Cartone

L'intervista


Un mercoledì di febbraio umido e uggioso, il telefonino squillò. “Si, pronto?” “Ciao Gaetano, sono Roberto!” “Heilà, don! Come va?” Vi ho già parlato di don Roberto, un'amicizia nata tra un panino, due chiacchiere e molta simpatia. “Senti Gaetano, mi hanno chiesto un'intervista per il Secolo XIX sulle nuove povertà. Ho pensato a te... accetteresti?” Ci pensai un poco, poi risposi. “Sì don. C'è troppa gente che fa finta di non vedere il problema. Spero possa servire a quelli che vivono in strada come me. Con me.” “Ci contavo! Allora stasera a Brignole, va bene?” “Bene don, ci vediamo stasera!” La mia giornata sul lavoro, trascorse con un po' di agitazione legata alle aspettative di quella sera. C'erano così tante cose da dire, che mi sembrava scrupolo personale il farne mente locale, cercando di non dimenticare nulla. La sera a Brignole arrivò, col suo rito consueto della distribuzione dei panini e la sua consueta marcia dei poveri cristi con gli stomaci rumorosi. In un attimo di calma, il don mi presentò due ragazzini, fino a quel momento rimasti in disparte. Un ragazzo con una macchina fotografica formato magnum, probabile regalo di un fresco diploma, la cui vendita avrebbe risolto un bel mucchietto di problemi miei e di quanti mi stavano attorno. Assieme a lui, una graziosa ragazzina sua coetanea, con regolamentare taccuino e penna per gli appunti. L'ennesimo tributo ad un precariato, che vuole – tra l'altro – spiccate doti di fantasia per inventarsi un lavoro. “Piacere signor Gaetano, io sono Roberta del Secolo XIX. Lui è Francesco, fotografo...” l'interruppi subito. “No, niente fotografie per favore. La mia scelta di parlare con voi, è già abbastanza onerosa, anche senza apparire con una fotografia.” “Capisco, signor Gaetano. Niente foto.” Il ragazzo con l'aria delusa, spense la macchina e mise il tappo sull'obbiettivo. Mi spiacque per lui, con tutta probabilità quella sera non avrebbe guadagnato un centesimo, con la mia faccia. La ragazza riprese: “ Don Roberto ci ha già accennato della sua storia, ma vorremmo sentirla in prima persona... Vuole che usiamo un nome di fantasia?” “Ma no! Qui la fantasia c'entra ben poco, e comunque anche con uno pseudonimo, la storia è facilmente riconducibile a me. Va bene Gaetano.” “Bene. Inizi pure, allora!” “Beh, la mia storia personale, tutto sommato, è piuttosto banale... Considerando che, secondo la CEI, ci sono circa 7 milioni di persone nel nostro paese, che vivono in stato di povertà, e almeno altrettanti border line. Persone a rischio di finirci... Ma sono dati molto più bassi della situazione reale.” “Perché dice così? Su che dati si basa?” “Semplice: mi baso su ciò che vedo. I dati della CEI, si riferiscono a persone che, in qualche modo, si rivolgono ai centri di ascolto o alle varie associazioni legate alla CARITAS. Ma ce ne sono molti che non lo fanno per svariati motivi: perché si vergognano; perché provano a uscire da certe situazioni, magari finendo in mano agli strozzini; perché ricorrono all'aiuto di parenti e amici... E poi tutta l'area degli extracomunitari clandestini, per cui sarebbe rischioso comparire. Questo vuol dire che, con un calcolo approssimativo, un terzo dell'intera popolazione del nostro paese se la passa nella m... hem!, molto male.” “E le cause, secondo lei?” “Anche qui, di cause ce ne sono molte. Le principali sono l'avvento dell'euro, avvenuto senza un controllo serio sulla levitazione dei prezzi, e che ha di fatto dimezzato il potere d'acquisto di tutti; una selvaggia precarizzazione del lavoro, che porta i giovani a lavorare per 5 o 600 euro al mese, e che serve come un'arma nei confronti di tutti gli altri lavoratori, un' arma di ricatto per tenere bassi i salari, credo i più bassi della comunità europea; un'esaperata sottocultura dell'apparire... Pensi che solo 10 o 15 anni fa, la famiglia tipo: due persone con lavoro fisso e due figli, erano il nucleo portante di questa società. Riuscivano a pagare un mutuo per la casa, ad allevare e permettere l'istruzione dei figli, ad acquistare un'automobile a rate, a concedersi un po' di vacanze, e al fine, ad avere qualche risparmio da parte. Oggi lo stesso nucleo famigliare, con due stipendi medi di 1000-1200 euro, è un soggetto a rischio povertà!” “Il quadro è chiaro... Ora vuole raccontare la sua storia?” E da lì iniziò il mio racconto, ormai trito e abusato, delle mie vicende, i miei bivi sulla strada, e le mie scelte spesso sbagliate. Due giorni dopo l'intervista venne pubblicata. O meglio, in un rettangolo 13x10, venivano riportati stralci delle mie disavventure, condite in salsa pietistica. Di tutto il resto: nulla. La mia delusione fu tale, che non ebbi neppure la forza d'incazzarmi. Ormai il sasso era stato tirato nello stagno. Impossibile ritrattare.