediamo intorno
a noi, nelle mille notizie o immagini che ci arrivano. Nella morte altrui. E lo
vediamo anche nella morte nostra.
Lo diceva il gran poeta: la
morte si sconta vivendo. E il Papa parla di gioia a noi che tutti i giorni
viviamo e tutti i giorni moriamo. Perchè i giorni passano e perchè nella vita si
fa esperienza della morte in molti modi. Insomma a noi, mortali, il Papa viene
a parlare di gioia. Di quella vera. Che non teme la prova della morte. La gioia
vera dei mortali. Non dei finti uomini. Perché la gioia finta quella che deve
dimenticare che si vive e si muore. E si propone come gioia perchè 'ferma' o
'rallenta' l’attimo di godimento, o di piacere.una gioia taroccata, o meglio
che vale solo per vite taroccate. Per vite che fingono di non morire (alla fine
e tutti i giorni, nel limite o anche nel dolore per la morte altrui). Nel suo
discorso di Ferragosto e in quella frase 'strana' ci sta una sapienza, una
esperienza di cosa la gioia che fa quasi venire i brividi e il magone. Perché come
se dicesse: la gioia si può sperimentare anche se c’il dolore, anche se c’la
sofferenza, e il limite. La gioia vera più dura, più profonda, più ricca di
futuro di ogni limite e dolore. In questa nostra società sentimentale e manichea,
invece, i più pensano che dove c’è dolore non ci può essere gioia. Pensano che
dove c’è l’uno non ci può essere l’altra. E dunque sono costretti a pensare che
la gioia riguarda solo i 'perfetti', i ricchi, i senza problemi, senza vene
varicose, senza difetti, senza peccati, senza dolori. Senza vita insomma. Gioia
finta per uomini finti. E spacciano per gioia la pura e semplice dimenticanza
della vita. Una droghetta passeggera, insapore.
Invece il Papa ha detto di
guardare il cielo, che è come dire guardare il Mistero, per conoscere un gioia
che non se ne va. E di considerare la vita come un viaggio verso una possibile
gioia piena.la gioia del viaggiatore avventuroso, quella che qui di suoi segni
veri, i suoi anticipi. Ha detto di alzare gli occhi. Per gustare veramente le
gioie che, nel quotidiano dove si vive e si muore, ci passano e splendono sotto
gli occhi.
Da Avvenire