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BALLA LA MIA CANZONE


ll solito film frantuma scatole su quanto il disabile sia sfigato, oppure la patetica fiaba a lieto fine in cui la bellona patinata viene schiaffata su una sedia rotelle (o al limite inforca un bastone bianco) e puff ! viene trasformata in disabile. Col cavolo penso io (non ho pensato la parola cavolo lo ammetto, ma sorvolerei sulle scelte lessicali del mio cervello arrabbiato), noi non siamo così. Affatto.Abbiamo punti  ovunque che ad unirli tutti  si vincerebbe un borsone, piedi storti tozzi degni di una cenerentola con ritenzione idrica, e ben che ci vada solo un po’ di scoliosi.Non ho voglia di sorbirmi una melensa storia d’amore e riscatto, mi dico mentre sto infilando già il dvd nel lettore; ma è troppo tardi e il film parte.La protagonista  mi cattura subito, lei non finge di essere una di noi, lo è.Interpreta se stessa poichè non potrebbe essere nient’altro che questo: si cambia solo il nome scegliendo Julie.  Julie è esile, minuta e spastica con forti distonie, quasi rachitica: quando mangia deve essere imboccata,  lavata e vestita come si fa con i neonati. Ma loro sono belli e sani, lei no, e ciò mi fa entrare in empatia con lei nonostante abbia una condizione fisica drasticamente migliore, certe sensazioni le condivido nel profondo con chiunque viva una disabilità..e continuo ostinata la visione. 
 Julie comunica solo tramite un sintetizzatore vocale, vive sola con un’assistente crudele Madelaine (Joey Kennedy), che pone rimedio alle sue esigenze fisiologiche, la veste e la nutre non senza rimarcare quanto fa schifo vederla mangiare. Poi se ne va e lei resta lì. I giorni scorrono lenti e sempre uguali. L’amore non è concepibile per lei, nè tantomeno il sesso. Ma poi qualcosa accade: nella sua vita arriva Eddie (John Brumpton). Inizia una lotta serrata tra l' assistente Madelaine e la protagonista per l’amore del principe azzurro che  si innamorerà proprio di Julia, la quale vedrà in lui il riscatto di una vita di dolore.Il sentimento tra Julia e Eddie non è compassione nè amicizia, è legame forte che contempla la sessualità, qualcosa che rompe gli schemi ancor oggi dopo tredici anni, scardinando le concezioni abituali del disabile malato da compatire.Memorabile la scena in cui Heather/Julia si fa sollevare e invita l’attonito Eddie ad amarla.  
Questo film del 1998 si intitola Balla la mia canzone (Dance me to my song), coprodotto da Domenico Procacci e realizzato da Rolf De Heer, autore olandese residente in Australia. Rolf De Heer non è nuovo a film di questo tipo; è autore di film come Bad Boy Bubby, sulla disabilità psichica e La stanza di Cloe, viaggio emotivo  di una bambina con situazione famigliare complessa. Heather Rose, sceneggiatrice e attrice protagonista, è morta nel 2002 a 36 anni; è il quid in più che conferisce al film verità. Ella aveva una passione per il cinema, ideando questa sceneggiatura plasmandola su se stessa e sul proprio vissuto; mentre l’assistente diventa a suoi occhi la figura che abusa di una creatura inerme, allo stesso modo la figura maschile rappresenta il sogno proibito divenuto carnale, la giusta rivincita per lei che ha perso tanto dal primo vagito in poi. 
Non ho sprecato di certo il pomeriggio, mi dico che nel bene o nel male l’importante è parlarne. Valentina Boscolo