Sono tanti i riferimenti, i simboli, le caratteristiche, le parole, le espressioni, le usanze che non appena vengono citate, immediatamente portano con la mente a Napoli.Se pronuncio la parola "sfizio", mi viene in mente qualcosa che mi porta a pensare ad una piacevole soddisfazione che si può ottenere con il minimo sforzo e in piena economia, ed è, contemporaneamente, una parola ed una filosofia napoletana; se dico "mozzarella" non posso non pensare alla delicatezza di un formaggio fra i più apprezzati al mondo e, anche questa è una parola napoletana di cui avremo modo di parlare affrontando gli argomenti connessi alla lavorazione di questo rinomato prodotto; se penso alla "sfogliatella" come faccio a non pensare a Napoli e alla sua scuola di pasticceria?Succede la stessa cosa se dico "miracolo". Eliminati per ovvi motivi tutti i riferimenti che conducono agli scritti evangelici, non ci resta che pensare ad un solo esempio, quello che per due volte l'anno convoca migliaia di fedeli nel Duomo di Napoli nell'attesa del verificarsi di un evento che, ormai da secoli, si ripete con una puntualità che può definirsi svizzera: il miracolo di San Gennaro.Sul patrono di Napoli è forse il caso di spendere due parole.Il suo vero nome era Ianuario in quanto discendeva dalla famiglia gentilizia Gens Januaria pertanto, la corruzione napoletana "Gennaro" proviene dal cognome e non dal nome. Comunque Gennaro è una delle "icone" napoletane più famose nel mondo.Gennaro, ai tempi dell'imperatore Diocleziano era vescovo di Benevento e, un giorno, recatosi a Pozzuoli per fare visita ai fedeli, saputo dell'arresto di un suo amico, Sessio, il diacono di Miseno, da parte di un giudice locale, decise di andarlo a trovare. Questo comportamento, però, costò l'arresto anche a lui e la condanna alla adorazione forzata degli idoli presso gli altari pagani.Naturalmente, Gennaro si rifiutò. Il giudice Dragonzio lo condannò, quindi, ad essere divorato dalle belve nell'anfiteatro di Pozzuoli durante una di quelle esibizioni di violenza feroce e crudele cui i romani e i popoli ad essi assoggettati erano abituati.Il popolo, a questa decisione, si ribellò ma tutto quello che ottenne fu la conversione della pena in decapitazione. Cosicché, il religioso fu giustiziato su di un ceppo che viene ancora conservato nella chiesa di San Gennaro fondata su una delle alture della odierna Pozzuoli; il suo sangue, invece fu raccolto e conservato da alcuni fedeli rito, questo, molto usuale all'epoca dei fatti; il corpo del martire venne sistemato prima a Fuorigrotta e poi a Capodimonte presso le catacombe di San Gennaro nell'aprile di circa un secolo dopo la sua morte.E fu proprio in questo periodo che, per la prima volta, si notò come, in vicinanza delle ossa del santo, il contenuto delle ampolle contenenti il sangue, da solido, si trasformò in liquido. La data ufficiale della prima liquefazione è il 1389.Il "miracolo" ai nostri giorni si verifica due volte l'anno: la prima domenica di maggio e il 19 settembre, giorno di San Gennaro.
San Gennaro e il suo miracolo.
Sono tanti i riferimenti, i simboli, le caratteristiche, le parole, le espressioni, le usanze che non appena vengono citate, immediatamente portano con la mente a Napoli.Se pronuncio la parola "sfizio", mi viene in mente qualcosa che mi porta a pensare ad una piacevole soddisfazione che si può ottenere con il minimo sforzo e in piena economia, ed è, contemporaneamente, una parola ed una filosofia napoletana; se dico "mozzarella" non posso non pensare alla delicatezza di un formaggio fra i più apprezzati al mondo e, anche questa è una parola napoletana di cui avremo modo di parlare affrontando gli argomenti connessi alla lavorazione di questo rinomato prodotto; se penso alla "sfogliatella" come faccio a non pensare a Napoli e alla sua scuola di pasticceria?Succede la stessa cosa se dico "miracolo". Eliminati per ovvi motivi tutti i riferimenti che conducono agli scritti evangelici, non ci resta che pensare ad un solo esempio, quello che per due volte l'anno convoca migliaia di fedeli nel Duomo di Napoli nell'attesa del verificarsi di un evento che, ormai da secoli, si ripete con una puntualità che può definirsi svizzera: il miracolo di San Gennaro.Sul patrono di Napoli è forse il caso di spendere due parole.Il suo vero nome era Ianuario in quanto discendeva dalla famiglia gentilizia Gens Januaria pertanto, la corruzione napoletana "Gennaro" proviene dal cognome e non dal nome. Comunque Gennaro è una delle "icone" napoletane più famose nel mondo.Gennaro, ai tempi dell'imperatore Diocleziano era vescovo di Benevento e, un giorno, recatosi a Pozzuoli per fare visita ai fedeli, saputo dell'arresto di un suo amico, Sessio, il diacono di Miseno, da parte di un giudice locale, decise di andarlo a trovare. Questo comportamento, però, costò l'arresto anche a lui e la condanna alla adorazione forzata degli idoli presso gli altari pagani.Naturalmente, Gennaro si rifiutò. Il giudice Dragonzio lo condannò, quindi, ad essere divorato dalle belve nell'anfiteatro di Pozzuoli durante una di quelle esibizioni di violenza feroce e crudele cui i romani e i popoli ad essi assoggettati erano abituati.Il popolo, a questa decisione, si ribellò ma tutto quello che ottenne fu la conversione della pena in decapitazione. Cosicché, il religioso fu giustiziato su di un ceppo che viene ancora conservato nella chiesa di San Gennaro fondata su una delle alture della odierna Pozzuoli; il suo sangue, invece fu raccolto e conservato da alcuni fedeli rito, questo, molto usuale all'epoca dei fatti; il corpo del martire venne sistemato prima a Fuorigrotta e poi a Capodimonte presso le catacombe di San Gennaro nell'aprile di circa un secolo dopo la sua morte.E fu proprio in questo periodo che, per la prima volta, si notò come, in vicinanza delle ossa del santo, il contenuto delle ampolle contenenti il sangue, da solido, si trasformò in liquido. La data ufficiale della prima liquefazione è il 1389.Il "miracolo" ai nostri giorni si verifica due volte l'anno: la prima domenica di maggio e il 19 settembre, giorno di San Gennaro.