Galeotto fu 'l libro

Capodanno da zia Marta (ovvero: come fare un'orribile gaffe e uscirne vivi)


Il ritorno dalle vacanze è sempre un po' traumatico, e non lo impariamo certo dalla pubblicità della Costa Crociere. Il fatto è che a volte sono traumatiche le vacanze stesse, per quanto ci sforziamo poi di parlarne bene per non passare per sfigati o, peggio, per allocchi. Quest'anno, per motivi vari e articolati, le vacanze che avevo progettato sono sfumate inopinatamente, per cui ho passato un bel Capodanno in famiglia, con tanto di cugini col volto butterato dall'acne juvenilis e zie ottuagenarie perennemente sul punto di addormentarsi sulla sedia. So che questo potrebbe conferirmi i tratti di un insensibile e spregevole misantropo, ma non è così: a me le riunioni familiari piacciono, purché non mi vengano imposte e, soprattutto, non mi si obblighi a strimpellare la chitarra per tutta la serata, come sovente accade, mentre gli altri intonano la versione più cacofonica di “Oh happy day” che si sia mai udita sul pianeta Terra.Inutile dire che ho dovuto suonare la chitarra, su espressa richiesta della cara zia Marta.Chi non è pratico di famiglie numerose non può certo immaginare cos'è una “Zia Marta”: è molto più che una donna, è una sorta di guida spirituale che detiene per investitura divina il potere di organizzare cenoni di Fine Anno allo scopo di coinvolgere amici a iosa e parenti fino al settimo grado, con tanto di affini e collaterali, sicché in occasione di tali adunate oceaniche si possono fare sorprendenti scoperte e paurose gaffes. Quest'anno, giusto per non farmi mancare nulla e chiudere l'anno in bellezza, sono riuscito a fare l'una e l'altra.Ecco i fatti.Chiacchierando con Luisella, una mia lontana cugina specializzata in buone nuove, ho scoperto che Antonella, una mia cara ex compagna di liceo con la quale avevo avuto un breve ma intenso flirt nel corso di una gita scolastica in Spagna nella primavera dell'89, ha recentemente sposato il figlio di un cugino di mio padre e che presto sarebbero arrivati anche loro, a festa già iniziata. Un quarto d'ora dopo, i due sposi facevano il loro ingresso trionfale tra le braccia del gran cerimoniere di quell'evento, la zia Marta appunto. Non appena avvistatomi, Anto (così la chiamavo in gioventù) mi ha guardato con la stessa espressione del paleontologo che vede un tirannosauro. Ci siamo salutati come si salutano ordinariamente i vecchi compagni di classe, cioè mentendo entrambi spudoratamente sullo stato di conservazione dell'altro; quindi, dopo un doveroso scambio di informazioni circa i principali avvenimenti biografici dell'ultimo ventennio, ci siamo divertiti a disseppellire vecchi aneddoti riguardanti compagni e professori, ridendo di gusto sotto lo sguardo corrucciato del cugino in terza che evitava di inserirsi nella conversazione ma, in compenso, ascoltava attentamente. Ad un certo punto, parlando delle mie vacanze rinviate a chissà quando, il cuginazzo, interrompendo il voto del silenzio, ha tenuto a farmi sapere che in estate lui e la sua fresca sposa sarebbero partiti “cascasse il mondo” per la Spagna. Con l'innocenza di chi non ha nulla da nascondere, ho risposto di getto che ne valeva davvero la pena e che c'ero stato un'unica volta, ai tempi del Liceo, in occasione dell'annuale gita d'istruzione ma che intendevo ritornarci. Così ho chiesto ad Anto se ricordava di quella volta che con Mariuccia, la sua migliore amica, ritornammo insieme in albergo in taxi perché il giorno prima con i mezzi pubblici eravamo andati a finire all'altro capo di Barcellona. Antonella, ovviamente, non aveva dimenticato quell'episodio ma dall'espressione del suo viso ho capito che c'era qualcosa che non andava: Anto, infatti, mi stava guardando scuotendo leggermente la testa dall'alto verso il basso come quando, negli anni del Liceo, cercavo di ripetergli, per la quarantesima volta e sbagliando metodicamente la pronuncia, la lezione di Francese in attesa che l'anziana prof, esigentissima e per giunta madrelingua, mi giustiziasse davanti al resto della classe. Evidentemente, Antonella aveva raccontato al marito di quell'episodio e, nella sicurezza d'essere capita, anche del momento di intimità capitato proprio quel pomeriggio con la complicità di Mariuccia. Mentre lo scrivente cercava di arrampicarsi sugli specchi reindirizzando pietosamente il discorso sulla terribile acconciatura della vicina zia Erminia, rischiando per questa via di aggiungere gaffe a gaffe, il cuginazzo si è allontanato senza dire niente, lasciando me e Anto a condividere il clima di gelo che s'era abbattuto sulla gaia conversazione di alcuni momenti prima. Anto mi ha guardato affettuosamente, sorridendomi come ai vecchi tempi, forse perché in quel momento deve aver rivisto quella buffa espressione che ho quando realizzo d'aver rovinato il matrimonio di qualcuno. Mi sono dato del deficiente da solo e lei, anziché prendermi a calci nei cabasìsi com'era in fondo giusto che facesse, per rassicurarmi mi ha detto che non avevo fatto nulla di male e che se c'era qualcuno che aveva sbagliato, quella era proprio lei, perché aveva creduto di poter confidare quel ricordo all'uomo che amava senza temere di dovergliene rendere conto. Poi si è allontanata salutandomi con una carezza sul braccio, come per consolarmi. Mentre la vedevo raggiungere il marito, ho pensato che quell'idiota era fortunato e non lo sapeva. Inutile aggiungere che siamo stati lontani per il resto della serata, non abbiamo nemmeno brindato insieme all'Anno Nuovo. Ignoro cosa sia successo dopo. Sono andati via a notte inoltrata, insieme allo zio Mario e alla moglie, i suoceri di Anto. Si sono avvicinati per salutarmi e il cuginazzo, andando via, mi ha favorevolmente stupito perché si è congedato scusandosi per la reazione di qualche ora prima. Gli ho stretto la mano con fermezza, in segno di sincera stima. In fondo, gli avevo rovinato la serata e ne ero consapevole. Anto mi ha abbracciato, sussurrandomi piano che era tutto risolto. Era contenta e, sinceramente, anch'io. Ma dubito che quest'estate andranno in Spagna.