Napoli

Il presepe napoletano.


Natale, momento sicuramente magico, diverso dagli altri momenti importanti dell'anno anche per uno come chi scrive, completamente avulso da credi religiosi. Ma Natale, sembra davvero il momento in cui ognuno cerca di ritrovare un po' se stesso, gli affetti famigliari, la gioia dei più piccoli, i doni, le buone intenzioni e... il presepe.
Napoli, è una delle grandi capitali mondiali dell'arte presepiale, un vero e proprio culto perpetrato e curato nei secoli. Il presepe è una rappresentazione ricca di simboli. Alcuni di questi provengono direttamente dal racconto evangelico e sono riconducibili al racconto del vangelo di Luca: la mangiatoia, l'adorazione dei pastori e la presenza di angeli nel cielo. Altri elementi appartengono ad una iconografia propria dell'arte sacra: Maria, ha un manto azzurro che simboleggia il cielo, San Giuseppe ha, in genere, un manto dai toni dimessi a rappresentare l'umiltà.
Ma, molti particolari scenografici nei personaggi e nelle ambientazioni del presepe non traggono ispirazione dai vangeli canonici bensì, da quelli apocrifi e da altre tradizioni. Tanto per citarne alcuni, il bue a l'asinello, simboli immancabili di ogni presepe, derivano dal cosiddetto protovangelo di Giacomo, o anche da un'antica profezia di Isaia che scrive "Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone". Sebbene Isaia non si riferisse alla nascita del Cristo, l'immagine dei due animali venne utilizzata comunque come simbolo degli ebrei (rappresentati dal bue) e dei pagani (rappresentati dall'asino).
Anche la stalla o la grotta dove Maria e Giuseppe avrebbero dato alla luce Gesù non compare nei Vangeli canonici: sebbene Luca citi i pastori e la mangiatoia, nessuno dei quattro evangelisti parla esplicitamente di una grotta o di una stalla. In ogni caso a Betlemme, la Basilica della Natività sorge intorno a quella che è indicata dalla tradizione come la grotta dove nacque Gesù e anche quest'informazione si trova nei Vangeli apocrifi.
I Magi invece derivano dal Vangelo di Matteo e dal Vangelo armeno dell'infanzia. In particolare, quest'ultimo fornisce informazioni sul numero e il nome di questi sapienti orientali: il vangelo in questione fa i nomi di tre sacerdoti persiani (Melkon, Gaspar e Balthasar), anche se non manca chi vede in essi un persiano (recante in dono oro), un arabo meridionale (recante l'incenso) e un etiope (recante la mirra). Così i re magi entrarono nel presepe, sia incarnando le ambientazioni esotiche sia come simbolo delle tre popolazioni del mondo allora conosciuto, ovvero Europa, Asia e Africa. Anche il numero dei Magi fu piuttosto controverso. Esso, fu definitivamente stabilito in tre, come i doni da loro offerti, da un decreto papale di Leono I Magno, mentre prima di allora oscillava fra due e dodici.
A Napoli, anche nel presepe come in tante altre circostanze, alla tradizione dalla quale si è attinto a piene mani, si è aggiunta una buona dose di quella fantasia che tanto caratterizza il popolo di questa città. Cosicché, il presepe napoletano, per esempio, aggiunge alla scena molti personaggi popolari, osterie, commercianti e case tipiche dei borghi agricoli, tutti elementi palesemente anacronistici. Questa è comunque una caratteristica di tutta l'arte sacra, che, almeno fino al XX secolo, ha sempre rappresentato gli episodi della vita di Cristo con costumi ed ambientazioni contemporanee all'epoca di realizzazione dell'opera. Anche questi personaggi sono spesso funzionali alla simbologia. Ad esempio, il male è rappresentato nell'osteria e nei suoi avventori, mentre il personaggio di Ciccibacco, che porta il vino in un carretto con le botti, impersona il diavolo.
Ma andiamo a dare un'occhiata ai personaggi e ai simboli del presepe napoletano.Incontriamo Benino che è un riferimento a quanto affermato nelle Sacre Scritture: “E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti”. Il risveglio è considerato inoltre come rinascita. Infine Benino, nella tradizione napoletana, è anche colui che sogna il presepe e - sempre nella tradizione napoletana - guai a svegliarlo: di colpo il presepe sparirebbe!
Il pescatore è ritenuto simbolicamente il pescatore di anime. Il pesce fu il primo simbolo dei cristiani perseguitati dall’Impero Romano. Infatti il divieto di raffigurare Dio, applicato fino al III secolo, comportò la necessità di usare dei simboli per alludere alla Divinità. Tra questi c’era il pesce, il cui nome greco (ikthys) era acronimo di "Iesùs Kristhòs Theoù Yiòs Sotèr" (Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore).
I due compari, zi’ Vicienzo e zi’ Pascale, sono la personificazione del Carnevale e della Morte. Infatti al cimitero delle Fontanelle in Napoli si mostrava un cranio indicato come “A Capa ‘e zi’ Pascale” al quale si attribuivano poteri profetici, tanto che le persone lo interpellavano per chiedere consigli sui numeri da giocare al lotto.Il monaco viene letto in chiave dissacrante, come simbolo di un'unione tra sacro e profano che si realizza nel presepe napoletano.
Una giovane donna, con vesti rotte ma appariscenti è, invece, la zingara, un personaggio tradizionalmente in grado di predire il futuro. In questo caso la sua presenza è simbolo del dramma di Cristo poiché porta con sé un cesto di arnesi di ferro, metallo usato per forgiare i chiodi della crocifissione. Questo personaggio è perciò segno di sventura e dolore.
