From The Inside

Post N° 14


Scomparsa di Amore "Ma mentre l’anima sua innamorata s’abbandonava a quel piacere la lucerna maligna e invidiosa, quasi volesse toccare e baciare anch’essa quel corpo così bello, lasciò cadere dall’orlo del lucignolo sulla spalla destra del dio una goccia d’olio ardente. Ohimè audace e temeraria lucerna indegna intermediaria d’amore, proprio il dio d’ogni fuoco tu osasti bruciare quando fu certo un amante ad inventarti per godersi più a lungo, anche di notte il suo desiderio. "Balzò su il dio sentendosi scottare e vedendo oltraggiata e tradita la sua fiducia, senza dire parola, d’un volo si sottrasse ai baci e alle carezze dell’infelicissima sposa.XXIV "Psiche però, nell’attimo in cui egli spiccò il volo, riuscì ad afferrarsi con tutte e due le mani alla sua gamba destra e a restarvi attaccata, inerte peso, compagna del suo altissimo volo fra le nubi, finché, stremata, non si lasciò cadere al suolo. "Ma il dio innamorato non ebbe cuore di lasciarla così distesa a terra e volò su un vicino cipresso e dal ramo più alto con voce grave e turbata così le parlò: "’Oh, troppo ingenua Psiche, mia madre, Venere, mi aveva ordinato di farti innamorare del più abbietto, dell’ultimo degli uomini e a lui darti in isposa; io invece le ho disubbidito e son volato a te per essere io stesso il tuo amante: stata una leggerezza, lo so, e mi sono ferito con il mio stesso dardo, io, famosissimo arciere, e ti ho fatto mia sposa perché tu, pensandomi un mostro, mi troncassi col ferro questo capo che reca due occhi innamorati di te. "’Eppure quante volte ti ho detto di stare in guardia, con che cuore ti ho sempre ammonita. Ma quelle tue brave consigliere presto faranno i conti con me per i loro suggerimenti funesti; quanto a te, basterà la mia fuga a punirti.’ E con queste parole aperse le ali e si levò nel cielo. Psiche incontra il dio Pan XXV "Da terra ove giaceva, Psiche seguì il volo dello sposo finché poté vederlo e, intanto, si sfogava in gemiti angosciosi; ma quando nel suo rapido volo egli si fu sottratto alla vista di lei, perdendosi lontano nello spazio, ella corse alla riva del fiume più vicino e a capofitto vi si gettò; ma il buon fiume, devoto al dio che suole accendere d’amore anche le acque e temendo per sé, senza farle alcun male la sollevò su un’onda e la depose sulla riva fiorita. "Per fortuna che Pan *, il dio dei campi, se ne stava seduto proprio lì, sulla sponda del fiume, con Eco fra le braccia, la dea dei monti e le insegnava a cantare le melodie più varie, mentre le capre, qua e là, lungo la riva saltando, brucavano l’erba che la corrente lambiva "Il dio caprino appena vide Psiche così distrutta e affranta, poiché non era ignaro delle sue sventure, la chiamò dolcemente a sé, confortandola con buone parole: "’Figliola cara,’ cominciò a dirle ‘io non sono che un villano, un rozzo pastore, però di esperienza ne ho tanta dato che sono vecchio ormai. Quindi se vedo chiaro - in fondo in questo consiste, secondo quelli che se ne intendono, l’essere profeti - dal tuo passo vacillante, dal pallore estremo del tuo viso, da quel sospirare continuamente e soprattutto dai tuoi occhi così tristi, devo arguire che un amore violento ti tormenta. Dammi retta, allora, non provarci più a gettarti nel fiume, né cercare la morte in altro modo. Cessa di piangere, scaccia il dolore e mettiti piuttosto a pregare Cupido, il più potente degli dei: giovane, sensibile e vagheggino com’è, lusingalo con dolci voti.’ La punizione delle sorelle XXVI "Psiche non rispose al dio pastore che le aveva parlato e, riverente al nume soccorritore, si mise in cammino. "A lungo errò per strade sconosciute, tra molti stenti, finché giunse con le prime ombre della sera ad una città dove era re il marito di una delle sue sorelle. Appena Psiche lo seppe si fece annunziare e quando fu dinanzi alla sorella, che, dopo reciproci scambi di abbracci e di saluti, le chiese le ragioni della sua venuta, così cominciò a dire: "’Ricordi i consigli che mi deste quando mi persuadeste ad uccidere con un affilato rasoio il mostro che mi dormiva accanto sotto il mentito nome di marito prima che fosse lui a divorar me, poveretta? "’Ebbene, quando la complice luce della lampada, come s’era d’accordo, mi rivelò il suo volto, oh, che spettacolo