Uno degli argomenti che più solletica la mia curiosità in una città è la toponomastica. In essa, se si possiede qualche conoscenza del luogo, si riesce a intravedere la storia e, se la città è antica come Napoli, spesso la toponomastica ti aiuta a ripercorrere secoli e secoli e a capire i motivi di un nome o di una intitolazione.Mi ha sempre colpito, ad esempio, il non raro modo di far precedere il nome di una strada dalla qualifica di "cupa", "cavone", "arena", "canale", "canalone". Erano tutte denominazioni che venivano date al percorso che seguivano le acque piovane che defluivano verso valle dalle colline circostanti.Il "canale" o "canalone", ad esempio, era l'alveo naturale che veniva a formarsi con il fluire delle acque e, a seconda delle larghezza o della lunghezza, veniva così definito. Poi, però, il canale spesso si incassava e formava una "cupa" e, laddove questa si formasse con una certa profondità, veniva chiamata "cavone".
'O CavonePer "arena", invece, veniva identificato un canale molto largo ma appena appena bagnato dalle acque quindi poco profondo e con un letto spesso sabbioso e che, pertanto, veniva a formare un arenaio.Di solito, i torrenti di acqua piovana si formavano sulla collina dei Camaldoli che ricordo essere la più alta dei promontori napoletani con i suoi 450 m di altezza. L'acqua, seguiva percorsi scavando burroni e pendii per poi sfociare a mare in tre luoghi diversi e spesso, nel fare questo, lambiva le mura della città.Uno dei rami scendeva verso est per San Rocco, Miano e i Ponti Rossi, arrivava all'Arenaccia e poi finiva in mare nei pressi del Ponte della Maddalena. Un altro ramo sceglieva un altro percorso, verso ovest e dall'Arenella, seguiva il Cavone, Piazza Dante e, attraverso il tracciato di Monteoliveto, arrivava al mare.Il torrente orientale si divideva all'altezza di Capodimonte e formava un altro percorso che arrivava diritto alla Sanità, i Vergini, Via Carbonara, il Lavinaio e moriva a mare nei pressi della Porta del Mercato.Nel 1484, gli Aragonesi, provvidero ad allargare la cinta muraria della città e questo torrente fu deviato per Via Cesare Rosaroll e dirottato nell'alveo dell'Arenaccia.La Sanità veniva definita "arena", per il fondo sabbioso, la poca profondità e la larghezza. Però, poi, in seguito, fu chiamata anche "cavone" per le sue alte pareti. Infatti, nel 1807, per congiungere le due sponde della frattura creata dal vallone della Sanità, fu costruito un ponte, quello che ancora oggi vediamo.
Il ponte della SanitàIl torrente di Capodimonte, raccoglieva oltre alle acque piovane, anche gli scarichi di una rete idrica e, durante il suo percorso, si ingrossava fino al punto da straripare divenendo col tempo un autentico flagello per il borgo della Sanità che, intanto, era cresciuto anch'esso. Ancora oggi, a chi non si accontenta mai, si usa dire: "Nun te basta nemmeno 'a lava d''e Virgeni". Una similitudine questa che rende perfettamente l'idea di quali catastrofi provocava l'inondazione di queste acque a quei tempi.Poi, finalmente, nel 1868, il torrente fu incanalato in un collettore che usciva presso Piazza Ottocalli e s'immetteva nell'alveo dell'Arenaccia. Ma, col tempo, anche questo collettore divenne insufficiente. Ricordo che ero bambino e, proprio mentre con mio padre mi ritrovavo ad attraversare il Corso Novara, a poche decine di metri da noi avvenne uno scoperchiamento del manto stradale causato da un'enorme quantità d'acqua uscita dal collettore sottostante. In poco tempo la zona fu praticamente sommersa.
Corso NovaraLa Via Lavinaio, al Pendino, si chiama così perché veniva percorsa dalla lava. Verso la metà del XV secolo, vi erano insediati diversi mulini che venivano azionati proprio dallo scorrere delle acque tanto è vero che un vicolo di collegamento fra Via Lavinaio e Vico Sopramuro si chiama Vico Molino.
Quartiere PendinoTutta la zona si chiama, come abbiamo già cennato, Pendino. Questo lo si deve al fatto che i torrenti che ivi sfociavano a mare, isolavano quasi del tutto il caseggiato formando una sorta di penisola, un luogo che "pendeva" fra le acque.25 secoli prima, quando fu fondata Neapolis, si cercò l'area sulla quale edificarla e si scelse il Pendino per la sua posizione che offriva una difesa naturale alla città. Infatti, era sicura alle spalle per la presenza della collina e tranquilla davanti per la presenza del mare. Ai fianchi vi era lo scorrere dei canali torrentizi che rendeva arduo il compito di eventuali malintenzionati. il Pendino è ancora oggi una parte del centro antico di Napoli.