Chimayra

La mitica patria di Turno, re dei Rutuli


La più nota leggenda sulle origini di Ardea, cittadina non lontana dal litorale laziale, è quella di Danae che, chiusa in una cassa con il figlio Perseo da suo padre Acrisio, approdò proprio qui. Acrisio aveva interrogato l'oracolo per sapere se avesse mai potuto avere un figlio maschio e questi gli annunciò che il figlio lo avrebbe avuto Danae e che da questo suo nipote Acrisio sarebbe stato ucciso.Quando nacque Perseo, Acrisio non credette alla sua origine divina (l'eroe era figlio di Zeus, sceso sotto forma di pioggia d'oro sul grembo di Danae), per questo aveva chiuso madre e figlio in una cassa affidata alle onde del mare.I Romani credevano che Danae e Perseo fossero finiti, in prossimità del litorale laziale, nelle reti di alcuni pescatori che li portarono al re Pilumno. Quest'ultimo sposò Danae e con lei fondò la città di Ardea. Turno, re dei Rutuli, sarebbe stato uno dei discendenti di questa stirpe.Ovidio, invece, narra, nelle Metamorfosi, dell'airone, simbolo di Ardea, che rinasce dalle ceneri della città bruciata dai Troiani, vincitori dopo il duello tra Enea e Turno. Dionigi di Alicarnasso, infine, credeva che la fondazione di Ardea fosse dovuta all'eroe eponimo Ardeias, figlio di Ulisse e di Circe.
Il territorio dove sorge Ardea è sempre stato ricco di corsi d'acqua e, nell'antichità, era ricco anche di boschi e foreste di alberi dalle dimensioni notevoli. Questo ambiente favorì lo stanziamento di gruppi umani già dalla penultima glaciazione, circa 100.000 anni fa.Gli antichi facevano risalire le origini dei Rutuli, una popolazione locale, agli Etruschi. Rutulus, che vuol dire "rosso", è un nome etrusco e Turno, mitico re di Ardea, era tradotto in greco con Tyrrenos. La lingua di questa popolazione, inoltre, era molto simile a quella parlata a nord del Tevere e, pertanto, i Rutuli furono ritenuti Tirreni, vale a dire Etruschi. Massimo Pallottino, noto studioso dell'antica popolazione italica, ritiene che i Rutuli siano stati di stirpe latina, sebbene abbiano subìto un notevole influsso etrusco. I villaggi rutuli erano composti da piccoli gruppi di capanne a pianta ovale o circolare, con una struttura in legno, il tetto in paglia e le pareti di rami o canne ricoperte da intonaco di argilla.La particolare posizione geografica di Ardea, permise ai Rutuli di controllare le vie del traffico e di godere dei benefici dei traffici commerciali e culturali tra l'Etruria e la Campania, tra la costa e l'entroterra laziale. Sul litorale laziale, poi, gli antichi ricordano l'esistenza del celebre Afrodisium, un santuario cosmopolita dedicato a Venere ed uno dei più grandi empori commerciali dell'epoca, che permetteva il contatto tra il mondo latino e quello greco.
Lo scalo marittimo di Ardea era Castrum Inuii. Nel VII secolo a.C., con la fondazione della città e la sua organizzazione urbana si assistette ad un considerevole aumento demografico che fu favorito anche dai prosperi commerci e dall'artigianato locale, nonchè dalla bonifica dei terreni circostanti. Nel VI-V secolo a.C. Ardea aveva una superficie urbana di 40 ettari ed un territorio pari, per estensione, a quattro volte l'attuale. La popolazione stimata all'epoca ammontava ad 8.000 abitanti.Tito Livio racconta che, per impadronirsi del territorio e delle ricchezze dei Rutuli, i Romani attaccarono Ardea durante il regno di Tarquinio il Superbo. I Rutuli, però, respinsero l'attacco e la guerra si concluse, dopo la cacciata dei Tarquini da Roma e la caduta della monarchia, con un trattato di pace. Per rinforzare la città e proteggerla dagli attacchi dei Volsci, nel 422 a.C. venne insediata in città una colonia di Latini. Nel IV secolo a.C., prosegue Tito Livio, la città subì l'assedio dei Galli che avevano occupato Roma. Dopo aver sconfitto i Galli, i Rutuli, guidati da Furio Camillo, liberarono Roma. Nel 348 a.C., nel trattato romano-cartaginese, Ardea è nominata tra le città alleate di Roma. Nel III secolo a.C., durante la seconda guerra punica, Ardea fu una delle dodici colonie che rifiutarono ai Romani gli aiuti militari. In età imperiale la città fu nuovamente colonizzata dai Romani.
