Creato da Caparex il 02/11/2005
FOGGIA RUGBY
Io sono contro...
Creato da Caparex il 02/11/2005
FOGGIA RUGBY
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Post n°575 pubblicato il 29 Febbraio 2008 da Caparex
Ragazzuoli questo è un articolo del buon Giovannino De Paola...grande foggiano e peroniano doc!!!
E' d'obbligo postarlo sul mio blog...vai Giova continua così!|!!
Capitale d'Europa, non dei rifugiati
E' d'obbligo postarlo sul mio blog...vai Giova continua così!|!!
Capitale d'Europa, non dei rifugiati
Dal primo gennaio 150 immigrati sono in sciopero della
fame in un edificio occupato di Bruxelles. La questione migranti sbarca nel
cuore dell'Ue. Che la ignora Sono sudamericani, africani, asiatici. Vivono
stipati in camerate, dopo un mese e mezzo gli interventi medici sono
frequenti
fame in un edificio occupato di Bruxelles. La questione migranti sbarca nel
cuore dell'Ue. Che la ignora Sono sudamericani, africani, asiatici. Vivono
stipati in camerate, dopo un mese e mezzo gli interventi medici sono
frequenti
Giovanni de Paola
Bruxelles
«Regularisation ou mort!». È l'estrema richiesta di
centocinquanta sans papiers che stanno occupando uno stabile a Rue Royale, una
delle vie principali di Bruxelles, quella che collega il palazzo di Giustizia
alla chiesa in stile gotico e portale barocco di Sainte-Marie. Dal primo gennaio
sono in sciopero della fame.
Sono sudamericani, africani, asiatici. Elif (il
nome è di fantasia) ha dodici anni ed è di famiglia turca, frequenta una scuola
fiamminga a Bruxelles e vive in Belgio con i suoi cari. È lei a sostenere la
responsabilità delle interviste. I bambini, benché irregolari, vanno
regolarmente a scuola, dunque parlano fiammingo e francese in maniera fluente,
contrariamente ai più anziani. Elif dice che sua madre è qui a Rue Royale per lo
sciopero della fame. Vivono qui da più di dieci anni e non ritengono giusto
essere ancora senza un documento che gli consenta di vivere
tranquilli.
Quando a Elif viene chiesto se si sente integrata, la sua
risposta è sicura: «Sì, sono felice qui. Parlo molto bene fiammingo perché è la
prima lingua a scuola. Se dovessi tornare in Turchia sarebbe molto difficile per
me imparare il turco. Per questo voglio restare in Belgio». Poi pronuncia una
frase che dalle labbra di una bambina proprio non ti aspetteresti: «Lo sciopero
della fame è la nostra ultima occasione». Parla al plurale, a nome della sua
famiglia e di tutti gli altri occupanti di Rue Royale 91.
Elif ha 12 anni, ma
è più matura della sua età. I suoi genitori sono qui irregolarmente, qualunque
lavoro facciano è in nero. E la piccola Elif non lo può dire. Quando si ricorda
di parlare un ottimo fiammingo, risponde solo: «È molto difficile pagare
l'affitto e il cibo, i miei genitori non lavorano. È molto difficile perché non
abbiamo soldi». Ha un fratello maggiore e due sorelle. Tutti vanno a scuola. In
Belgio è garantito il diritto all'istruzione per i bambini, regolarmente
residenti o no, purché vivano da almeno due anni tra Vallonia, Fiandre e regione
della città di Bruxelles. «Sciopereremo fino a quando non avremo la
regolarizzazione!», dice, «non è la prima volta, mio padre ha già partecipato a
uno sciopero della fame, ma non è servito a nulla. Speriamo che questa sia la
volta buona. Non ci resta altro da fare».
In uno stanzone ci sono solo
migranti provenienti dall'Ecuador. Una quindicina giacciono stipati, senza
distinzione di sesso e di età. Invece gli occupanti di origine musulmana sono
divisi in camerate di soli uomini e altre di sole donne. La sistemazione è
sempre la stessa: una distanza di due millimetri tra un materasso e l'altro,
disposti in maniera tale da occupare la totalità dello spazio
disponibile.
