Creato da cariante il 04/11/2008
Un diario scritto con una penna intinta nelle lacrime

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III.

Post n°144 pubblicato il 07 Novembre 2009 da cariante

Ricordo quella sera del 3 Novembre, un anno fa. Quando giungesti su Facebook. Quando attarverso i tuoi contatti scoprii la tua ulteriore menzogna, la più terribile. Non te lo aveva presentato la tua amica, era tuo compagno di gilda di WoW. Avevi unito il tradimento alla tua dipendenza, unione perfetta. Impazzii. Caddi in discesa, a spirale, quella sera. Giulia, generosamente, mi accompagnò al cinema a vedere Wall-E. Una storia d'amore che non si concludeva con un tradimento, con un sacrificio. All'uscita del cinema venni a sapere che Carlo e la Cri si erano lasciati. Trovai un vile accenno di soddisfazione: la miseria cerca compagnia. Impazzii, e ti scrissi. Ed ora rileggendo queste parole mi rendo conto che potrebbero essere ancora mie.

Continui a fuggire?
Un tempo pensavo fuggissi da me, dai mie tanti difetti. Dalla mia
accidia, dal mio vile ottimismo, dalla mia fastidiosa, infantile
ingenuità. Sarebbe stato comprensibile.
Ora penso che tu fugga e basta, da qualunque difficoltà, da qualunque ostacolo.
Dalla tua età che non riesci ad accettare, dall'università che non hai
ultimato, dal tuo peso che non riesci a combattere, dal tuo lavoro che
non sopporti. Da un negozio che non andava e dai tuoi amati genitori,
troppo distanti.
Il ritornello eterno dei "bastabastabasta" innanzi a discorsi che non
vuoi affrontare, o la pioggia delle lacrime leggere come l'aria quando
sei costretta a farlo.
Da un rapporto che non ti soddisfaceva di certo e non doveva farlo ma
che poteva tornare quello di un tempo, che poteva migliorare, che
doveva farlo.
Una persona che viveva per te, che meritava di più di ciò che gli hai
concesso. Che negli ultimi due anni ha assunto su di se tutte le
responsabilità che hai comodamente evitato, un peso emotivo che lo ha
schiacciato. Oltre il tuo sguardo distante che come sempre non voleva
vedere. Non credo troverai più una persona come quella. Non credo tu
meriti una persona come quella. Forse anche tu te ne rendi conto,
saltuariamente.
"E' un discorso egoista ma non ne voglio più sapere nulla". Una strada
semplice, come sempre. Il giocattolo ti è venuto a noia.
Un pinocchio di legno gettato via, assieme a buste di plastica e
spazzatura: la pioggia è caduta su di lui e l'erba gli è cresciuta
attorno. Dimenticato.
Una persona che meritava almeno brandelli di sincerità, di onestà. Che
meritava di non dover elemosinare minuti della tua compagnia
interrotti da sempre improrogabili necessità.
Mille ostacoli: una sola soluzione. Isolandoti, cancellando ciò che ti
infastidisce, chiudendo la porta. Scappando. Ingannando, scartando
malamente una persona che ti considerava la sua unica luce per
soddisfare le tue insicurezze, le tue pulsioni.
Quante possibilità sono morte, quanti possibili futuri sono periti,
quante Claudia hai ucciso?
"Sono errori che devo commettere".
Spero perlomeno che ne sia valsa la pena gettarmi in questo pozzo
buio, in questo inferno personale nel quale vivo da due anni e mezzo,
in compagnia di ciò che mi hai fatto e dallo spettro meraviglioso
della donna che eri, l'unica cosa che mi da la forza di continuare.
Spero che tu abbia abbia guadagnato qualcosa oltre la soddisfazione
momentanea, spero che l'agonia degli uncini e degli aghi che mi
lacerano l'anima ogni ora, distanti dal tuo sguardo facilmente
offendibile, abbia un qualche senso. Probabilmente no. Ma preferisco,
come sempre, attaccarmi ad una speranza. Ci deve essere un perché a
tanto male.
Ma anche il dolore, che nessuno può e deve comprendere, aiuta, e
accetto il suo schiaffo di risveglio mattutino ed il suo bacio di
spine alla sera. Mi insegna ogni giorno cosa è la vita: non la meta ma
il viaggio è quello che conta.
Di questo ti devo ringraziare: senza di te non l'avrei compreso.
Non ho ancora la forza per uscire da queste oscurità: la fiducia negli
altri è svanita giorno dopo giorno quando l'unica persona nella quale
credevo, totalmente, ciecamente mi ha tradito -un crimine vergognoso
che era ancora perdonabile innanzi al sentimento immenso che provavo-
gettato via, eretto un muro di silenzio interrotto solo dal click del