meraviglioso, addirittura divino, videro i miei occhi: il figlio stesso di Venere, Cupido in persona ti dico, era lì che riposava tranquillo."’Rimasi come colpita a tale straordinaria visione e mentre tutta sconvolta da un desiderio prepotente che mi faceva soffrire perché non riuscivo ad appagare del tutto, malauguratamente, dalla lucerna cadde una goccia d’olio bollente sulla sua spalla. Per il dolore egli si svegliò di soprassalto e vedendomi armata di ferro e di fuoco: "Tu? Un’assassina?" esclamò. "Infame, via dal mio letto, subito, fa fagotto. Tua sorella" e pronunziò il tuo nome, "io sposerò con legittime nozze" e là per là comandò a Zefiro che mi buttasse fuori dalla sua casa.’XXVII "Psiche non aveva ancora finito di parlare che quella, eccitata dagli stimoli di una pazza libidine e da una malvagia invidia, così su due piedi, inventò al marito una panzana che facesse al caso, cioè che aveva saputo della morte di uno dei suoi genitori e, di furia, prese la nave e si recò direttamente alla nota rupe. "Ma il vento che soffiava, ora era vento diverso, tuttavia, protesa in una folle speranza, quella cominciò a invocare: ‘Cupido prendimi, sono io la sposa degna di te, e tu, Zefiro, accogli la tua padrona’ e con un gran salto si buttò giù. "Ma nemmeno morta poté giungere là dove voleva, perché il suo corpo si sfracellò sulle rocce aguzze e per gli uccelli rapaci e le fiere quelle membra straziate furono un pasto abbondante. Era quello che si meritava. "Il seguito della vendetta non si fece attendere. Infatti Psiche, nel suo peregrinare, giunse a un’altra città dove abitava la seconda sorella e anche a questa tese la stessa trappola. Costei, bramosa di prendere il posto della sorella con nozze sciagurate, s’affrettò a correre alla rupe e fece la stessa fine dell’altra. Venere viene a conoscenza dell'accaduto XXVIII "Intanto mentre Psiche andava di paese in paese cercando Amore, questi, dolorante ancora per la scottatura della lucerna, s’era rifugiato nello stesso letto della madre e si lagnava. "Allora il candido uccello che sfiora con le sue ali le onde del mare, il gabbiano, velocissimo, si tuffò nel profondo grembo dell’Oceano e avvicinatosi a Venere che tranquillamente stava facendo il bagno e nuotava, le riferì che il figlio s’era scottato, che si lamentava per il dolore acuto della piaga, e che giaceva a letto in grave stato; infine che la famiglia di Venere ormai era sulla bocca di tutti e sul suo conto correvano dicerie e malignità a non finire, per esempio che il figlio s’era appartato tra i monti per godersi i favori di una sgualdrina e che lei, la madre, se ne stava sempre in mare a nuotare e che perciò gli uomini non sapevano più cos’era il piacere, la gentilezza, la grazia, e tutto era diventato rozzo, selvaggio, volgare, e non si celebravano più matrimoni, non c’erano più relazioni amichevoli fra gli uomini e anche l’amore per i figli si stava allentando e c’era solo un gran disordine e come un fastidio per ogni sorta di legami del resto sempre meno sentiti. "Questo cicalava quell’uccello petulante e pettegolo all’orecchio di Venere, calunniandole il figlio. "’Ah, così quel mio bravo figliolo ha già l’amica?’ sbottò a un tratto la dea su tutte le furie. ‘E tu che sei l’unico a servirmi con affetto, fuori il nome, voglio sapere chi è questa che ha sedotto un ragazzino ingenuo e indifeso, se è una Ninfa o una delle Ore o una Musa o anche una delle Grazie al mio servizio.’ "E l’uccello chiacchierone non tacque: ‘Non lo so mia signora, credo però che egli sia innamorato cotto di una fanciulla mortale; se ben ricordo si chiama Psiche.’ "Venere saltò su infuriata e cominciò a gridare: ‘Ah è Psiche che ama! La mia rivale in bellezza, quella che voleva usurpare il mio nome. Sta a vedere che il ragazzo mi avrà presa per una ruffiana e s’è pensato che io gli abbia mostrato la fanciulla perché ci andasse assieme.’ Venere rimprovera Cupìdo. XXIX "E uscì dal mare strillando per precipitarsi di furia al suo talamo d’oro dove, come le era stato riferito, trovò il giovanotto infortunato: ‘Belle cose mi fai sentire’ cominciò a tuonargli dal limite della porta. ‘Proprio quello che ci voleva per la tua famiglia e il tuo buon nome. Prima di tutto te ne sei infischiato degli ordini di tua madre, anzi, che dico, della tua padrona, e invece di punire la mia rivale legandola a un uomo spregevole, te la sei presa tu, alla tua età, per i tuoi dissoluti e precoci amori; e io dovrei sopportare per nuora la mia nemica? Ma che credi, buffone, seduttore, essere odioso, che soltanto tu ora sei capace di aver figli eh? Pensi che alla mia età io non ne possa più farei Ebbene sappi che ho deciso di avere un altro figlio, e molto migliore di te; anzi, a tuo maggior dispetto, adotterò qualcuno dei miei schiavetti e gli darò codeste penne, la fiaccola, l’arco e anche le frecce, insomma tutto quest’armamentario che è di mia proprietà e che ti avevo affidato non certo perché tu ne facessi l’uso che ne hai fatto. Roba di tuo padre, infatti, in tutto questo corredo non ce n’è davvero.XXX "La verità è che tu sin da piccolo eri un poco di buono e hai sempre avuto le grinfie lunghe. Quante volte senza alcun rispetto hai messo le mani addosso anche ai tuoi vecchi; perfino di tua madre, dico io, sì, proprio, anche di me, assassino, te ne approfitti; spesso mi hai anche picchiata; mi tratti male come se non avessi nessuno al mondo e non hai soggezione nemmeno di quel grande e forte guerriero che è il tuo padrino. E che? forse non è vero che tante volte a dispetto mio gli hai procurate delle ragazze? Ma ti farò pentire io di codesti tuoi scherzi e sentirai come ti diventeranno amare e agre queste tue nozze. "Sì, ma ora che devo fare dal momento che sono stata beffata? Dove devo andare? E com’è che posso tenere a bada questa tarantola? Possibile che debbo chiedere aiuto alla Temperanza, alla mia nemica, che io ho tante volte offeso proprio per colpa di questo scostumato? "D’altro canto mi vengono i brividi al pensiero di dover parlare a quella cafona miserabile; comunque la soddisfazione che dà la vendetta non è cosa da buttar via, da qualunque parte venga, e, quindi, proprio di lei e di nessun’altra mi posso servire per dare a questo pagliaccio una solenne lezione, spaccargli la faretra spuntargli le frecce, allentargli l’arco, spengergli la fiaccola, insomma adottare rimedi estremi per farlo rigar dritto. Non mi sentirò soddisfatta dell’offesa patita fino a quando quella donna non lo avrà pelato della chioma che io stessa, con le mie mani, ho tante volte pettinato e fatto risplendere come oro, e non gli avrà spuntate le penne che, tenendolo in grembo, io gli ho imbevute di nettare.’XXXI "Così parlò la dea e uscì a precipizio dalla stanza, adirata e furente come sapeva esserlo soltanto lei. "Ma ecco che Cerere e Giunone le corsero dietro e vedendola tutta sconvolta le chiesero il perché di quel truce cipiglio che toglieva incanto e fulgore ai suoi occhi. "’Siete proprio giunte a proposito’ le interruppe: ‘ho la rabbia in corpo e voi mi darete la soddisfazione che cerco. Vi prego, mettetecela tutta, ma trovatemi questa Psiche, sempre in fuga, sempre che scompare. Sapete, no, le favolette che corrono ormai sulla mia famiglia e le prodezze di quel tipo che non voglio più chiamare figlio?’ "’Quelle, allora, conoscendo i fatti, si misero ad ammansire la dea: ‘Ma che cosa ha poi fatto di tanto male tuo figlio, che gli togli tutti gli spassi e addirittura vuoi a tutti i costi la rovina della fanciulla che ama? Via, non è mica un delitto se ha fatto l’occhietto a una bella ragazza. In fondo è un maschio, ed è un giovanotto! O ti sei dimenticata quanti anni ha? O forse perché li porta bene credi che sia sempre un ragazzino? E tu che sei sua madre e, per di più, una donna piena di buon senso, che fai ora? Ti metti lì a indagare nelle passioncelle di tuo figlio, ad accusarlo che è un donnaiolo, magari a rimproverargli i suoi amori, a biasimare in un ragazzo così avvenente quelle che sono le tue abitudini, i tuoi piaceri? "’Nessun dio, nessun uomo potrebbe darti ragione se tu continui a spargere il seme del desiderio tra le genti e poi, a causa tua, pretendi che Amore faccia astinenza e chiudi la scuola dove s’insegnano certi vizietti che piacciono alle donne.’ "Così quelle due dee, per paura delle sue frecce e per propiziarselo, di loro iniziativa presero le difese di Cupido, benché questi non fosse presente. "Ma Venere, indispettita perché le offese che aveva ricevute venivano prese poco sul serio, voltò loro le spalle e tutta risentita, a rapidi passi, prese la via del mare.