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L'AMORE DI LOREDANA - Romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli.


L’AMORE DI LOREDANA – Romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli.   ImmagineGargnano del Garda – Pescatori…Cliccare sull’immagine per ingrandire.… seguito PRIMA PARTE***Quarte puntata (seguito del post 204) Ogni giorno si tornava daccapo; il carattere passionale d'Adolfo s'accendeva e s'inveleniva; il giovane avrebbe voluto che la signora De Carolis intervenisse a favore di lui, ma la mamma giudicava con la testa della figlia, e non ricordava nemmeno di averla rimproverata una volta in diciotto anni. Anzi, vedendo che la figlia era triste, anche la signora De Carolis cominciava a pensare, senza avere il coraggio di dirlo, che Adolfo era brutale; e si pentiva d'avere accolta e favorita la proposta della famiglia Gianella, che voleva unire i due giovani. Non si poteva negarlo: la pace della casetta bianca era stata turbata da Adolfo Gianella; Loredana, sempre allegra, aveva mutato carattere per colpa di lui; egli, geloso, inquieto, pieno di sospetto, guardava tutti in cagnesco, non voleva che si andasse a teatro, s'irritava per la spensieratezza di Loredana, l'offendeva con incessanti osservazioni, pretendeva ch'ella fosse già grave e prudente come una madre di famiglia, e infine, anche nei momenti buoni, era querulo e noioso, pedante e meschino.Per quel contrasto incessante, la fanciulla era accasciata; e più d'una volta Filippo la trovò con gli occhi rossi e gonfi.- Non bisogna sposarlo, sa? - egli diceva recisamente. - È un matrimonio impossibile. Che cosa farà quel ragazzo quando sarà suo marito e avrà i diritti più stupidi e più antipatici? Vuole che parli io con la mamma?La fanciulla non aveva il coraggio di togliersi da quella situazione tormentosa: tutta la famiglia Gianella, madre, padre, zii, cugini di Adolfo, le stavano attorno, magnificando le virtù del giovane, facendo disegni per l'avvenire, dimostrandosi tanto sicuri, tanto lieti per quel matrimonio singolarmente felice, che Loredana soffocava e taceva. Ma non si sarebbe potuto trovare un uomo il quale fosse più di Adolfo incapace di comprenderla, tanto che essa, buona con tutti, era sempre con lui irritata, nervosa, dolente.Da ultimo egli voleva anche legger le lettere ch'ella riceveva dalle amiche, delle quali non si fidava punto; una mattina, mentr'egli s'era recato a dare il buon giorno alla fidanzata, sopravvenne il portalettere, e Adolfo s'impadronì della posta, aperse la lettera d'una ragazza che scriveva a Loredana da un paese della provincia, domandò notizie delle persone ch'eranvi ricordate, e finì col mettersi la lettera in tasca. Quando giunse Filippo verso sera, la fanciulla vibrava ancora tutta di sdegno e d'ira; raccontò ogni cosa all'amico, anche quel che aveva taciuto fino a quel giorno, le angherie, le taccagnerie, la diffidenza oltraggiosa, la gelosia irragionevole, la presunzione di Adolfo.- Non lo voglio, non lo voglio, non lo voglio! - esclamava con gli occhi sfavillanti di rabbia.- Qualunque cosa piuttosto di questo matrimonio! Mai, mai, mai!Filippo aveva ascoltato in silenzio, guardando il pavimento a piastrelle bianche e rosse e segnando col piede il ritmo d'una marcia. A un tratto sollevò il capo, afferrò le mani dell'amica, e chiese:- Vuole venire con me?La fanciulla non capì subito.- Dove? - ella domandò.- Via, lontano, fuori di Venezia, per sempre! - incalzò Filippo.- Fuggire? Fuggire con lei? - ella disse sottovoce, già tremando senza saperne la ragione.- Mi ascolti, - mormorò Filippo.Andò fino al limitare della saletta, vide che la mamma leggeva attentamente un libro mal rilegato, e continuò, tornando presso Loredana:- Quella che noi chiamiamo amicizia, non è che amore. Se n'è accorta?Essa, ferma e fissa, con gli occhi spalancati, non rispose.