Cronache da Absurdia

XIII. L'incubo di Hans


E’ stata una notte inquieta. Ho fatto un sogno molto particolare: mi trovavo in Ghetulia [grande continente del Pianeta all’Incontrario, popolato per la maggior parte da genti dalla pelle scura. Ricca di risorse naturali ma poverissima a causa dello sfruttamento dei bianchi, la Ghetulia è devastata da guerre continue ed incessanti; N.d.A.] con un gruppo di studenti miei connazionali (o di ricercatori, non ricordo più bene), e la mia missione consisteva nell’aiutare i più poveri; era scoppiata un’epidemia di non so che cosa, e noi dovevamo consegnare i medicinali a quella povera gente. L’azione non si svolgeva però al giorno d’oggi, bensì qualche decennio addietro. Visitavo i quartieri più degradati assieme al mio gruppo di lavoro, composto prevalentemente da ragazze, e dovunque vedevo fame, denutrizione, squallore, degrado; un puzzo indescrivibile di morte e decomposizione regnava su persone e cose. Ora, per uno strano scherzo del destino, le medicine che noi avevamo il compito di distribuire non servivano solo a curare quella terribile pestilenza che aveva già mietuto centinaia di migliaia di vittime, ma anche ad evitare gravidanze indesiderate. Prendevi un’unica pastiglia una sola volta nella tua vita e non dovevi più preoccuparti di nulla: si trattava di una sorta di rimedio perenne, era una specie di sterilizzazione indolore, anche per il portafoglio. E al tempo, nel nostro Paese d’origine, abortire era considerato illegale, e pertanto legalmente perseguito. Risultato: le più abbienti potevano permettersi il lusso di andare ad abortire nelle cliniche di lusso ementaliane [ = di Ementalia, ricca nazione del Pianeta all’Incontrario. Importante centro finanziario della Regione Unita, la coalizione di Stati di cui fa parte anche Absurdia; N.d.A.], mentre quelle meno fortunate dovevano arrangiarsi. O abortivano in clinichette improvvisate gestite da medici già impelagati con la giustizia, in condizioni igieniche inenarrabili, oppure si tenevano il bambino. Ora, nel mio gruppo di lavoro quelle pillole erano particolarmente ambite, e a un certo punto, come se l’azione si svolgesse al rallentatore, io vedo una di queste brave ragazze bianche che erano con me aprire una confezione del medicinale, estrarre il blister e mettersi in tasca una, due, tre, quattro pastiglie. Una scatola ne conteneva otto in tutto. E le confezioni erano contate. Ce n’erano pochissime. Solo quelle, ci avevano dato. Allora io, per ogni pillola così illegalmente sottratta, mi immagino la vita di uno di questi poveracci che viene gettata alle ortiche. Una, due, tre, quattro vite che non vengono salvate. Quattro persone, prese a caso tra questa povera gente, che non ce la faranno a vedere il domani. Faccio due occhi tanti, mi indigno, chiedo spiegazioni, e in cambio ottengo solo un: “Stai tranquillo, sono solo quattro misere pillole, chi vuoi che se ne accorga?”. Ma io non mi preoccupo di eventuali indagini o inchieste, so già per esperienza personale che noi bianchi qui in Ghetulia siamo visti come degli dei, e da tali difatti ci comportiamo; veniamo considerati intoccabili, e nessuno oserebbe neppure lontanamente sospettare di noi: è molto più facile ed indolore dare la colpa a qualche “negro ribelle” ostile alle spedizioni umanitarie (chissà per quale motivo, poi). Ma non riesco a dire nulla, non ce la faccio ad articolare le parole, la voce mi si strozza in gola.Passando per una grossa e pesante cancellata, entriamo nella zona in assoluto più povera e degradata della città. Costeggiamo un fiumiciattolo: le sue acque sono verdi a causa degli scarichi industriali; in lontananza si vedono ciminiere vomitare in continuazione un ammorbante fumo bluastro, mentre i gemiti dei moribondi riempiono l’aria. All’orizzonte, un malaticcio sole arancione sta per tramontare.