Napoli

Raimondo di Sangro Principe di San Severo.


Ho intenzione, cari amici estimatori e amanti di Napoli, di parlarvi di uno dei misteri più affascinanti che riguardano la mia città.Dopo aver raccontato della liquefazione del sangue di San Gennaro, quest'oggi vorrei affrontare insieme a voi l'enigmatico mondo della Cappella di San Severo, un luogo che per molti versi possiamo ritenere "da brividi". Come da brividi è la figura del proprietario di questa cappella. Per arrivare ad essa non possiamo prescindere da una descrizione di chi, con il suo comportamento, le sue ricerche, il suo modo di porsi, fece molto parlare di sé: il Principe di San Severo Raimondo di Sangro.Sono più di due secoli che ha tolto il disturbo ma a Napoli quando lo sentono nominare c'è chi si fa furtivamente il segno della croce. Si racconta di lui che fosse un diabolico alchimista che faceva rapire fanciulli e disperati, i primi per castrarli e gli altri per utilizzarne i corpi per i suoi esperimenti. Venne anche accusato di aver ammazzato sette cardinali per trasformarne le ossa e la pelle in seggiole.Nonostante questo e tanto altro ancora, fu anche il primo Gran Maestro della massoneria napoletana anche se, quando si ritrovò a dover salvare la sua testa e le sue proprietà, non ci pensò su due volte e tradì tutti i suoi "fratelli" denunciandoli al re.E' però innegabile che, il principe, non fu soltanto uno dei personaggi più discussi del '700 ma anche una grande mente di quel periodo, un uomo troppo moderno per il suo tempo che pagò a caro prezzo il suo modo di essere.La famiglia di Raimondo non era di origini napoletane. Essa discendeva direttamente da Carlo Magno attraverso il ramo di Oderisio, conte di Sangro. In uno dei feudi di appartenenza, Torremaggiore, in provincia di Foggia, nacque Raimondo il 30 gennaio 1710.La madre morì quando lui aveva solo un anno e anche i due fratelli maggiori, Paolo e Francesco, morirono giovani cosicché il padre, sconvolto da tutto ciò, affidò Raimondo al nonno. Questi, a sua volta, lo affidò ai padri Gesuiti al Seminario di Roma e, a vent'anni, con una istruzione solitamente non posseduta dai giovani del tempo, tornò a Napoli fregiandosi del titolo di Principe di San Severo.
Nella capitale borbonica Raimondo dimostrò di possedere, oltre che una buona preparazione, anche tanta fantasia che non si limitava a mantenere allo stato teorico. A lui piaceva addirittura metterla in pratica e diede inizio così a tutta una serie di esperimenti che lo resero famoso in tutta Europa. Ad esempio, creò il "lume eterno". Triturò le ossa di un teschio, ne ottenne così una mistura che grazie alla base di fosfato di calcio e fosforo ad alta concentrazione, aveva la capacità di bruciare per ore consumando pochissima materia: inventò, insomma, una specie di pellet che oggi si usa nelle moderne stufe da riscaldamento.Re Carlo III di Borbone era un suo grande estimatore e, poiché decise di istituire nel Regno l'"Ordine cavalleresco di San Gennaro" di cui il re stesso era il Gran Maestro, fece entrare fra i sessanta blasonati adepti che ne facevano parte anche il principe di San Severo.In segno di ringraziamento nei confronti del sovrano, Raimondo gli fece fabbricare dei mantelli di un tessuto impermeabile di sua invenzione che per l'epoca era una novità assoluta.Sempre a lui si devono le invenzioni di uno speciale cannone in lega di ferro anziché in bronzo come quelli dell'epoca e di un fucile a retrocarica che ancora non era comparso sui purtroppo numerosissimi scenari bellici.In un periodo successivo, Raimondo, entrò a far parte della Confraternita segreta dei Rosa-Croce dove imparò la cosiddetta "arte sacra" o "arte regia". Egli, non lascerà alcun documento nè sulla sua attività all'interno della setta, nè sui suoi "fratelli" fatto sta che dedicherà tutta la sua rimanente esistenza all'alchimia.Dalle finestre sbarrate del suo palazzo, di notte uscivano strani fumi densi e colorati e odori nauseabondi appestavano l'aria dei dintorni. I napoletani lo soprannominarono "'o stregone".
Raimondo, amante del bel canto, nonostante apprezzasse il piacere di avere una famiglia anche numerosa con moglie e cinque figli, andava in giro per i suoi possedimenti a comprare da padri senza tante risorse economiche e soprattutto senza scrupoli, fanciulli dalla bella voce. Li portava al palermitano Giuseppe Salerno, suo medico di fiducia, e questi glie li restituiva castrati per avviarli alla carriera di "sopranisti".Va ricordato che questa assurda usanza era originaria del Regno Pontificio dove il Papa aveva vietato alle donne di calcare i palcoscenici. Divieto che nel Regno di Napoli invece non c'era tant'è che a Napoli già a quell'epoca vi erano numerose cantanti già famose. Ma, fra le tante bizzarrie di quel periodo, vi era anche quella di adorare molto le voci dei castrati.Non c'è che dire, un personaggio davvero singolare il Principe di Sangro. Ma la sua vera ossessione era un'altra ancora: quella di riuscire a trasmettere ai posteri lo stupore per tutto quello che lo riguardava e, vi è da dire che è riuscito nell'intento. Infatti, al fine di raggiungere questo obiettivo, prese corpo l'idea della Cappella di San Severo. Ma di essa parleremo nel prossimo messaggio.Intanto, nel 1751, il Papa Benedetto XIV, papa Lambertini, nel tentativo, fortunatamente mai riuscito, di aprire a Napoli una sede del Santo Uffizio (il Tribunale dell'Inquisizione), convocò l'ambasciatore di Carlo III per rappresentargli la sua preoccupazione per la diffusione della massoneria nel Regno. Quell'anno, il miracolo di San Gennaro non si era compiuto e quindi anche il sovrano, notando che il popolino  alquanto inquieto, addossava le responsabilità ai massoni, si unì alle preoccupazioni del Papa.Ovviamente, il più preso di mira da tutta questa agitazione fu proprio Raimondo di Sangro il quale, senza alcun tentennamento, tradì il segreto massonico facendo i nomi di tutti gli affiliati delle logge presenti nel Regno e fornì al re tutti i documenti necessari alla loro identificazione. Il re, dal canto suo, essendoci nella lista metà della sua corte, si limitò ad impartire loro una severa ammonizione.Raimondo, fu così messo all'indice dalla "fratellanza" internazionale e allontanato da tutti gli amici di un tempo. Continuò comunque i suoi studi e si occupò per altri vent'anni della sua alchimia finché "per malore cagionatogli dai suoi meccanici esperimenti" la sera del 22 marzo 1771 si spense lasciando per sempre le sue ricerche, i suoi alambicchi, le sue strane sperimentazioni e tutti noi affascinati e, direi, anche leggermente impauriti, dai suoi misteri.C'è, infine, una curiosità da aggiungere. Nel 1790, Giuseppe Balsamo detto "Cagliostro", di fronte al Tribunale dell'Inquisizione affermò che tutte le sue conoscenze alchemiche gli furono trasmesse a Napoli da un "principe molto amante della chimica". Il nome del principe forse fu anche pronunciato ma gli atti del processo sono ancora tenuti segreti dalla Reverenda Camera Apostolica. Se il Vaticano desse il permesso di leggerli, forse si scoprirebbe che il maestro del grande Cagliostro fu quel mattacchione di Raimondo di Sangro Principe di San Severo.