Napoli

Francesco II di Borbone, l'ultimo Re.


L'ultimo re del Regno delle Due Sicilie fu Francesco II di Borbone, un giovane che si ritrovò a gestire uno stato che stava per essere cancellato definitivamente per la famosa annessione voluta dal Piemonte, ormai intenzionato a unificare l'Italia.
Il nome di battesimo di questo re fu Francesco d'Assisi Maria Leopoldo e nacque a Napoli il 16 gennaio 1836, figlio di Ferdinando II di Borbone e della sua prima moglie Maria Cristina di Savoia, che trovò la morte proprio cinque giorni dopo aver partorito Francesco.Appare come una ironia della sorte il dettaglio che la madre dell'ultimo re delle Due Sicilie, sia stata una Savoia, figlia di Vittorio Emanuele I, il nonno di quello che poi incontrerà Giuseppe Garibaldi a Taverna Catena, vicino Teano, prendendo in consegna i nuovi territori.Francesco, è rimasto re poco meno di due anni, dal 22 maggio 1859 al 13 febbraio 1861. Si dimostrò un monarca dal carattere timido e bonario ed in lui affioravano gli insegnamenti ricevuti dai padri scolopi secondo rigidi precetti morali e religiosi, e in particolare da Monsignore Nicola Borelli, il cappellano di corte. Nel 1859 sposò Maria Sofia di Baviera, sorella di Sissi, l'imperatrice d'Austria. La regina era più giovane di lui di 5 anni ed era, invece, dotata di una tempra ed un carattere diametralmente opposti a quelli del re. Come eredi, Francesco ebbe una sola figlia, la piccola Maria Cristina Pia di Borbone-Due Sicilie, che però morì a soli tre mesi di età.Quando Francesco ricevette la corona del Regno, cercò di mantenere una certa continuità politica con quanto iniziato dal padre. Il giovane re, però, si faceva prendere troppo dal suo innato fatalismo e dalla sua bonarietà. Maria Sofia tentò, pertanto, di prendere in mano le redini della direzione degli affari del regno, entrando in rotta di collisione con la matrigna di suo marito, la regina madre Maria Teresa.Nonostante tutto, Francesco II di Borbone, pur regnando per poco più di un anno come sovrano sul trono di Napoli, riuscì a varare varie riforme: furono concesse maggiori autonomie ai comuni, furono emanate amnistie, nominò varie commissioni il cui compito era quello di apportare miglioramenti alle condizioni di vita dei detenuti, fu ridotta al 50% l'imposta sul macinato, furono ridotte le tasse doganali, furono aperte le borse di cambio a Reggio di Calabria e a Chieti.In quegli anni, siccome era in corso una carestia, il re diede ordini per l'acquisto di grano all'estero per rivenderlo sottocosto alla popolazione e per donarlo alle persone più bisognose. Francesco provvide, inoltre, a far ripartire i progetti che prevedevano l'ampliamento della già bella rete ferroviaria di cui era dotato il Regno, uno dei pochi in Europa che potevano vantare un sistema già abbastanza esteso di collegamenti e trasporti. Questi ultimi progetti, però, furono interrotti e del tutto troncati nel 1860, in seguito alla perdita dell'indipendenza. In ultimo, nel 1862, quando era ormai già un re in esilio a Roma, provvide a inviare una ingente somma di denaro da donare a tutti i napoletani vittime di una delle tante eruzioni del Vesuvio.Francesco, inizialmente si allineò sulle posizioni conservatrici dell'Austria poi, successivamente allo sbarco di Giuseppe Garibaldi, cominciò a portare avanti e ad attuare molte concessioni liberali, consigliato nel far questo anche dal suo primo ministro, Carlo Filangieri, rinvigorendo ulteriormente la Costituzione già concessa da Ferdinando II nel 1848.Quando, ormai, gli eventi stavano precipitando, provò a cercare persino un'alleanza col cugino, Vittorio Emanuele II di Savoia, che la rifiutò. Vi è da ricordare al riguardo che, anche il sovrano borbonico aveva in precedenza ricevuto offerte da parte di Camillo Benso conte di Cavour per formare un'Italia federale, offerte da lui rigettate.I Borbone erano stati informati fin dalle prime battute dell'operazione riguardo all'impresa dei Mille; sapevano del giorno in cui sarebbero partiti ed anche di quello presunto per lo sbarco. E, pur disponendo di una flotta di 14 navi militari che incrociavano lungo le coste del Regno, nessuno osò fermare il contingente garibaldino, formato per lo più da avventurieri, ex galeotti e pochi idealisti.Fu, infatti, impressionante la rapidità con la quale i Mille arrivarono alle prime conquiste non fosse altro che per la disparità fra le forze in campo. Ancora oggi, nessuno sa spiegare il motivo che portò, a Calatafimi, 3000 soldati borbonici