- Me ne sono accorto io, - proseguì Filippo. - So che ti amo, sento che ti amo, sento che noi possiamo essere felici. Io non posso sposarti; capiscimi bene, non posso sposarti perché tutta la mia famiglia ci darebbe tali e tanti dispiaceri, che, in confronto, ciò che hai sofferto finora ti sembrerebbe una gioia. Sono ignoranti, caparbi e feroci.... Ma ti offro lo stesso il mio amore e la mia vita.... Anch'io sono stanco; anch'io non posso più trascinare questa esistenza tormentosa e inutile. Dimmi che accetti, e saremo felici.... Partiremo subito....Loredana tolse le mani dalle mani di Filippo e si alzò in piedi: fece alcuni passi come per uscir dalla camera, ma sì fermò e si addossò al muro; piangeva in silenzio e le lagrime le scendevano giù per le guance.Filippo le si avvicinò di nuovo. Era pallido e la sua voce tremava. Disse:- Sei offesa?Ella negò con un movimento del capo.- Allora non mi ami d'amore, come ti amo io?La risposta non venne. Loredana guardava l'amico attraverso il velo delle lagrime. Egli fece un passo come per allontanarsi, ma la fanciulla, rapidamente, istintivamente lo trattenne con un gesto.- Sì, l'amo anch'io, - ella mormorò sottovoce.Filippo l'afferrò per il busto e la baciò sulla bocca.- Pensaci, - disse. - Pensa che saremo tanto felici.... La mamma perdonerà. Ti vuol troppo bene per condannarti. Capirà che tu avevi il diritto di vivere, di sottrarti a un avvenire spaventoso. Tu saprai farti perdonare, non è vero? poiché conosci la strada per giungere al cuore della mamma! Dimmi che accetti, e partiremo subito...Essa, sempre addossata al muro, sempre immobile, con gli occhi pieni di lagrime, non rispondeva. Ma una scampanellata fece sussultare lei e Filippo. La fanciulla s'asciugò prestamente gli occhi, e corse nella saletta.- Deve essere Adolfo, - ella disse alla mamma. - Io ho l'emicrania, non voglio vederlo, mi chiudo nella mia camera!La mamma sospirò e alzò lo sguardo al soffitto. Loredana tornò da Filippo, gli strinse le mani, mentr'egli la baciava ancora sulla bocca.- Pensaci! – ripeté Filippo.Ella fece un gesto vago e scomparve, per chiudersi nella sua cameretta.Adolfo Gianella saliva le scale, e Filippo udendone il passo, diceva con la signora De Carolis:- Mi dispiace molto che la signorina sia indisposta; spero non sarà nulla....- È malata? - chiese Adolfo sopraggiungendo e salutando Filippo con un saluto freddo e un'occhiata dì sbieco, - Dov'è stata ieri sera? Avrà preso freddo, o avrà mangiato qualche cosa d'indigesto...Filippo se ne andò subito, e senza volerlo si disse, ridendo dentro:- Tu, dovrai mangiare fra poco qualche cosa d'indigesto!...Ripensò, quella notte, all'idea della fuga, balenatagli così di repente; e più vi pensava e più gli pareva buona. La signora De Carolis non avrebbe osato nulla contro la figlia adorata; Adolfo avrebbe trovato una consolazione nel pensiero che una fanciulla capace di scappar col conte Vagli non era degna di lui.... Infine, la cosa si sarebbe saputa da pochi, malamente, e si sarebbe sminuita, polverizzata per così dire, nel classico pettegolezzo veneziano. Filippo trovava l'onestà della sua disonestà; amava Loredana; sentiva che le sarebbe stato fedele, che l'avrebbe fatta contenta, ch'ella non avrebbe sofferto, e poiché di matrimonio era assurdo parlare a causa dell'opposizione formidabile che avrebbe trovato in famiglia, la fuga, una fuga prudente, senza troppo scandalo, senza chiasso, metteva termine a una situazione insopportabile per lui e per la piccola amica.Gli venne anche il pensiero di Fausta; ma la disgraziata donna s'era in quel periodo di tempo totalmente perduta agli occhi di lui, pel suo strano contegno d'umiltà, nel quale egli non capiva nulla. Egli pensava con rammarico alla devozione della sua amante: Fausta non era fatta per obbedire, per tacere, per soffrire; ogni donna ha il suo fascino e il suo destino. L'asservimento aveva smorzato la bella fiamma di quegli occhi cilestri e tolto al viso il colorito della fresca giovinezza.