Una storiaL’uomo è entrato in coma in seguito a un incidente d’auto nel 1984, ha riaperto gli occhi l’11 giugno 2003. «Mamma» è stata la sua prima parola Un risveglio «incredibile» dopo vent’anni Per i medici che lo avevano in cura Terry Wallis aveva una possibilità su 300 milioni di uscire dallo stato vegetativo persistente. Oggi, secondo alcuni esperti, il suo caso deve far rivedere «gli antichi dogmi» sulle persone che si trovano in condizioni simili alle sue di LORENZO FAZZINI Quel 13 luglio 1984 era un baldanzoso ventenne, sposato con Sandi e padre di una bimba di appena sei settimane, Amber. Quella sera, mentre era in viaggio con alcuni amici nelle Ozark Mountains, uscì di strada con l’automobile: fu l’inizio di 19, interminabili anni nella condizione di 'persistente stato vegetativo'. «Non si riprenderà mai», scandivano i medici che lo avevano in cura. Terry Wallis, meccanico dell’Arkansas, è invece diventato protagonista di un fatto medico incredibile, un risveglio che alcuni studiosi hanno catalogato come possibile in «un caso ogni 300 milioni di possibilità». Ma secondo altri esperti medici tutto ciò deve far rivedere «gli antichi dogmi» sulla condizione di stato 'vegetativo' delle persone in coma. Già, perché la storia del risveglio di Terry, avvenuto l’11 giugno del 2003, dopo quasi vent’anni di perdita di coscienza, fece il giro di tutti gli Stati Uniti: ne parlarono la Cnn, il New York Times e suscitò grande interesse nella comunità scientifica americana. Anche per la prima parola uscita dalla bocca del meccanismo dell’Arkansas: quel giorno, come ogni mattina, l’infermiere che lo assisteva, introducendo la madre nella stanza del figlio, chiese a Terry, da routine, chi fosse la persona che veniva a trovarla. «Mom», mamma scandì, in maniera inedita, Terry. Era stata propria la signora Angilee Wallis a rifiutare di credere che suo figlio era «andato», come gli ripetevano i dottori. Come racconta il sito internet del Terry Wallis Fund, l’ente nato per assicurare all’uomo cure di riabilitazione motoria, «ogni volta che guardava il suo bambino negli occhi vedeva qualcosa che la convinceva sul fatto che egli poteva ascoltarla e capirla. Qualcosa la convinceva che Terry voleva disperatamente parlarle». Ma c’è stato di più: nonostante il suo status di vita, la madre decise di mantenere Terry dentro nelle normali attività di famiglia, come se niente fosse: ogni settimana se lo portava a casa dall’ospedale. Ecco allora dal suo album delle foto, anno dopo anno, Terry il giorno di Natale con un cappello di Santa Klaus, Terry al tavolo del Giorno del Ringraziamento, addirittura lui in riva al lago a pescare. Dopo il suo 'risveglio', il meccanico dell’Arkansas ha ripreso la capacità di formare frasi e ha riguadagnato un parziale uso degli arti, anche se non può ancora camminare o nutrirsi da solo. Dal punto di vista medico gli specialisti hanno osservato, analizzando il caso di Wallis, qualcosa di particolare: mentre offriva pochi segnali di coscienza, il suo cervello aveva ricostruito in maniera metodica la materia cerebrale deputata a interagire con il mondo esterno, come attestato dal Journal of Clinical Investigation. Anche se la sezione dedicata alla memoria era stata compromessa: nel 2003 per Terry il presidente degli Stati Uniti era ancora Ronald Reagan. «Penso sia stato un vero processo, molto lento, di auto-guarigione», ha ammesso al Los Angeles Times Henning Voss, autore dello studio e studioso al Weill Cornell Medical College’s Citigroup Biomedical Imaging Center. Studiando il cervello di Wallis dopo la sua ripresa, gli esperti hanno trovato che le cellule di alcune zone relativamente non danneggiate avevano formato nuovi assoni, le fibre nervose che trasmettono messaggi tra i neuroni. L’incredibile ripresa di Terry fece dire a Steven Laureys, neurologo dell’Università belga di Liegi, che gli scienziati devono riconsiderare il modo in cui vengono trattati i pazienti in persistente stato vegetativo. «Tutto questo dimostra che ci sono dei cambiamenti nel cervello. Ciò ci obbliga a riconsiderare vecchi dogmi». Come, appunto, il fatto che la condizione di coma sia definitiva. E durante gli anni in cui il loro figlio non rispondeva alle sollecitazioni né sembrava cosciente, i genitori di Terry pensarono diverse volte che, forse, «sarebbe stato meglio che non fosse sopravvissuto all’incidente». «Ho pensato che sarebbe stato in pace … non io, ma lui», confessò il padre. Ma dopo quell’11 giugno di cinque anni fa sono stati ben contenti che tutto ciò non sia avvenuto. (tratto da AVVENIRE, Agosto 2008).
