CARMEN AULETTA
I ricordi, certi ricordi, sono come tatuaggi, non vanno più via, sono parte della tua anima, della tua vita.
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Post n°23 pubblicato il 12 Luglio 2007 da carmen46c
La compagna di mio padre La compagna di mio padre era proprio un discorso a parte, non era brutta, aveva gli occhi chiari e i capelli neri, solo in seguito seppi che si faceva la tintura, in realtà lei era bionda. La cosa la trovai alquanto bizzarra, di solito sono le brune che vogliono farsi bionde e non viceversa, capii in seguito che era proprio mio padre che la voleva cosi, eh si, in versione bionda le ricordava mia madre e lui ne voleva cancellare ogni traccia! Vorrei ricordarmi qualcosa di positivo riguardo a questa donna, ma benché mi sforzassi, non trovo niente nella mia memoria che possa avvicinarsi a qualche momento piacevole con lei, purtroppo mi detestava e forse è poco quello che dico, a volte mi sorprendo a riflettere ancora su cosa potesse accadere nella mente di questa donna da suscitare un odio così profondo nei miei confronti. Ripenso ai suoi continui litigi con mio padre perché non mi voleva, e non perdeva occasione per dimostrarmelo. A volte anche se non parlava, il suo viso, i suoi gesti, tutto il suo corpo mi diceva che io non dovevo stare li, che ero un’intrusa e purtroppo lo dimostrava anche con le azioni. In assenza di mio padre, si accendeva la sua macabra fantasia per dimostrarmi tutto il suo disprezzo. Non perdeva occasione per usare la violenza su di me quando non correvo subito alla sua chiamata, quando non trovavo qualcosa che mi aveva chiesto. Allora si scaraventava su di me, dava sfogo alla sua ira repressa sbattendo la mia testa contro il muro, mi prendeva a pugni e a calci, un calcio in particolare fu dolorosissimo per me, proprio in mezzo alle gambe, mi sembra di sentirne ancora il dolore. Ci sono altre cose ancora più dolorose di queste, ma per fortuna la mente dei bambini si protegge rimuovendo certi ricordi. Molte cose le ho sapute nel momento in cui ne sentivo parlare da mia nonna e da mio nonno, come ad esempio il fatto che mi lavava i piedi nell’acqua bollente e che mi prendeva a morsi strappandomi la pelle. A proposito di quest’ultima cosa, stranamente mi ricordo di una crosta che avevo su una spalla, erano i resti di un morso più cruento del solito, quella incrostazione di sangue essiccato spiccava sulla mia spalla dato che un giorno d’estate misi un vestitino leggero con le bretelle, lei non si accorse che avevo messo un vestito scollato a differenza di mio padre che non solo notò il vestito ma soprattutto notò la crosta. Mio padre alla vista di quello sfregio, cominciò ad intuire cosa era successo, ma voleva sentirmelo dire, voleva che quella orrenda cosa uscisse dalla mia bocca, per non avere poi nessuna scusa per non mettere in atto la sua vendetta. Ma io ero troppo terrorizzata per dirglielo, sapevo a cosa andavo incontro, tremavo dalla paura, sapevo che mio padre non era tenero con lei quando si accorgeva dei suoi maltrattamenti nei miei confronti e allora io zittivo mentre mio padre insisteva con le sue domande, più io ero silenziosa e più cresceva la sua rabbia, alla fine cedevo…ed era l’inizio di altre violenze… Quello che accadde il giorno dopo,non me lo ricordo, so quello che dopo tanti anni mi ha raccontato mio fratello che in quel periodo viveva pure lui con noi. Il giorno dopo in assenza di mio padre lei chiamò non solo me ma anche mio fratello, voleva sapere a tutti i costi chi era stato a dire “quella cosa” a mio padre, mio fratello mi rammentò un giorno che in quella occasione, io mi feci letteralmente la pipì addosso, ero terrorizzata per quello che poteva accadermi da un momento all’altro, e così lui ebbe pietà per