mouse e delle urla della sua elfa druida e dalle lamentele
sull'ingiustizia della vita senza comprendere che quella sua
insoddisfazione è generata dalla sua attitudine verso il mondo che si
riflette ferocemente, con rabbia verso di lei. Chiamalo karma, se
vuoi.
Potevamo parlare, potevamo cercare di risolvere i nostri problemi,
insieme, lottare per qualcosa di importante: per l'unica cosa di
importante che esiste al mondo. Perché oltre l'amore non c'è nulla che
valga. Perché combattere per amore, con rispetto, per la persona cara
è l'unica cosa che ci rende umani.
Quella guerra l'ho combattuta per tanto tempo, ed anche se non l'ho
vinta ogni energia spesa, ogni strada difficoltosa presa, ogni
sacrificio fatto non è stato invano. Ho ottenuto qualcosa di prezioso:
amore verso me stesso, una consapevolezza di ciò che posso dare per me
stesso e per gli altri che mi offre soddisfazione, se non felicità e
mi difende dagli strali peggiori dell'esistenza. Posso dire "ho fatto
del mio meglio" innanzi alle sventure. Una consapevolezza, una
soddisfazione che tu non potrai mai possedere, immobilizzata
dall'autocompatimento, focalizzata nel trovare un nemico esterno da
accusare per le tue "disgrazie".
Fuori della porta dell'appartamento a Guidonia c'era chi aspettava che
tu facessi la scelta giusta, la più difficoltosa. Concedere e
concederci una occasione.
La tua scelta è stata quella di tenere la porta chiusa, sigillata,
evocando ogni giorno tenebre terribili sulla tua esistenza, montando
con invidiabile abnegazione la vita che ti sei costruita e che odi con
tanto livore.
Pensi che correndo potrai trovare un punto dove potrai ricominciare?
Formattare la tua vita, quando un giorno troverai il coraggio di
licenziarti?
Quel male che ti porti dentro da sempre, quella insofferenza, quel
tumore che trasforma tutto in cenere non svanirà. Si sopirà ma tornerà
alla ribalta perché l'unico modo di sconfiggerla è agire continuamente
e tu non sei in grado.
Eppure, nonostante tutta la tua suprema vigliaccheria, nonostante la
tua falsità criminale, la tua incoerenza ipocrita provo ancora
qualcosa di dolorosamente grande per te che non è pena, non è rabbia
come dovrebbe essere giusto. Anche se ti sei inginocchiata innanzi al
tuo egoismo più puro facendolo tuo padrone, non riesco. Il male che mi
hai fatto, il male che mi ha distrutto, annichilito, che mi ha gettato
nell'abisso di una disperazione senza fondo non è bastato ad offuscare
il ricordo della luce che portavi dentro, e spero nonostante tutto
porti tutt'ora e che rende la sofferenza ancora più terribile.
Quella donna che masterizzava con me sciocche partite.
C'é ancora nei miei pensieri una ragazza bellissima che stringeva un
la corteccia di un maestoso albero sentendone la forza vitale.
Una creativa in grado di scrivere con abilità e usare photoshop con
una propria impronta unica, personale.
Una bambina che amava togliermi i punti neri nella luce solare del suo
bagno o innanzi al Colosseo, di fronte a tutti.
L'organizzatrice precisa ed indefessa.
L'amante delle novità.
La signorina che si vergogna dei suoi denti e del suo meraviglioso di dietro.
Una bambina con i piedi gelati, con bisogno del caffè alla mattina in
bagno e che vuole dormire lontana dalla finestra.
La donna che sorrideva dopo che, quando avevamo litigato le portavo un
dolce per fare la pace.
La cuoca che cucinava i migliori bucatini alla amatriciana del mondo.
Una donna bellissima sotto la doccia, la sua pelle umida baciata dall'acqua.
La principessa dai capelli morbidissimi.
La bimba dalla risata di Miss Piggy.
L'amante della cucina cinese.
La ragazza dalle buffe scarpe a punta e dalle collane appariscenti.
La bambina che trova i pipistrelli graziosi ma ne è terrorizzata se le
volano vicino.
La fumatrice accanita.
La signora dai baci dolci come il miele.
La guidatrice che non sopportava il traffico romano.
La salvatrice di lumache e piccioni e portatrice di autostoppisti.
La bimba che ama i ranocchi sui muri e l'ordine e gli alberi e le rose
sui divani e Mario Puzo ed i limoni ed il non far nulla la domenica.
La creatura con la quale e per la quale mi ero messo a dieta, con la
quale ho tenuto banchetto a Porta Portese per una solare domenica e
stand a Romics, insieme, uniti.