a ritirarsi dopo che erano quasi del tutto riusciti a rigettare i garibaldini in mare. Furono in tanti ad incolpare dell'accaduto il generale Landi, che fu accusato di essere incapace. Ancora più inspiegabile, fu il comportamento di 10000 dei 12000 soldati borbonici che, a Soveria Mannelli, in Calabria, si arresero a Garibaldi senza nemmeno sparare un colpo.In tutto questo, Vittorio Emanuele II giurava amicizia a suo cugino, Francesco II, e addirittura condannava formalmente l'impresa di Garibaldi. Ma Cavour dava ordine al generale Cialdini di raggiungere la capitale del Regno delle Due Sicilie con l'esercito piemontese, impossessarsi di tutti i territori e ordinava all'ammiraglio Persano di seguire da lontano l'impresa di Garibaldi.Ormai, i giochi erano quasi fatti perché, perse la Sicilia e la Calabria, il resto dei territori non avevano particolari presidi borbonici e, non restava che conquistare Napoli. Cosicché, avvicinandosi Garibaldi, seguendo il consiglio del Ministro dell'Interno Liborio Romano, Francesco lasciò Napoli senza combattere per evitare battaglie che avrebbero potuto mettere la città a ferro e fuoco. Il re andò via e, prima di andarsene, emanò un proclama che impressionò non poco vasti strati della popolazione meridionale. Con sé, il monarca, non portò praticamente nulla: lasciò nelle banche i suoi depositi, dalla reggia porto via gli oggetti di devozione e di ricordo lasciando lì tutte le opere d'arte.Fu abbandonato dalla sua flotta quindi, fu costretto a ripiegare dapprima sulla linea del Volturno poi, dopo aver tentato una controffensiva contro le truppe garibaldine che non ottenne il risultato sperato, si ritirò con la Regina a Gaeta, dove l'esercito borbonico si difese e lo difese valorosamente per tre mesi contro l'assedio del generale Cialdini.L'assedio presso la località laziale che, all'epoca, era una roccaforte duosiciliana, ebbe inizio il 13 novembre 1860 e fu molto aspro e il re e la sua consorte dimostrarono grande valore; così ne parla infatti un giornale del tempo dell'ammirazione che cresceva all'estero verso il Re: "L’ammirazione, e son per dire l’entusiasmo, che desta in Francia il nobile contegno del Re di Napoli, vanno crescendo ogni giorno in proporzione dell’eroica resistenza del giovane monarca, assediato dalla rivoluzione sullo scoglio di Gaeta. Così un bellissimo indirizzo degli abitanti di Avignone, con parecchie migliaia di firme, venne spedito al Re, in cui gli Avignonesi manifestavano la speranza loro ferma che il suo trionfo sarà misurato dalla grandezza del suo pericolo".Poi, purtroppo, arrivò il momento della capitolazione, il 13 febbraio 1861, e i due sovrani si recarono via mare, su di un piroscafo francese, a Roma in esilio.Giunto a Roma, Francesco vi rimase fino all'occupazione delle truppe unitarie avvenuta nel 1870. A Roma, provò a organizzare una resistenza armata nel Regno ma anche questi tentativi non ottennero risultati esaltanti. Dal 1870, Francesco e sua moglie si stabilirono a Parigi, dove vissero privatamente senza grandi possibilità in quanto Garibaldi aveva provveduto a confiscare tutti i beni della corona. Il Governo Italiano, poi, propose al Borbone la restituzione di questi beni a patto, però, che il sovrano rinunciasse definitivamente ad ogni pretesa sul trono del Regno delle Due Sicilie, cosa questa che Francesco non accettò mai, rispondendo sdegnato: "Il mio onore non è in vendita".In uno dei suoi viaggi compiuti per sottoporsi a cure termali, Francesco morì in Trentino, allora austriaco, e venne sepolto nella chiesa di Arco.La moglie, Maria Sofia, morì a Monaco il 18 gennaio 1925 e, fino al suo ultimo giorno di vita, sperò nella restaurazione del Regno delle Due Sicilie. Anche dopo anni, continuava a frequentare socialisti ed esuli anarchici. Più di una fonte la vuole infatti, più o meno fantasiosamente, ispiratrice degli attentatori Passannante e Bresci.Le spoglie di Francesco II, di Maria Sofia e della loro figlia Maria Cristina, ultima famiglia reale napoletana, riunite dopo varie vicissitudini, riposano oggi, dal 18 maggio 1984, nella Basilica di Santa Chiara, ivi portate in forma solenne, in quella Napoli che per troppo poco tempo fu la loro unica, amata capitale.Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altr'aria, non ho veduti altri paesi, non conosco altro suolo, che il suolo natio. Tutte le mie affezioni sono dentro il Regno: i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni mie ambizioni.Francesco II delle Due Sicilie