Tra gli ecuadoregni colpisce il volto di una signora dalla
faccia emaciata e impallidita. Ha sui cinquanta anni. Non si direbbe essere un
medico dentista. Da noi europei, medico dentista è sinonimo di benessere. Lei
continua a lavorare qui in nero, non potendo dichiarare i propri guadagni. Non
vuole dire il suo nome, ma racconta di essere a Bruxelles da nove anni e quattro
mesi. Nel 2002 ha presentato domanda di regolarizzazione e dopo ben quattro anni
ha saputo di essere stata respinta. «Sono stanca di chiedere un permesso di
soggiorno perché è già tanto che provo. Sono dentista ma non posso fare
niente».
Qualche materasso più in là c'è Luis, di Guayaquil. Per lui sono
otto gli anni di permanenza «qui al Nord». Usa l'intercalare francese «voilà»
come se fosse lo spagnoleggiante «bueno», alla fine di ogni frase. Anche lui,
come gli altri qui presenti, ha frequentato scuole di lingua.
Girando per la
palazzina, le storie diventano sempre più varie. Dall'Egitto c'è quella del
cinquantenne Ahmed. Ha un problema al piede e racconta di essere già stato
operato cinque volte. Non approfondisce quale sia l'infortunio, ma è evidente
che non può camminare bene. Presto sarà nuovamente operato. Non ha soldi per il
cibo e le medicine. Tira a campare con la carità. Non ha cure mediche regolari e
questo non gli consente di essere abile a lavorare. Storie di vita che esistono
nella ricca Bruxelles.
Suona strano pensare che, proprio qualche giorno fa e
proprio qui dalla capitale d'Europa, il vicepresidente della Commissione europea
Franco Frattini ha proposto misure restrittive nei confronti di chiunque entri
nell'Ue. La proposta prevede un sistema che registri le impronte e fotografi il
volto di tutti i viaggiatori. E non solo dei migranti irregolari. Il tutto nasce
per combattere il terrorismo, l'immigrazione illegale e il crimine
organizzato.
Passando anche accidentalmente da Rue Royale è facile vedere
l'ambulanza arrivare a sirene spiegate. C'è probabilmente qualche migrante da
assistere. Lo sciopero della fame sta debilitando i loro organismi. Vengono
portati in ospedale perché ormai il fisico inizia a cedere. Dopo. Dopo un mese e
mezzo senza cibo, il medico è sempre in preallarme.
centocinquanta sans papiers che stanno occupando uno stabile a Rue Royale, una
delle vie principali di Bruxelles, quella che collega il palazzo di Giustizia
alla chiesa in stile gotico e portale barocco di Sainte-Marie. Dal primo gennaio
sono in sciopero della fame.
Sono sudamericani, africani, asiatici. Elif (il
nome è di fantasia) ha dodici anni ed è di famiglia turca, frequenta una scuola
fiamminga a Bruxelles e vive in Belgio con i suoi cari. È lei a sostenere la
responsabilità delle interviste. I bambini, benché irregolari, vanno
regolarmente a scuola, dunque parlano fiammingo e francese in maniera fluente,
contrariamente ai più anziani. Elif dice che sua madre è qui a Rue Royale per lo
sciopero della fame. Vivono qui da più di dieci anni e non ritengono giusto
essere ancora senza un documento che gli consenta di vivere
tranquilli.
Quando a Elif viene chiesto se si sente integrata, la sua
risposta è sicura: «Sì, sono felice qui. Parlo molto bene fiammingo perché è la
prima lingua a scuola. Se dovessi tornare in Turchia sarebbe molto difficile per
me imparare il turco. Per questo voglio restare in Belgio». Poi pronuncia una
frase che dalle labbra di una bambina proprio non ti aspetteresti: «Lo sciopero
della fame è la nostra ultima occasione». Parla al plurale, a nome della sua
famiglia e di tutti gli altri occupanti di Rue Royale 91.