Ti conosco. Ed adoro lati che tu odi, li adoro perché ti rendono
diversa e unica.
Ti amo.
Ti amo ancora, nonostante tutto.
Amo ciò che sei, la tua luce e la tua tenebra, nella loro completa interezza.
Ti amo, nonostante i miei tanti errori.
Ti amo anche se non mi ami più.
Ti amo anche se la tua risposta é "smettila".
Ti amo e prego che un giorno riuscirai a trovare la parte che hai
perduto e quella che devi ancora scoprire.

Siamo qui, nel pozzo.
Ciò che sono divenuto e ciò che eri.

Per quanto tempo fuggirai ancora, Claudia?

 
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II.

Post n°143 pubblicato il 02 Ottobre 2009 da cariante

Visto che mi hai spento e buttato il telefono in faccia per due volte, ti comunico quanto segue:
Sabato pomeriggio andro' in negozio.
 
Mentre tanto per farti capire quanto non ti apprezzo, durante la tua telefonata stavo sistemando il tuo curriculum
 
In ogni caso, HO BISOGNO DI SAPERE quando arriverete a bologna, visto che dovrete usare casa mia, sai, tanto per comunicare a mio fratello che deve darvi le chiavi.
Non me ne frega niente. Fai quelli che devi sabato, gli dico di lasciar perdere. La colpa non é comunque tua: sono io che sono un coglione, e me ne sto rendendo
conto solo ora.

 
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I.

Post n°142 pubblicato il 16 Settembre 2009 da cariante

Ciao amore,
oggi sto malissimo...
sono molto confusa, e mi manchi molto... Ho bisogno di scriverti perchè nonostante io mi senta come quando ci siamo parlati giovedi, mi fa tanto male stare lontana da te.
Io spero, che in qualunque modo vada a finire questa situazione, non lo so, ... io non so proprio cosa mi sta succedendo...
Non odiarmi, ti prego... non lo sopporterei...
Claudia

Vincolato alle tue parole di più di tre anni fa che come uncini straziano la mia anima quando mi avvicino o mi allontano dal tuo nome, dal tuo viso, cerco di rimettermi in piedi. Un poco per volta, lentissimamente. Braccia amiche mi stringono, mi esortano, mi supportano. Mi castigano quando tentenno troppo. Quelle stesse braccia amiche che tu anelavi quando eravamo, credevo, cosa sola. Le stesse e così distanti, mio maledetto amore ormai perduto, ormai distante.

Sei la mia sola luce. Il mio sole e la mia luna e più che mai me ne
accorgo ora, che non sei vicina a me. Ho in petto un vuoto incolmabile
e mi rendo conto che quel vuoto c'é perche non ci sei tu. Sono un
cieca che sa cos'é la luce ed aspetta di nuovo l'alba.
Vorrei prendere su di me anche solo un poco del male che senti. Vorrei
prendere tutta la paura e l'angoscia che hai e farla solo mia.
Andrà tutto bene tesoro mio.