- È veramente doloroso, - pensava Filippo, - ch'io non possa amarla!A poco a poco, ribadita dal conte, l'idea della fuga conquistava anche Loredana; nulla pareva più dolce che la vita con Filippo, e la fanciulla non trovava termini di paragone se non nella paura di quel matrimonio. Adolfo aveva svelato un nuovo difetto, insolito in un giovane: l'avarizia.Egli spiegava certe sue miserabili economie con la necessità di aver denaro pel giorno degli sponsali, d'aver molto denaro per far bella figura; ma la fidanzata gli credeva poco, e notava, senza volerlo, quasi arrossendo, che intanto lo spirito gretto di lui si rivelava nei regalucci ch'egli le faceva e che sarebbero rimasti in casa a fare non bella, ma triste figura. Egli anche - aveva scoperto Loredana, ormai maestra di scoperte incresciose - egli mangiava troppo, ingordamente, magnificando la bontà delle salse e dei sughi. La madre sua si beava vedendolo così allegro, con un appetito quasi insaziabile; e Loredana, per non odiare l'uno e l'altra, inventava un'emicrania ogni qualvolta la signora Gianella l'invitava a pranzo.Sui primi di maggio, quando la ragazza pensava di farsi qualche abitino nuovo e di comperarsi qualche piccolo oggetto d'eleganza, Adolfo decretò che gli abiti e i cappelli dell'anno precedente, ritoccati qua e là, potevano servire ancora; e la petulanza del fidanzato le sembrò tanto grave, che senza ribatter verbo, ella si ritirò nella sua camera e vi restò fin che Adolfo non se ne fu andato. Ma egli giudicava quei malumori con la presunzione di un esperto conoscitore di donne, sorridendo e aspettando che la bufera si calmasse.Era ben lungi dall'immaginare che proprio quel giorno, otto maggio, qualche cosa di terribile e d'irreparabile doveva avvenire nella vita di Loredana. Sua madre l'aveva lasciata sola in casa, dopo la visita di Adolfo; la donna di servizio era andata alla stazione a incontrare il fidanzato che giungeva a Venezia per passarvi alcuni giorni di vacanza. Loredana non doveva aprire ad alcuno e stava nella sua camera, sdraiata sul lettuccio, leggendo un romanzo. Verso le quattro udì una scampanellata; corse al balcone, vide Filippo, e la tentazione fu troppo forte: andò subito a tirare il cordone e la porta si spalancò innanzi al conte, che credeva di trovar la fanciulla con la mamma.Quando seppe ch'era sola, egli la guardò in silenzio ed ella guardò lui; le loro bocche si unirono e così, dopo tre anni, la piccola amica diventò la piccola amante. Quella medesima sera, la fanciulla andò a teatro con la madre e un'altra signora. Aveva il suo abitino rosa lievemente scollato e un cappellino di paglia rossa a tricorno, sotto il quale i capelli parevano più bruni e i riflessi più dorati. Ella stava attentissima alla rappresentazione, «L'amore ricama», una commedia francese in tre atti; teneva gli occhi fissi alla scena, la bocca dalle labbra purpuree un poco schiusa. Filippo la vide e fu colpito da quell'atteggiamento ingenuo, quasi infantile, come se un'altra anima, la vera anima della giovinezza indifesa, si fosse sovrapposta a quella ch'egli conosceva. Sentì il rimorso per ciò che aveva osato poche ore innanzi, nella cecità della passione e dell'egoismo.Ma l'atto finiva e parecchi spettatori alzandosi e volgendosi guardavano la fanciulla con ammirazione.- Imbecilli! - mormorò Filippo, guardando a sua volta Loredana, sorridente e bianca sul fondo scuro del palchetto. - È mia! E la certezza di quell'amore tacito e misterioso, pericoloso e crudele, poté meglio d'ogni altro pensiero. Filippo stette un istante a fissar la folla in platea, la quale, ammirando la piccola amante non osava sospettare ch'ella conoscesse già i baci, tutti i baci d'un uomo; e la stupidità della moltitudine; non gli sembrò mai più amena.Due mesi erano passati da quel giorno indimenticabile, quando, sui primi di luglio, Loredana si decise, e abbandonò la casetta bianca sul campiello solitario per seguire Fine quarta puntata del Romanzo.Buona lettura.