Il Lessicantropo

Avrei dovuto far causa ai miei becchini...


Mani penzoloni sui fianchi...barba incolta...viso scolpito dal vento lunare...piedi unghiati su solido fogliame. La matrice non aveva ombre e per questo si apprezzava anche la morte.La scimmia possedeva organi liberi: i sentimenti giacevano nel fossato. Come nomenclatura l'urlo e la quiete, il terrore e l'innocenza.Un legame essenziale. Apodittico. Riconosciuto. Accettato. La bestia si muove, si sporge nel limite e oltre. Sceglie come sua dimora il confine primordiale confuso col proprio infinito. Insidiato dal fulmine eterno, ultimo residuo di identità ascendente, si specchia: è in comunione con gli astri. Attori d'equilibrio e gravità. Fiammelle alleate lontane benchè circonfuse di solidità e amore.La pellicola si fa Storia, gira le età cadenzate nel molteplice. Ma è solo un ripido ripiano. La pesante Mano volitiva interpella il sogno. Lo sorregge. Vuole. Barcolla mentre desidera. Viene derisa. Il foro interiore minaccia blasfeme prese d'atto, ritorsioni epocali: molliche agli uccellini.Il taglio finale delle radici scopre l'incesto col Mondo. La matrice con apice fermo insinua il dubbio. Dunque è. Sarebbe forse. Inizio di specie. Macchina e delirio. Schizofrenia d'assalto.Un lancio una meta. Si coniuga la bellezza col sopravvento della decenza. Il ragno tesse sornione. Conquista territori. Linee spavalde tracciano il solco con aratri scandalosi. La scimmia imbraccia la spada. È mio. Il busto diritto nutrito. Sotto le lenzuola tocca le membra del morto