Così ti risposi, cercando di darti forza. Con vergogna posso dire che quelle stesse parole potrebbero uscire dalla mia bocca oggi, dopo più di un anno che non ti sento. Ma non è andato tutto bene. Non poteva andare tutto bene. Le tue erano parole di chi voleva calmarsi la coscienza prima del tradimento, o durante lo stesso. Eppure, nella tua infantile difesa contro le tue stesse azioni, io ho trovato la forza di credere in te. Credevo in te quando non volevi sentirmi, credendo scioccamente che fosse la tua vergogna e la tua contrizione a spingerti. Credevo scioccamente in te ogni volta che piangevi. Gianni Rodari dice che le lacrime dei bimbi capricciosi sono leggere come il vento mentre quelle dei bimbi affamati pesano quanto il mondo intero: le tue sono sempre state lacrime di bambina capricciosa. Eppure ogni tua singola lacrima per me era un mondo intero, un motivo per combattere, un motivo per vivere, un motivo per soffrire.

Dio mio, quanto ho sofferto per te. Non credevo fosse possibile tanto dolore. Osservo crudelemente le lapidi sui bordi delle strade e trovo un perverso sollievo nel pensare all'agonia dei genitori, fratelli, figli sofferenti. Il dolore cerca compagnia. Dio mi perdoni.

La strada per l'Inferno inizia con un foglio che si trova per caso mentre si arrabatta casa. Una distrazione bizzarra per una donna che si poneva ad essere tanto precisa. Il lastrico dell'inferno ha la consistenza, il colore e la temperatura del nostro, del tuo, appartamento a Guidonia, il sapore delle mie lacrime e del mio vomito, il rumore della mia voce che ripete all'infinito "perché mi hai fatto questo".

Non hai mai conosciuto quel dolore. Innanzi a tanta sofferenza il tuo "amare tantissimo", l'amare tantissimo di chi serve i suoi desideri prima di tutto, svanisce nel nulla, una briciola, una minuzia. Non conoscerai mai quel dolore, quell'abisso di agonia infinita che ti trappa pezzi di ego e ti dilania la fiducia che puoi provare negli altri e per te stesso. E' il mio dolore, mio. Quel dolore che mi rende vivo, che mi rende umano. Forse non maturo, non ancora e forse mai ma che mi offre la possibilità di crescere come persona. Soffro perché posso provare sofferenza, pura, distillata. 

Si, soffro. Ogni giorno, ogni ora.  Anche adesso.

Quando leggo che la marca di gomme da masticare che sto comprando proviene dal tuo paese mi si blocca lo stomaco. Quando non ho pensieri e quando ne ho troppi l'ira mi monta. Tardiva. Inutile ormai. Questo altro me, meno disperato e più cattivo, ti avrebbe fatto male, molto male. E forse era quello che volevi: essere dominata, sottomessa, riportata all'ovile. Ma ti ho concesso fiducia perché lungo gli anni l'hai pretesa, l'hai vinta e ti sei crogiolata in essa a tua comodità.

Il trolley. Io sulla porta. Il tuo sguardo perso innazi a me. Dai, su, entra mi dicesti. Non mi bastava. Misi alla prova te rischiando quel paradiso, quella fiducia che ora so effimera al tuo fianco. Sei sicura? Ti chiesi. Si, dai, puoi dormire sul letto. Mi sarebbe bastato. Un primo passo. Feci la cosa che mi risultò più naturale. Ti baciai sulla fronte e me ne andai con un sorriso amaro, nuovamente verso il pavimento del negozio, certo che avresti compreso. Mi chiamasti in lacrime, quelle lacrime delle quali sei sempre stata prodiga. Capirà, mi ripetevo. Capirà.

Il giorno dopo eri troppo impegnata a WoW per pensare di uscire con me la sera. sempre troppo stanca.

