Creato da thallullah il 29/04/2006

Carina, la poesia.

...la cosa che fai con gioia,come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo.

 

 

Immaginate la ragazza

Post n°164 pubblicato il 24 Ottobre 2009 da thallullah

Giovanni Catalano

 Immaginate la ragazza

Copertina_Immaginate la ragazzaCollana a cura di Valentino Ronchi

Giovanni Catalano (Palermo, 1982) vive e lavora a Milano. Questa é la sua opera prima. Immaginate la ragazza, certo, ma non solo. Perché qui si tratta di un piccolo calibrato canzoniere, fitto di amori e di visioni ottenute attraverso lenti deformanti - o formanti, a seconda dei punti di vista. Scene, luoghi e personaggi dall’oggi che si ripresentano in una sorta di eterno ritorno ma anche improvvise sortite nell’infanzia e nell’adolescenza, o anticipazioni di un futuro ancora lontanissimo eppure già profetizzabile. Prefazione di Gianluca Chierici e postfazione di Domenico Cipriano.

Lampi di stampa, 2008

di Carina Spurio

La lotta quotidiana non è solo quella con il tempo ma anche quella con le parole che mantengono intatta la purezza del senso quando provengono da un’esperienza comune, sebbene siano inserite nel disagio di vivere tra finito e infinito nel caotico esistere pieno di colorate chimere. Giovanni Catalano nella sua raccolta poetica dal titolo “Immaginate la ragazza”, Lampi di stampa, 2008, conferma che tra poesia e vita non c’è differenza, entrambe, possono coesistere nel momento in cui riflettono l’essere intento a vivere la vita e a scandire il suo ritmo  tra mille oggetti sparsi in uno spazio variabile:

"C’è un secondo/ poco prima che inizi il mondo/ che il vento ha la tua voce/"

In un piccolo frammento di tempo si trovano sentimenti deliziosi che si rinnovano con incredibile forza all’interno di un secondo che rievoca il suono dell’amore. L’amore è un groviglio ma anche sconvolgimento, caos che da forma alle immagini interiori. <>, come se fossimo strappati da uno stato di quiete collegato con qualcosa che ad un tratto si trasforma e muta con forza imprevedibile, la forza dell’amore.  Giovanni Catalano lo conferma e scrive: <>. In poche righe si avverte il bisogno di lacerarsi e di lacerare, accanto al rapimento che colpisce nel profondo dell’anima mentre si è intenti ad inventare il significato dell’altro; verso l’orizzonte, tra nuvole imbronciate, i fantasmi interiori emergono ed hanno un nuovo nome, una nuova essenza. Nella fase della fascinazione si resta incantati da un’unica immagine e il senso di questa affermazione, Giovanni Catalano, lo racchiude in questo passo splendido: <>. In questa chiusa si percepisce quella specie di forza di gravità che come un’immagine allucinatoria si eleva dalla realtà interiore; teneramente abbracciata a quei tratti somatici dai quali non si può sfuggire. Poi, la vita vera, e : <>.L’incantesimo si frantuma vivendo, si confonde con l’oggetto del desiderio nei gesti quotidiani fino al momento in cui, il giovane autore,  con i sensi ancora caldi descrive drammaticamente l’epilogo d’amore: << Ci siamo lasciati/ ed esistevano infiniti/ modi di lasciarsi/. Ci siamo lasciati/ eppure tutto al mondo/ si univa:/ le labbra, le gambe,/ il pomeriggio e la sera,/ l’ultimo giorno di maggio/ ed il primo di giugno/>>. Nel pianeta dell’amore ci sono le premesse e le promesse, ma anche un senso di eternità esposto alla caducità del tempo. Tutti sappiamo che la dimensione dell’eterno è sfiorata dall’ombra del destino e che le storie finiscono, sebbene tendiamo a viverle come se durassero per sempre. Giovanni Catalano ne è consapevole fino in fondo e ricorda: << Come tutte quelle sere/ in cui avrei dovuto/ prenderti e baciarti/. E vorrei farlo/ ma non ora, / vorrei averlo fatto/ ieri/ quando ancora/ non pesava/ sudi noi/ eterni,/ la condanna di un’unica/ prima volta/>>.

