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Saggezza da samurai...


In una scuola di scherma giapponese i samurai sedevano in cerchio per la lezione di combattimento. L'esercizio prevedeva la difesaa a mani nude contro un avversario armato di spada. Il maestro fu il primo a sottoporsi alla prova, per mostrare ai discepoli la via da seguire. Venne perciò attaccato dal suo miglior allievo, lanciando un urlo da battaglia, lo attaccò senza il minimo riguardo. Mentre il fendente completava la sua parabola discendente, il maestro, invece di arretrare o scostarsi, avanzò verso il suo aggressore fino a ritrovarsi abbracciato a quest'ultimo; il colpo mortale fendente l'aria alle spalle del maestro. Il samurai sconfitto, ringuainò la spada nel fodero e si inchinò alla superiorità del maestro.Terminata la lezione, la classe dei samurai in addestramento, si recò in paese per una cerimonia; lungo la strada, essi vennero scherniti da una scuola rivale: " Ecco gli incapaci della scuola Gemma (questo era il nome della scuola) che non sanno neppure impugnare l'elsa". I samurai cadetti erano furiosi, ma il maestro proseguiva senza il minimo turbamento il suo cammino. La scuola rivale rincarò la dose: "Ehi, incapaci, come mai il vostro maestro si affretta, ha forse paura di rispondere? Gli manca il coraggio oppure è l'onore che gli sta poco a cuore?" I cadetti erano al limite della sopportazione, ma il maestro sembrava sordo agli insulti.Giunti sul luogo della cerimonia, solo il maestro vi partecipò con spirito sereno, gli altri cadetti erano ancora furiosi per gli insulti subiti.Terminato il rituale, lungo la strada di ritorno al dojo, il primo cadetto, colui che era stato sconfitto in precedenza, domandò al maestro come mai non avessero risposto alle provocazioni dei loro rivali, sfidandoli come era la consuetudine tra scuole opposte.Il maestro rispose: "Se si fosse trattato di una sfida, non mi sarei mai tirato indietro e avrei biasimato e ripudiato io stesso chiunque di voi l'avesse fatto; al contrario, di fronte a un attacco, biasimo ognuno di voi per non aver saputo schivarlo". Il discepolo era perplesso, ma non proferì verbo. Una volta rincasati, il maestro chiamò tutti gli allievi nella palestra degli allenamenti. "Attaccatemi tutti insieme" ordinò. Gli allievi pensarono scherzasse: erano venti samurai, seppure in erba, molto preparati,una sfida insormontabile persino per il loro maestro, ma quest'ultimo non volle sentire ragioni: "Attaccatemi!" I discepoli eseguirono e vennero colpiti dalla spada di legno del maestro uno a uno e da lui vinti, seppure impugnassero letali e affilatissime katane. Il maestro guardò i discepoli a terra e disse loro: "Avete perduto perchè avete tentato di schivare tanto le finte quanto gli attacchi reali, e non è questa la tecnica giusta. Un uomo non può schivare contemporaneamente in più direzioninè proteggersi ad ogni singola avvisaglia di minaccia. Dovete saper distinguere chi attacca, da chi vi reca doni". "Doni?" domandarono i discepoli. "In combattimento, ogni finta in cui non cadete è un "dono" che il vostro avversario vi fa per contrattaccare". Più tardi il maestro spiegò la sua politica riguardo alle offese: "Se qualcuno vi reca un dono, ma voi non lo accettate, a chi rimane quel dono?" "A chi lo ha portato" risposero gli allievi. "Lo stesso è per le offese subite: restano a chi le porta, se non le raccogliete e portate con voi". (Lorenzo Ait - Life Coach e Consulente Aziendale)Già....