Domenica bestiale
Una storiaL’uomo è entrato in coma in seguito a un incidente d’auto nel 1984, ha riaperto gli occhi l’11 giugno 2003. «Mamma» è stata la sua prima parola Un risveglio «incredibile» dopo vent’anni Per i medici che lo avevano in cura Terry Wallis aveva una possibilità su 300 milioni di uscire dallo stato vegetativo persistente. Oggi, secondo alcuni esperti, il suo caso deve far rivedere «gli antichi dogmi» sulle persone che si trovano in condizioni simili alle sue di LORENZO FAZZINI Quel 13 luglio 1984 era un baldanzoso ventenne, sposato con Sandi e padre di una bimba di appena sei settimane, Amber. Quella sera, mentre era in viaggio con alcuni amici nelle Ozark Mountains, uscì di strada con l’automobile: fu l’inizio di 19, interminabili anni nella condizione di 'persistente stato vegetativo'. «Non si riprenderà mai», scandivano i medici che lo avevano in cura. Terry Wallis, meccanico dell’Arkansas, è invece diventato protagonista di un fatto medico incredibile, un risveglio che alcuni studiosi hanno catalogato come possibile in «un caso ogni 300 milioni di possibilità». Ma secondo altri esperti medici tutto ciò deve far rivedere «gli antichi dogmi» sulla condizione di stato 'vegetativo' delle persone in coma. Già, perché la storia del risveglio di Terry, avvenuto l’11 giugno del 2003, dopo quasi vent’anni di perdita di coscienza, fece il giro di tutti gli Stati Uniti: ne parlarono la Cnn, il New York Times e suscitò grande interesse nella comunità scientifica americana. Anche per la prima parola uscita dalla bocca del meccanismo dell’Arkansas: quel giorno, come ogni mattina, l’infermiere che lo assisteva, introducendo la madre nella stanza del figlio, chiese a Terry, da routine, chi fosse la persona che veniva a trovarla. «Mom», mamma scandì, in maniera inedita, Terry. Era stata propria la signora Angilee Wallis a rifiutare di credere che suo figlio era «andato», come gli ripetevano i dottori. Come racconta il sito internet del Terry Wallis Fund, l’ente nato per assicurare all’uomo cure di riabilitazione motoria, «ogni volta che guardava il suo bambino negli occhi vedeva qualcosa che la convinceva sul fatto che egli poteva ascoltarla e capirla. Qualcosa la convinceva che Terry voleva disperatamente parlarle». Ma c’è stato di più: nonostante il suo status di vita, la madre decise di mantenere Terry dentro nelle normali attività di famiglia, come se niente fosse: ogni settimana se lo portava a casa dall’ospedale. Ecco allora dal suo album delle foto, anno dopo anno, Terry il giorno di Natale con un cappello di Santa Klaus, Terry al tavolo del Giorno del Ringraziamento, addirittura lui in riva al lago a pescare. Dopo il suo 'risveglio', il meccanico dell’Arkansas ha ripreso la capacità di formare frasi e ha riguadagnato un parziale uso degli arti, anche se non può ancora camminare o nutrirsi da solo. Dal punto di vista medico gli specialisti hanno osservato, analizzando il caso di Wallis, qualcosa di particolare: mentre offriva pochi segnali di coscienza, il suo cervello aveva ricostruito in maniera metodica la materia cerebrale deputata a interagire con il mondo esterno, come attestato dal Journal of Clinical Investigation. Anche se la sezione dedicata alla memoria era stata compromessa: nel 2003 per Terry il presidente degli Stati Uniti era ancora Ronald Reagan. «Penso sia stato un vero processo, molto lento, di auto-guarigione», ha ammesso al Los Angeles Times Henning Voss, autore dello studio e studioso al Weill Cornell Medical College’s Citigroup Biomedical Imaging Center. Studiando il cervello di Wallis dopo la sua ripresa, gli esperti hanno trovato che le cellule di alcune zone relativamente non danneggiate avevano formato nuovi assoni, le fibre nervose che trasmettono messaggi tra i neuroni. L’incredibile ripresa di Terry fece dire a Steven Laureys, neurologo dell’Università belga di Liegi, che gli scienziati devono riconsiderare il modo in cui vengono trattati i pazienti in persistente stato vegetativo. «Tutto questo dimostra che ci sono dei cambiamenti nel cervello. Ciò ci obbliga a riconsiderare vecchi dogmi». Come, appunto, il fatto che la condizione di coma sia definitiva. E durante gli anni in cui il loro figlio non rispondeva alle sollecitazioni né sembrava cosciente, i genitori di Terry pensarono diverse volte che, forse, «sarebbe stato meglio che non fosse sopravvissuto all’incidente». «Ho pensato che sarebbe stato in pace … non io, ma lui», confessò il padre. Ma dopo quell’11 giugno di cinque anni fa sono stati ben contenti che tutto ciò non sia avvenuto. (tratto da AVVENIRE, Agosto 2008).