Le pagine della silloge scorrono quanto le immagini intrise di emozioni, di attimi in cui, qualcuno si guarda negli occhi per la prima volta in luoghi o situazioni occasionali. E nelle immagini che confinano il pathos dell’amore, cade una pioggia leggera, si posa su lenzuoli invisibili che proteggono amori vissuti o immaginari, i quali,  non lasciano traccia ma l’ansia di un attimo diviso in quattro sezioni in una delle quali la ragazza si distrae nei gesti quotidiani e : << Ripone i corsetti/ e le gonne nel cesto/ che erano vele/ di vascelli e pirati ./ Poi lancia le scarpe/ per uscire d’un salto/ dai registri del giorno/. E ritorna bambina./>>.

 

 
 
 

Walterina Rosati. Rocce e Sorgenti. Ed. Orao

Post n°162 pubblicato il 07 Settembre 2009 da thallullah

“Rocce e sorgenti”

versi di Walterina Rosati

a cura di Luca Morricone

Edizioni Orao.

 

di Carina Spurio

 

E immensi/noi siam nello spirito/silvestre,/d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro/è molle di pioggia/come una foglia,/
e le tue chiome/auliscono come/le chiare ginestre,/
o creatura terrestre/che hai nome/Ermione.

(da “La pioggia nel pineto” di Gabriele D’Annunzio)


Immersi in una pineta vicino al mare il poeta e la sua compagna (Ermione) arrivano alla metamorfosi (da esseri umani a vegetali) in poche strofe. Così come Gabriele D’Annunzio, Walterina Rosati fonde il suo essere con le immagini di natura, donandoci (nei versi della raccolta “Rocce e sorgenti” Edizioni Orao 2005) un percezione esatta dell’eterno ciclo a cui lei stessa sente intensamente di appartenere. Il suo canto misurato, scorre come sorgente casta su valloni e tratturi, imbeve deste creature in fermento che sciamano contro la brezza, mentre l’ultimo Pan, fugge dalla paura che lui stesso ha provocato. La poetessa si abbandona alla natura con un’adesione totale, al punto da sentirsi legata alla Terra come il suo stesso dio, nel momento in cui,  descrive la sua fiabesca immedesimazione con la natura e muta in  creatura vegetale. Walterina Rosati, ritrova ciò che ha smarrito, vita dopo vita, tra un respiro profumato di balsamiche essenze e l’azzurro del cielo che colora la ragione di vivere oltre il gesto scontato, rimovendo costrizioni, rancori e penalizzanti contesti. E l’essere, riemerge tra ciuffi d’erica, crochi e scontrose ginestre!  Il linguaggio con cui la poetessa racconta la propria storia, nasce dal suo pretesto, arriva fuori dal tempo in cui l’immagine del ricordo danza simultaneamente nel presente. Diventa verso libero, intriso di verità e menzogna, esplode tra i fili d’erba e su bubboni d’asfalto e ritorna; come una farfalla incuriosita anche se una lucerna vacillante le ha bruciato le ali. Il verbo, nelle sue liriche, ha un significato visibile quasi quanto la forza della creazione poetica che quando si libera, rivela la vocazione. La vocazione può essere controllata, elusa, dimenticata, ma un giorno tornerà a cercarci. I latini la chiamavano genius. I greci, daimon. Gli egizi il ka o il ba. Gli sciamani anima-respiro. I cristiani la associano all’angelo custode che ci guida verso il nostro destino e non ci abbandona mai. Walterina Rosati, forse ignara, sfiora le varie culture e raggiunge il centro del suo essere che innocentemente si fonde con l’aria, l’acqua, il fuoco e la terra. A contatto con gli elementi, la poetessa modifica inconsciamente le sue vibrazioni e conferma che nell’intelligenza esiste già il tutto, come il seme racchiude la struttura energetica e le potenzialità dell’albero a cui darà vita  una volta germogliato e scrive: “Se dato mi fosse/vivere altra vita/ un cespuglio senza nome/ vorrei essere/ nell’incantevole armonia/ della natura./ Tra la scienza e la  fede, in cui il nostro destino fluttua nei molteplici dogmi, (spesso in disaccordo tra loro), resta l’anima di una donna, con il suo desiderio di affondare le radici nella Terra Madre, succhiare il nettare dalle falde e guardare indisturbata le nuvole. Walterina Rosati spezza la trama della propria vita sciogliendo la materia che nel verso poetico diviene un vegetale (cespuglio senza nome) sconvolto dal vento; accede all’infinito, seppur immobile, senza identità e senza ritegno, come una donna libera di entrare in empatia con lo Spirito Santo che in ebraico è femminile “ruah” e soffia dove vuole.

