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Un sapore di ruggine e ossa


"Sì sì ok, un gran bel filmone premiato da critica e pubblico, lo guarderò, un giorno"E' questo che ho pensato quando mi hanno parlato di "Un sapore di ruggine e ossa " di Jacques Audiard . E' una pellicola nata oltralpe, uscita in Italia nell'ottobre 2012; chi mi conosce sa che detesto le storie che trattano il binomio handicap-amore/sessualità in maniera pietistica e finta, motivo per cui sono sempre riluttante ad esaminare tali film.L'opera di Audiard però parla di un tema portante che supera quello della disabilità: il dolore. Ali, il protagonista maschile, è uno squattrinato con un bimbo piccolo. Va a vivere dalla sorella ad Antibes in Francia dove trova lavoro come bodyguard. Una sera, fuori dal locale, incontra Stéphanie (il cui volto è di Marion Cotillard),bellissima donna, un po' snob e molto sicura di se.
Mai due mondi potrebbero essere più diversi: lui grezzo uomo senza una lira, lei donna indipendente e altera; ma si sa, laddove la cultura separa, ci pensa il destino ad unire.Stèphanie lavora in un parco come addestratrice di orche, ma un giorno rimane vittima di un incidente che, rendendola paraplegica, stravolgerà per sempre la sua vita.I due ragazzi finiranno per avvicinarsi, in una stranissima compartecipazione al dolore l'uno dell'altra (più psicologico che fisico), che culminerà in un fortissimo e specialissimo legame.
Personalmente, pur rimanendo diffidente verso questo genere di storie (troppo facile far impersonare il ruolo della disabile ad una bellona come la Cotillard, che guarda caso interpreta una paraplegica- il classico clichè), ho trovato questa vicenda intensa, malinconica e cruda, molto lontana dal solito film sociale tendente al roseo lieto fine.La storia, ispirata ad una serie di racconti di Craig Davidson, propone un fortissimo linguaggio corporeo e anche sessuale che vale più di mille dialoghi.Ho adorato la fotografia e, come sempre, il cinema francese si riconferma ad una spanna sopra tutto il resto. 
 Valentina Boscolo