Camunia

L'inno nazionale italiano


Fratelli d'Italia - Canto degli italiani(23 novembre 1847)un brutto inno, con molte contraddizioniPoche nazioni al mondo sono dotate di un inno più brutto e sanguinario di questo.  Fratelli d'Italia / L'Italia s'è desta / Dell'elmo di Scipio / S'è cinta la testa (1)Dov'è la vittoria? / Le porga la chioma (2) / Che schiava di Roma / Iddio la creò.Stringiamoci a coorte (3) / Siam pronti alla morte, / Siam pronti alla morte (4) / Italia chiamò.Noi fummo da secoli / Calpesti e derisi, / Perchè non siam popolo, / Perchè siam divisi(5).Raccolgaci un' unica / bandiera, Una speme, / Di fonderci insieme / Già l'ora suonò.Stringiamoci a coorte...Uniamoci, uniamoci / L'unione e l'amore / Rivelano ai popoli / Le vie del Signore. (6)Giuriamo far libero / Il suolo natio / Uniti per Dio (7) / Chi vincer ci può?Stringiamoci a coorte...Dall'Alpe a Sicilia / Dovunque è Legnano (8), / Ogn'uomo di Ferruccio (9) / Ha il cuore e la mano,I bimbi d'Italia / Si chiaman Balilla (10) / Il suon d'ogni squilla / I vespri suonò. (11)Stringiamoci a coorte...Son giunchi, che piegano, / Le spade vendute (12). / Già l'aquila d'Austria (13) / Le penne ha perdute.Il sangue d'Italia / Bevé col cosacco / Il sangue polacco / Ma il cor lo bruciò. (14)Stringiamoci a coorte... NOTE AL TESTO (1) Cioè ha riesumato l'antico spirito di conquista e la sete di potere che giaceva assopita dai tempi dell’Impero Romano. Si tratta di Scipione l’Emiliano, che Dario Fo in un suo intervento sul Corriere chiamò "criminale razzista"; alcuni comunque lo identificano con l'Africano, il nonno dei due più famosi "sindacalisti" dell'antichità, Tiberio e Caio Gracco, morti nel tentativo di far approvare le leggi agrarie.(2) Qui il poeta si riferisce all'uso antico di tagliare le chiome alle schiave per distinguerle dalle donne libere che portavano invece i capelli lunghi. Dunque i popoli che abitano la penisola devono porgere la chioma perché venga loro tagliata quali schiavi di Roma, sempre vittoriosa per volere di Dio.(3) La coorte, cohors, era una sanguinaria unità da combattimento dell'esercito romano, decima parte di una legione; chiaro il riferimento alla corte come nobiltà, da difendere e per la quale combattere a costo della vita.(4) Qui l’autore sembra presagire la propria morte, causata dalle ferite riportate in battaglia, nel 1849.(5) Lo stesso Mameli, consapevole della mancanza di basi storiche e culturali comuni, rimarca l’impossibilità di riunire diversi popoli sotto un’unica bandiera, se non con l’uso della forza (come puntualmente avvenne).(6) Si può intravedere in questi versi un sentimento democristiano ante litteram, confermato dalla nota religiosità di Mazzini, spesso deriso per questo da Marx con il nomignolo di Teopompo.(7) "Per Dio" va inteso come invito a un'unione sacra, calata dall’alto (come le investiture divine dei Re carolingi) e alla quale nessuno (tantomeno il popolo plebeo) ha il diritto di opporsi.(8) Ossia la battaglia in cui i comuni lombardi, uniti in una lega e guidati da Alberto da Giussano, batterono il Barbarossa respingendo il primo tentativo di unificazione degli Stati che componevano la penisola italica.(9) Francesco Ferrucci che guidò i Fiorentini contro Carlo VIII di Francia e che a Maramaldo, rinnegato e traditore, gridava: "Vile, tu uccidi un uomo morto!". Altro esempio di resistenza popolare all’unificazione.(10) "Balilla" è il soprannome di Gianbattista Perasso, il monarchico genovese che guidò la rivolta di Genova contro gli austriaci nel 1746, che ogni cittadino dovrebbe prendere a esempio di amor patrio in contrapposizione ai precedenti richiami a moti contrari alla creazione di uno Stato comune. Da qui verrà ripreso il nome delle giovani leve fasciste.(11) Si tratta dei Vespri siciliani, rivolta (1282) degli isolani contro i francesi, che poi per stanarli gli facevano vedere dei ceci e chiedevano: cosa sono questi? E loro, non sapendo pronunciare la "c" dolce, dicevano "sesi" e venivano trucidati! La tromba di battaglia suona da monito a chiunque voglia resistere all’unificazione.(12) Le truppe mercenarie di occupazione, viste come il male minore pur di piegare ogni resistenza.(13) L'aquila bicipite, simbolo degli Asburgo, che persero il controllo dei territori a nord del Po a causa delle ricche donazioni che fecero rapidamente cambiare bandiera alla grande maggioranza delle truppe.(14) Nonostante i danni, le razzie e i soprusi compiuti dai mercenari stranieri chiamati a combattere contro il popolo ribelle, l’importante è aver cancellato (“bruciato”) ogni radice, ed aver creato col sangue l’Italia. Col tempo, e con altri soprusi, si sarebbero creati (questa era la speranza) anche gli Italiani.