 

 

Walterina Rosati Nata a Corropoli, dove ha svolto la maggior parte della sua attività d’insegnante, vive a Giulianova. Ha sempre coltivato grande interesse verso ogni forma d’espressione artistica, rivelando l’attitudine poetica e di scrittrice solo con la maturità degli anni. Ha partecipato a molti concorsi poetici conquistando un terzo posto al Premio Internazionale del Centro Europeo di Cultura intitolato a F. Dostoevskij. Ha pubblicato con la casa editrice Tracce il volume Collage e nel 2003, a compimento della collaborazione artistica con la scultrice Maria Luisa Falanga, pubblica la silloge Sculture e l’atto unico Ultime voci nel volume d’arte L’arcano del disegno per i tipi de La Cassandra Edizioni.

 
 
 

Teramo. Poesia. Carina Spurio

Post n°160 pubblicato il 14 Maggio 2009 da thallullah

[Poesia_05_09.jpg]Poesia”
Mensile internazionale di cultura poetica.

Poesia è un mensile di poesia in edicola da vent’anni. Lo diffonde la casa editrice Crocetti . Il mensile è nato nel 1988 ed è il primo periodico a diffusione nazionale nella storia della nostra penisola, distribuito in tutte le edicole. E’ un atto di coraggio essere pionieri dedicandosi alla cultura poetica priva sul mercato di qualsiasi tipo di finanziamento. Dopo 20 anni, la rivista “Poesia” ha una tiratura costante, 20.000 copie. Del comitato di redazione di "Poesia" fanno parte Premi Nobel per la Letteratura, oltre a poeti di fama nazionale e internazionale, tra cui Joseph Brodsky, Derek Walcott, Seamus Heaney, Yves Bonnefoy, Tony Harrison. Nel numero 238 di maggio 2009 all’interno della rubrica “Testi dei lettori” la redazione ha selezionato e pubblicato “Montagna Madre” opera della poetessa teramana Carina Spurio.

 

http://www.poesia.it

 
 
 

Alchimie di Danilo Scastiglia

Post n°159 pubblicato il 22 Aprile 2009 da thallullah

Alchimie

Nel flusso inarrestabile degli avvenimenti la vita ci meraviglia servendosi delle leggi del corpo, all’interno delle quali nulla ha valore di durata, perché racchiudono entrambi i poli della dicotomia ben-male nell’attimo in cui la folgorazione ha le dimensioni dell’eterno. Alchimie  ricorda “Le affinità elettive”,  il romanzo di Goethe famoso per l’allegoria chimica che presta le sue sottilissime disgiunzioni e congiunzioni alle sue arbitrarie combinazioni di elementi e riconduce per similitudine alle leggi che regolano i rapporti umani. La materia, in questo caso, sfida le convenzioni classiche, lasciando l’uomo di fronte ai suoi principi. Questo drammatico conflitto è espresso nella lezione di chimica in cui il capitano descrive a Charlotte il percorso del terzo elemento a contatto con le sostanze che si afferrano e si lasciano andare, dotandolo di una sorta di volontà e libero arbitrio, fatale alla fisica dei corpi. Ne è un esempio il matrimonio di Eduard e Charlotte che viene messo in crisi dall’arrivo del capitano e di Ottilie in cui gli eventi elaborano la materia generando nuove sintonie, una delle quali, rispetta la legge dell’attrazione umana che è l’eros, il  quale, laddove unisce, poco prima allontana, confermando il suo intento naturale. E sul contrasto eros-tempo, natura-istituzioni Goethe conclude: “Mentre la vita ci trascina, crediamo di agire da noi stessi, di scegliere noi la nostra attività e i nostri piaceri, ma naturalmente, a ben guardare, siamo solo costretti a seguire i piani e le inclinazioni del tempo.” 

Alchimie Edizioni Simple

In Copertina  Federico Altamura “Le amiche”

Prefazione Carina Spurio

Presentazione Massimo Avenali

Editor   Carina Spurio

Progetto Grafico Johnny Mazzocchi

 
 
 

Carina Spurio di Simone Gambacorta

Post n°158 pubblicato il 25 Gennaio 2009 da thallullah

Vive a Teramo e sinora ha pubblicato “Il sapore dell’estasi” (Kimerik, 2005), “Il sapore dell’estasi”, in riedizione aggiornata (Kimerik, 2006), “Lacca di garanza” (Il filo, 2007), “Tra Morfeo e vecchi miti” (Nicola Calabria Editore, 2008), “Narciso” (Evoè, 2009).