La giovane vergine che, quando nacque il Redentore, si incamminò verso la Natività per adorarlo, è Stefania. Bloccata dagli angeli che vietavano alle donne non sposate di visitare la Madonna, Stefania prese una pietra, l’avvolse nelle fasce, si finse madre e, ingannando gli angeli, riuscì ad arrivare al cospetto di Gesù il giorno successivo. Alla presenza di Maria, si compì un miracoloso prodigio: la pietra starnutì e divenne bambino. Ecco perché Santo Stefano si festeggia il 26 dicembre.
Poi, c'è il simbolo erotico per eccellenza, la meretrice, contrapposto alla purezza della Vergine. Essa, si colloca nelle vicinanze dell'osteria, in contrapposizione alla Natività che è alle spalle.Nel presepe napoletano del ‘700 le varie attività lavorative rappresentano come in un'istantanea i principali commerci che si svolgono lungo tutto l'anno. Quindi è possibile interpretare arti e mestieri come personificazioni dei mesi seguendo questo schema: Gennaio macellaio o salumiere, Febbraio venditore di ricotta e formaggio, Marzo pollivendolo, Aprile venditore di uova, Maggio una donna che vende ciliegie, Giugno panettiere, Luglio venditore di pomodori, Agosto venditore di cocomeri, Settembre contadino o seminatore, Ottobre vinaio, Novembre venditore di castagne e Dicembre pescivendolo.
Un chiaro simbolo di passaggio è il ponte, ed è collegato alla magia. Alcune favole napoletane raccontano di tre bambini uccisi e seppelliti nelle fondamenta del ponte allo scopo di tenere magicamente salde le arcate. Rappresenta quindi un passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti.Il forno, invece, è un evidente richiamo alla nuova dottrina cristiana che vede nel pane e nel vino i propri fondamenti, nel momento dell'Eucarestia, oltre a rappresentare un mestiere tipicamente popolare.
La presenza di una chiesa, come anche del crocifisso, testimonia l'anacronisticità del presepe napoletano che è ambientato nel ‘700.L'osteria, riconduce, in primo luogo, ai rischi del viaggiare. Di contrasto, proprio perché i Vangeli narrano del rifiuto delle osterie e delle locande di dare ospitalità alla Sacra Famiglia, il dissacrante banchetto che in esse vi si svolge è simbolo delle cattiverie del mondo che la nascita di Gesù viene ad illuminare.Ed ecco il fiume, l’acqua che scorre che è un simbolo presente in tutte le mitologie legate alla morte e alla nascita divina. Nel caso della religione cristiana, essa richiama al liquido del feto materno ma, allo stesso tempo, all'Acheronte, il fiume degli inferi su cui vengono traghettati i dannati.
Infine, come collegamento tra la superficie e le acque sotterranee, sui presepi napoletani troviamo il pozzo. La sua storia è ricca di aneddoti e superstizioni, che ne fanno un luogo di paura. Una su tutte, quella per la quale un tempo ci si guardava bene dall’attingere acqua nella notte di Natale perché si credeva che quell’acqua contenesse spiriti diabolici capaci di possedere la persona che l’avesse bevuta.Oggi, alcuni pastorai producono anche pastori che rispecchiano le personalità dei nostri tempi, quindi non c'è da meravigliarsi se si trovano riproduzioni di volti famosi come quello di Totò, Troisi o altri nelle vetrine della caratteristica Via San Gregorio Armeno, nel centro antico di Napoli, che è famosa in tutto il mondo per la produzione artigianale di presepi. Sono lì presenti mostre permanenti e negozi artigiani, che permettono di comprare e quindi costruire il presepe personale a proprio piacimento.
Nel '700 il presepe napoletano visse la sua stagione d'oro. Uscì dalle chiese dove era stato oggetto di devozione religiosa, per entrare nelle case dell'aristocrazia e divenire oggetto di un culto ben più frivolo e mondano. Il presepe assume una sua configurazione ben precisa: le figure sono realizzate con manichini in filo metallico ricoperto di stoppa, le teste e gli arti sono in legno dipinto, che poi sarà gradualmente sostituito dalla terracotta policroma.Re Carlo III di Borbone aveva una tal passione da partecipare personalmente e coinvolgere famiglia e corte nella realizzazione e vestizione di pastori e nel montaggio dell'enorme presepe del palazzo reale. Salito al trono di Spagna, portò con sé un grandissimo presepe e alcuni artigiani e diede così inizio anche in Spagna ad una tradizione d'arte presepiale.Uno dei più limpidi esempi di presepe napoletano è dato dalla manifattura in terracotta con pezzi risalenti al XVIII Secolo che si trova nella sala Ellittica della Reggia di Caserta. Si tratta dell'allestimento ex novo, compiuto nel 1988, di quello che fu il presepe di Corte. Per la sua realizzazione sono stati utilizzati gli stessi materiali in uso all'epoca.
Nella tradizione di Corte, le figurine erano poste sul cosiddetto scoglio, una struttura di base in sughero sulla quale venivano organizzate scenograficamente i diversi momenti della Natività: l'Annuncio ai pastori, l'Osteria, il viaggio dei Re Magi, le scene corali con pastori e greggi. I sovrani borbonici fecero allestire l'ultimo loro presepe nella Sala della Racchetta facendo affrescare il soffitto a simulazione della volta celeste.Ecco come il Goethe descrive il presepe napoletano durante il suo viaggio in Italia: « Ecco il momento di accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe. Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e lì ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che si librano in aria, sontuosamente vestiti per la festa. Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo, in cui s'incornicia il Vesuvio coi suoi dintorni. »Buon Natale a tutti.