Elif ha 12 anni, ma
è più matura della sua età. I suoi genitori sono qui irregolarmente, qualunque
lavoro facciano è in nero. E la piccola Elif non lo può dire. Quando si ricorda
di parlare un ottimo fiammingo, risponde solo: «È molto difficile pagare
l'affitto e il cibo, i miei genitori non lavorano. È molto difficile perché non
abbiamo soldi». Ha un fratello maggiore e due sorelle. Tutti vanno a scuola. In
Belgio è garantito il diritto all'istruzione per i bambini, regolarmente
residenti o no, purché vivano da almeno due anni tra Vallonia, Fiandre e regione
della città di Bruxelles. «Sciopereremo fino a quando non avremo la
regolarizzazione!», dice, «non è la prima volta, mio padre ha già partecipato a
uno sciopero della fame, ma non è servito a nulla. Speriamo che questa sia la
volta buona. Non ci resta altro da fare».
In uno stanzone ci sono solo
migranti provenienti dall'Ecuador. Una quindicina giacciono stipati, senza
distinzione di sesso e di età. Invece gli occupanti di origine musulmana sono
divisi in camerate di soli uomini e altre di sole donne. La sistemazione è
sempre la stessa: una distanza di due millimetri tra un materasso e l'altro,
disposti in maniera tale da occupare la totalità dello spazio
disponibile.
Tra gli ecuadoregni colpisce il volto di una signora dalla
faccia emaciata e impallidita. Ha sui cinquanta anni. Non si direbbe essere un
medico dentista. Da noi europei, medico dentista è sinonimo di benessere. Lei
continua a lavorare qui in nero, non potendo dichiarare i propri guadagni. Non
vuole dire il suo nome, ma racconta di essere a Bruxelles da nove anni e quattro
mesi. Nel 2002 ha presentato domanda di regolarizzazione e dopo ben quattro anni
ha saputo di essere stata respinta. «Sono stanca di chiedere un permesso di
soggiorno perché è già tanto che provo. Sono dentista ma non posso fare
niente».
Qualche materasso più in là c'è Luis, di Guayaquil. Per lui sono
otto gli anni di permanenza «qui al Nord». Usa l'intercalare francese «voilà»
come se fosse lo spagnoleggiante «bueno», alla fine di ogni frase. Anche lui,
come gli altri qui presenti, ha frequentato scuole di lingua.
Girando per la
palazzina, le storie diventano sempre più varie. Dall'Egitto c'è quella del
cinquantenne Ahmed. Ha un problema al piede e racconta di essere già stato
operato cinque volte. Non approfondisce quale sia l'infortunio, ma è evidente
che non può camminare bene. Presto sarà nuovamente operato. Non ha soldi per il
cibo e le medicine. Tira a campare con la carità. Non ha cure mediche regolari e
questo non gli consente di essere abile a lavorare. Storie di vita che esistono
nella ricca Bruxelles.
Suona strano pensare che, proprio qualche giorno fa e
proprio qui dalla capitale d'Europa, il vicepresidente della Commissione europea
Franco Frattini ha proposto misure restrittive nei confronti di chiunque entri
nell'Ue. La proposta prevede un sistema che registri le impronte e fotografi il
volto di tutti i viaggiatori. E non solo dei migranti irregolari. Il tutto nasce
per combattere il terrorismo, l'immigrazione illegale e il crimine
organizzato.
Passando anche accidentalmente da Rue Royale è facile vedere
l'ambulanza arrivare a sirene spiegate. C'è probabilmente qualche migrante da
assistere. Lo sciopero della fame sta debilitando i loro organismi. Vengono
portati in ospedale perché ormai il fisico inizia a cedere. Dopo. Dopo un mese e
mezzo senza cibo, il medico è sempre in preallarme.
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UN OMAGGIO A TUTTI I RAGAZZI CHE HANNO ONORATO QUESTA MAGLIA, QUESTO SPORT E QUESTA CITTA' SENZA DIMENTICARE CHI CI SEGUE OGNI DOMENICA GRAZIE!!!
Valeria Di Napoli alias Pulsatilla(Foggia, 1981) ha vissuto in Puglia finché, raggiunta con un certo ritardo l’età della ragione, ne è fuggita a gambe levate.Mah...ma chi tivuole, ma chi cazzo sei, hai fatto bene ad andartene a gambe levate, altrimenti sicuramente qualcuno ti avrebbe preso a calci nel ....!!!
http://club.giovani.it/odiopulsatilla/
se vuoi aderire alla campagna contro chi odia il proprio paese come Pulsatilla non comprare il suo libro!
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