La vita che vorrei

Ho deciso di fare il medico a 8 anni


Quante volte da bambino giocavi a fare l'insegnante, il cuoco, l'uomo o la donna di casa. La nostra Kardià giocava a curare gli ammalati. Costringeva coloro che giocavano con  lei a fingersi malati e lei li curava. Ha coltivato il suo sogno nel tempo ed oggi è divenuta un bravo dottore.Cosa l'ha convinto che fosse la strada giusta da intraprendere?Avevo otto anni e mio nonno si era gravemente ammalato. Mi proibirono di vederlo per paura che restassi sconvolto.. ma io un giorno riuscii ad entrare nella sua camera. Lo feci di nascosto. Lo sentii respirare affannosamente. Gli presi la mano e gli domandai cosa potevo fare. Mi disse dammi un sorso d'acqua ragazzo. Dopo aver bevuto tirò un respiro di sollievo. Mi guardò dritto negli occhi e disse con voce tremante sei un bravo medico. Aveva già intuito la sua predisposizione?No. Mi aveva confuso per il dottore. Decisi di fargli compagnia e giocai al dottore e al paziente. Nonno continuava a chiamarmi Dottore! E mi raccontava dei suoi dolori. Io fingevo di curarlo e lui mi ringraziava. All'improvviso però ebbe una crisi  respiratoria. Sembrava morto. Io iniziai a gridare Nonno svegliati non puoi dormire ora che sono con te.Ha chiamato aiuto?Non fu necessario. Mia madre udì il mio sgomento e venne in camera. Chiamò il dottore e mi mandò via. Fu l'ultima volta che lo vidi. Qualche giorno dopo morì.Che malattia aveva?Aveva un tumore che non fu diagnosticato in tempo. Era un caso raro a quei tempi. Non si poteva curare.. soprattutto nel paesino dove vivevo io non esistevano strutture idonei ad affrontare nemmeno il più frequente dei casi. Bisognava sperare solo che il dottore avesse il giusto intuito e che le eventuali medicine fossero rapidamente reperibili.Quindi lei oggi non è un semplice dottore?Io sono un oncologo. E nonostante ciò le posso assicurare che non esistono semplici dottori. Esistono dottori anche di medicina generale in gamba e coscienziosi.È stato difficile entrare nel lavoro?Non è difficile se si è disposti a fare dei sacrifici. Ci sono delle rinunce da fare. Bisogna mettere da parte i sentimenti e rimanere freddi in alcune circostanze.. ma questo non tutti lo capiscono e noi francamente non lo pretendiamo nemmeno. Sappiamo che i familiari dei pazienti sono travolti dal dolore e da profonde preoccupazioni. Ma posso assicurare che la nostra freddezza è solo apparente. È una maschera che ci aiuta ad accettare la sofferenza di chi deve imparare a convivere con queste malattie, con chi deve imparare a convivere con l'idea che gli resta poco da vivere. Il nostro lavoro si basa sulla passione per la vita. Il nostro obiettivo  è offrire una speranza di sopravvivenza.Resto senza parole dinnanzi ad un tale racconto. Sono pervasa da una profonda ammirazione e soprattutto voglio chiedere a chi è di competenza di migliorare le strutture ospedaliere e di aumentare la manodopera perché sulla salute non si può e non si deve risparmiare.