Mi alzo dal letto cercando un motivo per farlo, agrappandomi ad ogni buona novella con sorriso amaro. Di fronte allo specchio del bagno talvolta, sempre più raramente per fortuna, vengo colto da tosse nervosa che mi sconquassa le viscere, senza motivo. Eppure pensando solo il tuo nome la tosse scompare, esorcizzata. E osservo con malinconia e orgoglio il reticolo di cicatrici che mi hai donato che mi solca l'anima. Una linea per ogni volta che sei fuggita, una linea per ogni volta che non mi hai risposto al telefono quando più necessitavo di te, una linea per ogni tradimento, per ogni parola egoista, per ogni carognata. Per ogni delusione. Per ogni volta che non hai compreso chi ero e per ogni volta che hai preso il frutto dei miei sacrifici come se ti fosse dovuto. Per ogni volta che hai rinnegato le responsabilità che avevamo preso assieme.

"Sono errori che devo fare".

Me lo hai detto mentre ero in lacrime toccando Castro Pretorio, supplicandoti di fermarti, di non andare con lui. Una frase magica che ha giustificato il tuo gettarmi nel Pozzo della mia desolazione. Una frase che mi sono ripetuto in queste centosessanta settimane, più di mille giorni, mentre mi flagellavo domandadomi perché. E rispondendomi in mille modo diversi, tutti esatti. Mi dissi che Dio mi aveva tradito, nonostante la mia fede. Nonostante avessi cercato di attenermi per quanto possibile alle sue regole. Cercavo nella fede un supporto che è venuto, in parte, mentre cercavo Grigiotto in mezzo alle siringhe ed ai rovi mentre tutto ciò che ricevevo da te come supporto era il ticchettio sulla tastiera mentre livellavi a WoW. Solo molto dopo ho compreso che Dio non mi aveva maledetto. Ti eri maledetta da sola. Innanzi ad una prova importante, a quella più importante, tra essere una donna onesta e completa ed una bambina mossa solo dai suoi desideri hai scelto la strada più comoda e facile, quella che porta in discesa verso il bosco. Ed ogni volta che ti ritrovavi ad un bivio sceglievi sempre la strada più semplice e meno lontana da me. Dalle responsabilità che ti ricordavo, dal negozio che odiavi e che abbandonasti sulla mia schiena.

"E' un atto egoistico da parte mia ma non ne voglio più sapere nulla".

E' buffo come ricordo certe tue parole in certi attimi. Eravamo a Porta maggiore, sotto gli archi, dopo aver parlato con la tua odiata commercialista. "Un buco senza fondo" lo chiamavi. Come lo sciocco che sono ero convinto che una volta eliminate le tue paure saresti tornata. Che dimostrandoti il mio ennesimo sacrificio ti saresti ricordata chi sono. L'ho riempito, da solo. Un anno e mezzo di risparmi all'ultimo centesimo per poterlo chiudere, quasi due. Tante cose che mi sono tolto, nella sola speranza di u tuo sguardo, di un tuo sorriso. E poi anche le chiamate sono svanite.

Un peso che tu, come sempre, non volesti ed che io accettai subito.Ma il tuo sguardo era già perduto nelle monete del gioco che compravi online, come sempre mentendomi, mentre io facevo due lavori per pagare l'affitto di casa e nei forum di gioco dove davi benvenuti ai newbie con il tuo amichetto mentre io mi arrabbattavo per coprire negozio e stand a Lucca che tu non volevi neanche toccare. E mentre scopavi con lui e chissà con altri sul letto comprato dai miei genitori io dormivo sul pavimento in mattone del negozio sussurrando preghiere affinchè comprendessi. Ma eri assordata dai tuoi stessi mugolii di piacere e urla di bestie ferite.

Guardami. Guardami adesso, da te mutilato ma più forte dopo aver strisciato per tanto tempo sulle mie viscere.

Ricorda chi ero e chi sono quando avrai cinquanta, sessanta, settant'anni. Non distogliere lo sguardo, non riempire la tua bocca con i tuoi "bastabastabasta" che appaiono innanzi alle cose che ti danno fastidio. Guardati da donna pienamente matura e poi da vecchia, e domandati nei momenti peggiori ed in quelli migliori se a quei bivi non avresti potuto scegliere una strada più impervia, se alla fuga non era preferibile la lotta. Se alla persona, se ne avrai, che ti sarà accanto non sarebeb stato auspicabile qualcuno in grado di amarti come ti ho amato, e come ti amo, io. Perché nessuno potrà mai perdonarti tanto male e continuare a provare quello che provo ora.

 
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