Durante il IX secolo, dopo un lungo periodo di decadenza, Ardea riprese a crescere in seguito al progressivo spopolamento delle domus cultae, piccoli centri agricoli fondati dai papi nelle campagne, con lo scopo di bonificare e coltivare il terreno, ed alla necessità di difesa contro le scorribande dei Saraceni. Nel 1118 Areda ospitò papa Gelasio che fuggiva da Roma in seguito alla pretesa dell'imperatore Enrico V di aver confermati i privilegi concessigli nel 1111 da Pasquale II e di essere incoronato in San Pietro.Nel 1130 l'antipapa Anacleto II donò la civitas Areae ai monaci benedettini della basilica di San Paolo fuori le mura. Successivamente il controllo feudale della città fu oggetto di contesa tra le nobili famiglie romane. Nel 1419 papa Martino V donò la città alla sua famiglia, i Colonna. Il feudo passo poi ai Borgia per tornare nuovamente ai Colonna finchè, nel 1564, venne venduto ai CesariniTra i monumenti più importanti della città vi è, soprattutto, il cosiddetto Tempio dell'Acropoli, un edificio sacro di epoca arcaica dalle dimensioni notevoli (metri 33,40 x 21,70), che gli archeologi ritengono sia stato dedicato a Giunone Regina. Numerose terrecotte architettoniche arricchivano il tempio, a testimonianza di una vita ininterrotta per oltre 600 anni, a partire dal VI secolo a.C.. L'altro tempio dell'Acropoli, costruito in età ellenistica, si trova dove attualmente sorge la chiesa di S. Pietro.
In località Casalinaccio, non lontano da Civitavecchia, vi sono i resti di un altro tempio del VI secolo a.C., connesso ad una basilica di I secolo a.C.. Gli scavi del tempio furono effettuati negli anni trenta dello scorso secolo e riportarono alla luce il podio del santuario (metri 1,80 di altezza) formato da tre filari di blocchi di tufo poggiati direttamente sulla roccia. La basilica, una delle più antiche in Italia, venne costruita nel 100 a.C. per dare accoglienza ai pellegrini in visita al tempio.Nell'area sacra del Colle della Noce è stato individuato un tempio il cui arco di vita va dal VI secolo alla prima metà del I secolo a.C.. L'edificio era diviso tra: il pronao (o parte anteriore, pars antica) con otto colonne su due file; la parte posteriore (pars postica), con una cella centrale e due laterali, forse destinata ad accogliere i simulacri delle divinità alle quali era dedicata. Il tempio era costruito con mattoni ma aveva un'intelaiatura lignea, come di legno erano le colonne. Era riccamente ornato con lastre di terracotta a colori vivaci (rosso, nero e bianco avorio). Sotto il piano di calpestio del tempio sono, poi, emerse delle tracce di fori di pali e canalette che permettevano il deflusso delle acque, appartenenti a due capanne dell'Età del Ferro. Una di esse sorgeva sul punto più elevato, al centro della collinetta del Colle della Noce, con ingresso ad est. Anche il tempio presenta lo stesso orientamento. Sono state ritrovate, inoltre, numerose tracce di altre capanne, finora ne sono state identificate quattro.