Quando hai iniziato a scrivere versi?

«Durante il periodo dell’adolescenza, tempo in cui annotavo pensieri e sensazioni sui fogli. Successivamente ho dimenticato i versi nel solito cassetto per anni. Dopo il 2005, anno del mio esordio, tra una melodia armonica e una scansione diversa, la Poesia resta nella mia vita a reclamare il suo posto. Nelle nuove composizioni poetiche abbandono lo stile originario poco incline alla regolarizzazione, e il diario appartenente all’adolescenza, fitto di appunti e di versi sospesi, verrà sostituito da un verso che si nutre della potenza delle immagini, in cui il linguaggio poetico, costruito osservando le opere d’arte, tocca il confine ambiguo delle parole, all’interno delle quali resta sempre un fragile equivoco».

Come si è sviluppato, nel tempo, questo legame con la scrittura?

«Dal flusso anarchico del logos che dentro me sembra un desiderio in grado di ragionare».

Cosa significa scrivere poesie?

«Catturare gli episodi della realtà attraverso vocabili accuratamente scelti e il gusto di cimentarmi in costruzioni inedite e originali partendo dalla parola; l’elemento complesso in cui convivono verità ed illusione».

Come nasce una tua poesia? Di getto? Poco alla volta?

«Di getto; tra l’estrema audacia e l’estremo pudore».

Vorrei descrivessi in che modo lavori nel tuo “laboratorio” creativo.

«L’atto di comporre versi è enigmatico, poco chiaro anche a chi li scrive. Raramente l’atto compiuto coesiste nella persona che spesso è incapace di spiegare da dove nasca la prima idea. Quando un verso mi appartiene, perché nasce da una mia esigenza emotiva, lo scrivo di getto come se le emozioni del mondo fossero impresse sulla mia pelle. Diversa è la creazione di un verso realizzato al cospetto di opere d’arte. In quest’ultimo contesto cerco la vibrazione delle cose, ma alla fine le immagini lasciano trasparire lo stesso i miei turbamenti. Lo confermano alcuni versi nella fase della rilettura, all’interno dei quali tutto diviene unico sentire, l’opera, le mie emozioni e le cose osservate sono protagonisti della stessa scena. Questo spiega bene come la poesia sa intuire, avvertire e cogliere la direzione giusta, svelando le potenzialità contenute nell’opera per deformarle e riformarle in un silenzio pieno di parole».

Quand’è che capisci che una poesia è “finita” e che può camminare da sola verso chi vorrà leggerla?

«Quando rileggendo la poesia, il suono del componimento è continuo e il punto è solo alla fine».

Quali sono i libri di poesia che sinora hai pubblicato?

«“Il sapore dell’estasi”, poi “Il sapore dell’estasi” in riedizione aggiornata, “Lacca di garanza”, “Tra Morfeo e vecchi miti”, “Narciso”».

Vorrei dessi una “tua” definizione di ciascuno di essi.

«“Il sapore dell’estasi”: l’errore da cui nasce una ragione. “Il sapore dell’estasi”, in riedizione aggiornata: l’allegra insolenza. “Lacca di garanza” : les jeux sont faits. “Tra Morfeo e vecchi miti”: io non so ben ridir com’i’ v’intrai. “Narciso”: ethos anthropoi daimon, cioè il carattere è il destino».

Da un punto di vista intimo, da un punto di vista interiore, quanta scommessa c’è in ogni verso?

«Nessuna, ovviamente. Di fronte alle insidie di un mondo centrato su logiche economiste, malato di tecnologia e ipercomunicazione virtuale, quanta scommessa potrebbe esserci in un fragile verso? La follia estatica del canto vive dentro a chi la sa percepire. E in un tempo finito tra l’assenza, la mancanza, la rinuncia, l’essere cerca ancora di decifrare il codice terrestre e di raggiungere l’altro con un filtro di parole, pensieri e viscere. La poesia per molti rappresenta un bisogno, raramente una scommessa».

Mi riferivo a una scommessa intima…ma dimmi, il verso è ustione o lenimento?

«Entrambe le cose. A volte la forza astratta, nel suo insistere sembra un urlo pronto ad esplodere. Nel momento del risveglio, alcuni versi raccontano il gioco della vita: rivelando le fenditure dell’anima più o meno profonde, fatali, ustionanti; è così che il verso lenisce il dolore, attraverso l’esorcismo delle parole».

Che tipo di “ascolto” è quello che precede la nascita d’una poesia?

