Napoli

La pizza: un matrimonio perfetto fra palato e poesia.


Da "Usi e Costumi di napoli " di De Boucard in collaborazione con il Cav. Emanuele Rocco, opera della metà del XIX secolo: "Prendete un pezzo di pasta (da pane), allargatelo col mattarello o percuotetelo con le palme delle mani, metteteci sopra quanto vi viene in testa, conditelo di olio o strutto, cuocetelo al fuoco, mangiatelo, e saprete che cosa e' la pizza".Siamo nel 1889. Quell'anno, il re Umberto I e la regina Margherita, trascorsero l'estate a Napoli, nella reggia di Capodimonte. La regina era incuriosita dalla pizza di cui aveva tanto sentito parlare.Fu chiamato a palazzo Raffaele Esposito, il piu' bravo e famoso pizzaiuolo di allora che abitava nei pressi di via Chiaia. Don Raffaele prese subito postazione fra i forni delle cucine reali con l'attenta assistenza della moglie donna Rosa. Ai sovrani furono presentate diverse specialità: una con la sugna, il formaggio e il basilico; un'altra con aglio, olio e pomodoro e una terza con mozzarella, pomodoro e basilico. Quest'ultima che riproponeva nei suoi componenti, i colori del tricolore italiano, entusiasmo' in particolare la regina Margherita, e non solo per motivi patriottici.Cosicché, don Raffaele, evidenziando insospettabili doti di diplomatico, chiamo' questa pizza " alla Margherita". Il giorno dopo la mise in lista nel suo locale ed ebbe, come si puo' immaginare, un clamoroso successo che ancora oggi persiste in tutti i locali del mondo in cui viene servita e mangiata.Tornando, però, un po' indietro nel tempo, possiamo trovare tracce di un alimento antesignano della pizza già nella cucina etrusca ovviamente, con ingredienti molto diversi da quelli usati oggi.La vera pizza nasce però intorno al 1600 dall'innegabile ingegno culinario napoletano, che doveva rendere più appetibile la tradizionale schiacciata di pane; all'inizio si trattava di pasta per pane cotta in forni a legna.Ed è proprio intorno al 1600 che nasce la cosiddetta pizza alla "mastunicola" ossia pizza al basilico. Era preparata mettendo sul disco di pasta, dello strutto, formaggio, foglie di basilico e pepe.Poi arriva la variante con i "cecinielli", minuscoli pesciolini di cui soprattutto i pescatori erano fornitissimi.Ma il successo arriva con l'importazione di un ortaggio che nella cucina napoletana ha scatenato un'autentica rivoluzione: il pomodoro.Importato dal Perù, fu inizialmente scartato dalle mense in quanto ritenuto senza sapore. Poi fu utilizzato addirittura come pianta ornamentale per via degli allegri e colorati frutti tondeggianti, finché a qualcuno non venne l'idea di schiacciarlo sulla pizza inventando così, senza volerlo, quello che oggi possiamo ritenere l'alimento più diffuso nel mondo.Nell'ottocento la pizza col pomodoro arriva fino in America grazie ai tanti napoletani che emigrano a New York, e viene fatta come a Napoli.In quello stesso periodo a Napoli avviene il "matrimonio storico" con la mozzarella grazie a Raffaele Esposito e sua moglie di cui abbiamo già parlato.Oggi, a Napoli si mangia la pizza in tutte le versioni che è possibile proporre grazie anche alle numerose nuove varianti che nel tempo sono state create. Nonostante ciò, la margherita resta la più gettonata e i colori che la compongono regalano alla vista la stessa sensazione di soddisfazione che i suoi ingredienti donano al palato.