me e se ne addossò la colpa, se così la vogliamo chiamare, il resto non me lo ricordo, ma stando a quello che mi ha raccontato mio fratello, quel giorno furono botte anche per lui. La cosa strana è che non mi ricordo il momento preciso in cui questa donna, che voleva pure farsi chiamare “mammina”, mi diede questo maledetto morso. Non riesco ancora a spiegarmelo, eppure doveva essere stato un morso abbastanza cruento per formare una crosta cosi grande. Ancora una volta, avrò rimosso questo ricordo, forse perché faceva troppo male? Ma quello che mi ricordo ancora erano le botte che di conseguenza mio padre infliggeva a lei che un momento prima mi aveva rotto la testa facendo finta che era stato solo un involontario incidente, allora mio padre diventava una belva feroce….ho ancora le immagini del sangue che le usciva dalla bocca e dal naso per le contusioni e ancora la vedo correre per tutta la casa per non farsi prendere da mio padre che non ragionava più dallo sdegno e dalla rabbia. Potrei raccontarti tanti altri episodi di questo periodo, ma preferisco non farlo, potrebbero essere più dolorosi per te che leggi che per me che te li racconto. Posso dirti solo che un giorno arrivò mia nonna, in quel periodo avevo già una profonda depressione che non raccontavo a nessuno, vivevo in un mio mondo immaginario. Mia nonna era andata via ed io per curare la mia tristezza mi rifugiavo nella fantasia. Pensavo che se ogni cosa fosse restata immobile come quel giorno in cui mia nonna arrivò…sarebbe arrivata di nuovo. Ancora oggi mi viene lo stesso “magone”, la stessa malinconia che provavo allora quando stavo attenta a non spostare niente mentre spolveravo, perché se ogni cosa rimaneva immobile, nel preciso posto in cui si trovavano quel giorno, allora sarebbe comparso il mio angelo, l’Angelo Salvatore, mia nonna. E così accadde. Avrei voluto raccontare certe cose in modo allegro, se avessi potuto, ma qui ci vorrebbe tutta l’abilità di Roberto Benigni, io rischierei solamente di cambiare la realtà facendola diventare falsa e banale, purtroppo questa e tutta verità, cruda, dura si, ma è vita vera. Dicevo che mia nonna un giorno arrivò inaspettatamente…mentre era per strada incontrò la “mammina” senza di me, mia nonna fu incuriosita da questa cosa ed era anche sospettosa, come poteva lasciare sola una bambina così piccola in una casa vuota? Allora volle venire di persona a vedere se tutto andava bene. Quando arrivò…mi trovò in una camera scura….senza luce…chiusa a chiave e con le imposte delle finestre che non si potevano aprire. Quando finalmente riuscì ad aprire la porta, mia nonna mi trovò seduta per terra in mezzo alla stanza impaurita dal buio , il mio viso era bagnato di lacrime e sporco del nero dei fiammiferi che un pò alla volta avevo acceso e che erano oramai spenti e sparsi per terra. Fu una fortuna che in quella occasione, in quel buio pesto…con quella scatola di fiammiferi vicino, non prendessi fuoco.Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, come si suol dire, si, anche se non ricordo il furibondo litigio che ci fu di conseguenza tra mia nonna e la cara “mammina”, qualcosa accadde di definitivo, poiché da quel giorno ci fu una svolta importante nella mia vita. Finalmente la mia liberazione era avvenuta, mia nonna mi volle con se, anche se questo significava fare grandi sacrifici per lei, perché non poteva permettersi di tenere anche me, dato che con lei vivevano già mia sorella e i miei due fratelli.
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E' doloroso senz'altro leggere episodi della tua vita così strazianti...ma se per te rappresentano un modo anche per esorcizzarli, fallo pure! Sapere che aiutano te...aiuteranno anche me a scorrere la lettura con battiti del cuore più lenti!