«Mi capita di ascoltare i suoni del silenzio, di respirare l’aria e sentirla scendere giù, sempre più giù, fino a percepirne il punto più profondo. Tutto è più nitido quando le parole arrivano dal silenzio. Le senti suonare come note fuori dagli spazi. Note perverse come sibili assordanti. Può avere un fascino perdersi nelle singole parole. Scoprirsi in un verso. Avviare un gioco di ruolo cercando le ragioni dell’ essere fino all’attimo in cui il corpo e la parola, vibrano nella tensione tra ragione e istinto. In quei momenti, il tempo si ferma e nel luogo in cui l’esistenza ha inconsciamente altre intenzioni, le cose si osservano con altri occhi».

Nella tua quotidianità cosa rappresenta la poesia?

«Il nostro è un tempo che scorre veloce. Gli uomini e le donne vivono immersi nel sovraccarico di lavoro e nello stress. Resta poco tempo per leggere, per ascoltarsi, per sentire con il corpo, l’anima e lo spirito. Le immagini reali sono frenetiche e il quotidiano è in lotta con un male divorante; l’individualismo. Siamo spesso chiusi in una stanza, vittime consapevoli della tecnologia. Chi scrive poesia sa che è un altrove di resistenza; da essa sgorga la consapevolezza dei limiti umani che aderisce perfettamente alla nostra natura interiore. Ma in una realtà che non ha una vera corrispondenza con i nostri bisogni interiori non scrivo solo poesia ma milito poesia, affinchè quest’ultima venga diffusa. Da due anni curo un premio di poesia internazionale. Seleziono la giuria e mi occupo della stesura dell’antologia che raccoglie le poesie dei partecipanti al premio. Realizzo personalmente anche la copertina del testo che illustro con le opere d’arte di nuovi talenti scoperti durante le mie interazioni culturali».

Che tipo di dettato poetico cerchi? Lineare, terso, oppure articolato e complesso?

«La parola è un rischio da correre affinchè si compia l’incontro con noi stessi, per questo, la lascio libera nel tratto di un verso, perché il verso possa mantenere intatto il suo senso, nato dal desiderio selvaggio e impresso in uno spazio che non può e non deve essere addomesticato. Cerco, per quello che posso, di proteggere l’autenticità del dettato poetico che prediligo terso e lineare».

Quali sono i poeti con i quali ti sei formata?

«Tre poeti mi hanno appassionato in passato: Foscolo, per aver mantenuto nalla sua poetica la drammaticità della vita. Baudelaire, il più famoso e il più letto in tutto il mondo, perchè chiude definitivamente la pagina della poesia romantica e apre quella (ancora) vergine della poesia moderna e sperimenta l’amore nella sua forma carnale e passionale. Neruda, per aver posto la donna dentro un mito cosmico tra uno scenario grandioso e selvaggiamente naturale. E’ relativamente recente il mio interesse per Thomas Stearn Eliot, poeta, drammaturgo e critico letterario statunitense che appartiene al movimento dei modernisti. La poesia modernista è una poesia di immagini, non presenta sequenze ordinate di pensieri, né, uno sviluppo logico; vive di una serie di fotogrammi non collegati. L’ associazione tra il miei versi e il pensiero di Eliot in questi ultimi anni è stata ricorrente, ciò mi ha fatto capire che avevo raggiunto l’ altro e gli altri, dunque avrei potuto esistere, tra il fiume del tempo, tra l’acqua e la terra, in un sogno da trasformare ancora».

C’è più menzogna o più verità, in una poesia?

«La poesia è in grado di mettere l’autore in relazione alla profondità del suo essere, pertanto si è portati a pensare che essa esprima la verità. Di tale asserzione, non sono assolutamente convinta. La lirica, si sa, trae origine da intense percezioni soggettive, alle quali, unisce l’esigenza della libertà creatrice coerente alle sue ossessive patologie, nel luogo in cui, il pensiero, si condensa in un’altra forma e tocca i territori della finitudine e del nulla. Questo per dire che nell’altro lato del sé, luogo praticamente inesplorato, possono tranquillamente giocare suggestioni, fascinazioni e un “sentire” del tutto personali. Ma chi ama la poesia sa che è necessario viverla entrando e uscendo dal suo ritmo, rispettando il suo canto, seguendo il suo percorso. E il poeta, che vive il presente, sa di essere estraneo al suo tempo ma non sa, da dove nasce e muore il canto, né, se il suo viaggio avrà mai un termine

 
 
 

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