Galeotto fu 'l libro

"Al giornalista non far sapere..."


Ore 20 e 14. Il giornalista in gessato scuro annuncia con la compostezza impostagli dall'alto ufficio di pubblico araldo che il Governo vorrebbe varare al più presto la legge che segna il ritorno dell'Italia al nucleare, prevedendo consistenti sgravi fiscali per le aree che ospiteranno le centrali. Quindi, lancia il servizio.Sullo schermo appare un'alta ciminiera alle cui spalle si staglia una nube grigia e minacciosa. La voce che accompagna le immagini descrive, con tono preoccupato, gli esiti di un incidente che ha prodotto chissà quali disastrose conseguenze ambientali e sanitarie. Solo pochi secondi, giusto il tempo di gettare nello scompiglio la mia coscienza annebbiata: cosa sta succedendo? La redazione è impazzita? Come si permette di associare a quella luminosissima notizia l'ombra di un disastro? Non sanno costoro che non è loro compito gettare ombre sull'operato del governo? A quello ci pensano già l'opposizione forcaiola e comunista, i giudici rossi, i giornalisti complottisti, i servizi segreti deviati, la stampa estera di sentimenti anti-italiani. Così s'offendono dunque le istituzioni? Che orrore! Che scandalo! (Che coraggio, però! Così almeno là fuori la smetteranno prenderci per il culo con 'sta storia dell'Italia 49ma nella graduatoria mondiale sulla libertà di stampa!).Solo pochi secondi, dicevo. Ed ecco che scompaiono le immagini, il servizio si interrompe e ricompare il giornalista in gessato che con la stessa compostezza di pochi secondi prima chiede scusa a noi, attoniti telespettatori, avvertendoci che il servizio mandato in onda non era quello previsto. Ho spento la tv, non m'interessa sapere altro. Per oggi il tubo catodico mi ha gia dato troppe emozioni.Ps: non so con quali criteri vangano oscurati i blog e, del resto, non credo d'esser passibile di fucilazione per aver commentato un fatto che ha colpito la mia sensibilità di telespettatore che tenta di ragionare sulle notizie. Certo, però, che a volte è davvero difficile osservare la regola del silenzio.