Una carezza Carmela e un sorriso ^_^
Vengo a trovarti perchè fa prima di tutto piacere a me...il "do ut des" non rientra affatto nel mio stile di vita. Non faccio mai nulla perchè mi venga contraccambiato, e mi piace sentirmi libera. Anche se ti vedo passare e non commenti...poco importa: lo stesso farò io con te...mai imposizioni,nemmeno di tipo morale. Un sorriso carissima :)
La piccola fiammiferaia
di H. C. Andersen
Era l'ultimo giorno dell'anno: faceva molto freddo e cominciava a nevicare. Una povera bambina camminava per la strada con la testa e i piedi nudi. Quando era uscita di casa, aveva ai piedi le pantofole che, però, non aveva potuto tenere per molto tempo, essendo troppo grandi per lei e già troppo usate dalla madre negli anni precedenti. Le pantofole erano così sformate che la bambina le aveva perse attraversando di corsa una strada: una era caduta in un canaletto di scolo dell'acqua, l'altra era stata portata via da un monello. La bambina camminava con i piedi lividi dal freddo. Teneva nel suo vecchio grembiule un gran numero di fiammiferi che non era riuscita a vendere a nessuno perché le strade erano deserte. Per la piccola venditrice era stata una brutta giornata e le sue tasche erano vuote. La bambina aveva molta fame e molto freddo. Sui suoi lunghi capelli biondi cadevano i fiocchi di neve mentre tutte le finestre erano illuminate e i profumi degli arrosti si diffondevano nella strada; era l'ultimo giorno dell'anno e lei non pensava ad altro! Si sedette in un angolo, fra due case. Il freddo l'assaliva sempre più. Non osava ritornarsene a casa senza un soldo, perché il padre l'avrebbe picchiata. Per riscaldarsi le dita congelate, prese un fiammifero dalla scatola e crac! Lo strofinò contro il muro. Si accese una fiamma calda e brillante. Si accese una luce bizzarra, alla bambina sembrò di vedere una stufa di rame luccicante nella quale bruciavano alcuni ceppi. Avvicinò i suoi piedini al fuoco... ma la fiamma si spense e la stufa scomparve. La bambina accese un secondo fiammifero: questa volta la luce fu così intensa che poté immaginare nella casa vicina una tavola ricoperta da una bianca tovaglia sulla quale erano sistemati piatti deliziosi, decorati graziosamente. Un'oca arrosto le strizzò l'occhio e subito si diresse verso di lei. La bambina le tese le mani... ma la visione scomparve quando si spense il fiammifero. Giunse così la notte. "Ancora uno!" disse la bambina. Crac! Appena acceso, s'immaginò di essere vicina ad un albero di Natale. Era ancora più bello di quello che aveva visto l'anno prima nella vetrina di un negozio. Mille candeline brillavano sui suoi rami, illuminando giocattoli meravigliosi. Volle afferrarli... il fiammifero si spense... le fiammelle sembrarono salire in cielo... ma in realtà erano le stelle. Una di loro cadde, tracciando una lunga scia nella notte. La bambina pensò allora alla nonna, che amava tanto, ma che era morta. La vecchia nonna le aveva detto spesso: Quando cade una stella, c' è un'anima che sale in cielo". La bambina prese un'altro fiammifero e lo strofinò sul muro: nella luce le sembrò di vedere la nonna con un lungo grembiule sulla gonna e uno scialle frangiato sulle spalle. Le sorrise con dolcezza.
- Nonna! - gridò la bambina tendendole le braccia, - portami con te! So che quando il fiammifero si spegnerà anche tu sparirai come la stufa di rame, l'oca arrostita e il bell'albero di Natale.
La bambina allora accese rapidamente i fiammiferi di un'altra scatoletta, uno dopo l'altro, perché voleva continuare a vedere la nonna. I fiammiferi diffusero una luce più intensa di quella del giorno:
Vieni!disse la nonna, prendendo la bambina fra le braccia e volarono via insieme nel gran bagliore. Erano così leggere che arrivarono velocemente in Paradiso; là dove non fa freddo e non si soffre la fame! Al mattino del primo giorno dell'anno nuovo, i primi passanti scoprirono il corpicino senza vita della bambina. Pensarono che la piccola avesse voluto riscaldarsi con la debole fiamma dei fiammiferi le cui scatole erano per terra. Non potevano sapere che la nonna era venuta a cercarla per portarla in cielo con lei. Nessuno di loro era degno di conoscere un simile segreto!