Creato da Giuseppe_Cotta il 07/01/2009
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DONNE DI CONFORTO

Post n°147 pubblicato il 07 Marzo 2014 da Giuseppe_Cotta
 
Foto di Giuseppe_Cotta

 

 

Come sempre l’8 marzo dedico la mia mimosa virtuale alle donne. Chi avesse pazienza di leggere i precedenti lavori presenti sul mio blog al Tag 8 marzo, avrebbe modo di prendere vista di cosa intendo io come festa delle donne. Niente cene, niente balli, niente regali ma solo pensieri: pensieri su come ci siamo comportati noi, maschi; nei confronti dell’altra metà dell’umanità. Quello che è ancora più grave è che non si tratta di alcuni maschi, di una certa religione, di un certo Stato, di una determinata era o secolo ma di maschi di tutto il globo terrestre e a volt; Vedere il film Filomena, non si tratta di soli maschi.

 

E’ apparso proprio oggi 8 marzo un servizio giornalistico su Euronews, relativo ad una statua rappresentate una giovane donna seduta su di una sedia e il racconto di una signora che diceva che il monumento, come tanti, era stato voluto perche la gente non dimenticasse; il monumento è dedicato alle “donne di conforto” delle quali si servivano i militari giapponesi sino alla fine della guerra di Corea ma delle quali il Giappone iniziò a parlarne solo nel 1965, con la ripresa dei contatti con la Corea del Sud.

Il primo "centro del comfort" venne istituito nella concessione giapponese di Shanghai, nel 1932.

Le prime comfort women erano prostitute giapponesi, che si offrirono volontarie per questo servizio. Tuttavia, con il proseguimento della campagna d'espansione giapponese, i militari giapponesi si trovarono a corto di volontarie così decisero di sfruttare le donne che vivevano nelle zone invase. Molte donne accettarono le richieste di lavoro fatte dai giapponesi per operaie o infermiere, non sapendo che sarebbero state costrette ad essere schiave sessuali.

Nelle prime fasi della guerra, le autorità giapponesi reclutarono le prostitute con metodi convenzionali. Nelle aree urbane, venne usata la pubblicità convenzionale, attraverso intermediari i quali misero degli annunci sui giornali che circolavano in Giappone, Corea, Taiwan, Manciukuò e in Cina. Queste soluzioni ben presto, specialmente in Giappone, esurirono il numero delle volontarie. Il Ministero degli Affari Esteri resistette all'ulteriore rilascio di visti di viaggio per le prostitute giapponesi, credendo che il fatto avrebbe danneggiato l'immagine dell'Impero del Giappone. I militari cominciarono così a cercare le comfort women al di fuori del Giappone, soprattutto in Corea e nella Cina occupata. ma quello che prevalse fu il sequestro. Molte donne furono ingannate e truffate e quindi costrette ad aggregarsi ai bordelli militari.

La situazione peggiorò con il proseguimento della guerra. A causa dello sforzo bellico, i militari non furono più in grado di rifornire le unità giapponesi; i militari allora si rifornirono dai locali, esigendo o saccheggiando le loro risorse. Lungo la linea del fronte, soprattutto nelle campagne dove vivevano meno persone, i militari giapponesi esigevano spesso che i governanti locali fornissero loro le donne per i bordelli. Quando la popolazione locale, specialmente i cinesi, erano considerati

ostili, i soldati eseguirono la Sanko sakusen (Politica dei Tre Tutto - Uccidi Tutti, Saccheggia Tutto, Distruggi Tutto), che includeva il sequestro e lo stupro indiscriminato dei civili.

L' Office of War Information degli Stati Uniti documentò le interviste a venti comfort women a Burma nelle quali si affermava, che le ragazze venivano persuase con l'offerta di molti soldi, un'opportunità per pagare i debiti di famiglia, per avere un lavoro facile e la prospettiva di una nuova vita in una nuova terra; Singapore. Con queste falsità molte ragazze vennero reclutate per il servizio oltremare e pagate con un anticipo di poche centinaia di yen.

La carenza di documenti ufficiali rese difficile stimare il totale delle comfort women; se vi era una documentazione, probabilmente fu distrutta dal governo giapponese alla fine della guerra, per evitare responsabilità su diversi avvenimenti. Gli storici sono giunti a varie stime, studiando i documenti sopravvissuti, che indicano i movimenti di soldati in una particolare area e la variazione del numero donne. Lo storico Yoshiaki Yoshimi, che dedicò il primo studio accademico che mise in luce l'argomento, stimò il numero totale tra le 50 e le 200 000 donne.

Basandosi su questa stima, la maggior parte delle fonti mediatiche internazionali parlano di circa 200 000 donne reclutate o rapite dai soldati per servire nei bordelli militari. La BBC cita "da 200 000 a 300 000" donne, mentre la Commissione Internazionale dei Giuristi cita le "stime degli storici di 100 000 - 200 000 donne."

Il 17 aprile 2007, Yoshiaki Yoshimi e Hirofumi Hayashi annunciarono la scoperta, negli archivi relativi al processo di Tokyo, di sette documenti ufficiali dai quali emerge, che le forze militari imperiali, come la polizia militare della Marina, obbligavano le donne, i cui padri avevano attaccato la polizia militare dell'Esercito a lavorare nei bordelli del fronte cinese, indocinese ed indonesiano. Questi documenti furono resi pubblici al processo per i crimini di guerra. In uno dei documenti, si cita un tenente, che confessò di aver organizzato un bordello e di essersene servito egli stesso. Un'altra fonte afferma che gli uomini del Tokeitai avevano arrestato alcune donne per strada e, dopo esami medici coatti, le avevano costrette a lavorare nei bordelli.

Il 12 maggio 2007 il giornalista Taichiro Kajimura annunciò di aver scoperto trenta documenti del governo olandese, che furono presentati al processi di guerra a Tokyo come prove di un caso di prostituzione forzata nel 1944 a Mageland.

Voglio chiudere qui anche se il racconto sarebbe ancora lungo. Non vorrei eccitare qualche persona che leggendolo facesse commenti su quanto erano “bravi” e come sapevano trattare “bene” le donne i soldati giapponesi.

 

La maggior parte della notizia è stata presa da Wikipedia ma verificata su altri siti storici, compreso Euronews.

 
 
 
 
 

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