CINEFORUM BORGO

Cineforum 2010/2011 - 10 maggio 2011


VALLANZASCA - GLI ANGELI DEL MALERegia: Michele PlacidoSoggetto: Carlo Bonini, Renato Vallanzasca, Antonella D'Agostino, Andrea Purgatori, Angelo PasquiniSceneggiatura: Michele Placido, Gerardo Amato, Andrea Leanza, Kim Rossi Stuart, Toni Trupia, Antonio Leotti, Antonella D'Agostino (collaborazione)Fotografia: Arnaldo CatinariMusiche: NegramaroMontaggio: Consuelo CatucciScenografia: Tonino ZeraArredamento: Daniela ZorzettoCostumi: Roberto ChiocchiEffetti: Mauro MaccariInterpreti: Kim Rossi Stuart (Renato Vallanzasca), Valeria Solarino (Consuelo), Filippo Timi (Enzo), Paz Vega (Antonella D'Agostino), Moritz Bleibtreu (Sergio), Francesco Scianna (Francis Turatello), Toni Pandolfo (Spaghettino), Gaetano Bruno (Fausto), Nicola Acunzo (Rosario), Stefano Chiodaroli (Armando), Lino Guanciale (Nunzio), Federica Vincenti (Giuliana), Monica Barladeanu (Nicoletta), Lorenzo Gleijeses (Donato), Gerardo Amato (padre di Renato), Lia Gotti (Carmen)Produzione: Elide Melli per Cosmo Production/20th Century Fox ItaliaDistribuzione: 20th Century Fox ItaliaDurata: 125’Origine: Italia, 2010(……) Non si può fare un cinema spettacolare e d’immaginario qui da noi, per questo per farlo, bene, sul bandito Giuliano è dovuto arrivare il genio (incompreso) di Michael Cimino. Perché il cinema vero, bello, emozionante, che esplode nelle viscere lo spettatore, da sempre lo si fa con i cattivi. Con i magnifici cattivi. Quelli sfaccettati, quelli che hanno un loro codice etico e che si distinguono da altri cattivi che invece, di etico, non hanno nulla. E’ la lezione del cinema hollywoodiano di sempre, e oggi che finalmente, dopo “Romanzo criminale” - che ha trascinato la “coda lunga” anche nella serie tv - abbiamo cineasti in grado di giocare sul terreno dell’immaginario nazionale con le armi del cinema pop, ecco che ci spaventiamo. E invece dovremmo restare ad occhi e bocca aperti. Perché con “Vallanzasca” Michele Placido, e Kim Rossi Stuart di fatto coautore del film, realizzano il nostro “Nemico pubblico”, solo che qui non siamo nell’America degli Anni Trenta ma nell’Italia degli anni Settanta, e più vicini ai poliziotteschi di quegli anni che al cinema civile che tanti vorrebbero ancora resuscitare (e lì a beccarci i film ‘di sinistra’ che ci spiegano il mondo e come è ridotta, poveretta, la nostra Italia: grazie, lo sapevamo… che noia).Kim Rossi Stuart in “Vallanzasca” di Michele Placido è giovane, bello, e vuol godersi la vita (proprio come l’eroe del film di Michael Mann). Entra ed esce dal carcere in continuazione, la stampa ne fa una star e il suo fascino cattura il pubblico femminile. Non è Johnny Depp ma è Kim Rossi Stuart, che regge il confronto. Solo che Placido non è Michael Mann, e lo sa, e scaraventa sullo schermo tutta la sua esperienza cinematografica, maturata proprio in quegli anni Settanta, sia come attore, poi regista, ma anche, crediamo, come attento spettatore/consumatore di cinema. Perché visivamente il film sembra molto ispirarsi al poliziottesco all’italiana, con quella forza quasi ‘naturalistica’ dell’azione, degli inseguimenti stile stuntman pre-digitale, e dobbiamo riconoscere che un inseguimento bello come quello che Vallanzasca fa al suo rivale Turatello (Francesco Scianna), in galleria, non lo vedevamo da “I padroni della notte”, ma stiamo parlando di James Gray, signori, uno dei più grandi cineasti viventi… Ma Vallanzasca è, soprattutto, un cinema fatto di materia, di corpi feriti, colpiti a morte, persino - ed è l’unico momento in cui l’eroe piange in tutto il film, - spappolati dall’auto che gli passa sopra fino a sentirne lo scricchiolio delle ossa che si rompono (omaggio, indiretto, all’omicidio di Pasolini?). E’ una furia umana che sembra avvolgere ogni cosa, ogni momento, ogni situazione. C’è sempre il sangue che scorre a fiumi, la violenza che genera violenza, ma dentro il grande contenitore Placidiano d’impianto cinematografico Doc (e le citazioni forti: i secondini picchiano forte Vallazasca in prigione, lui sanguinante si rialza sorridente, urlando “mio padre mena più forte”… ricordate Marlon Brando ne “Il selvaggio”?). C’è l’azione, della rapina continua, della fuga continua, il sesso, le droghe che arrivano a svalvolare i suoi compari (un Filippo Timi da ‘miglior attore non protagonista’ del Festival, già un flash luminoso in “The American”), e la famiglia, creata, sgretolata e vista scorrere davanti agli occhi, in una delle scene più intense e commoventi del film. La moglie Consuelo (Valeria Solarino), è con il figlio e con l’uomo, un imprenditore qualunque, che gli sta facendo vivere una ‘vita normale’. Vallanzasca li segue, li vede, sta per uscire dalla macchina e intervenire, ma qualcosa lo trattiene. E resta lì ad osservare la sua famiglia che ora è la famiglia di un altro, che vive una vita possibile, un’altra vita, non la sua. Sono attimi di puro cinema da brividi, stile “Carlito's way”, ma che se li gira un cineasta italiano non li scorgiamo, chissà perché. E infatti alla critica Placido non piace. Pazienza, sopravvivremo. Ma se il cinema italiano fosse davvero come il cinema di Michele Placido, forse avremmo un altro “immaginario collettivo”… chissà… Presi dalla visione, da questo cinema di pancia e cuore, non riuscivamo a capire come mai non avevamo mai notato questa attrice italiana così straordinariamente bella quanto straordinariamente brava che interpreta la “sorella” Antonella: poi scopriamo che è Paz Vega. Con lei si può solo fare cinema, che altro?...Federico Chiacchiari, Sentieri SelvaggiUn film, violento e crudele che non mitizza il famoso bandito, anche se a interpretarlo è Kim Rossi Stuart, che ha gli stessi occhi azzurri del vero Vallanzasca, bellissimo pure lui, tanto da far innamorare folle di donne senza speranza, essendo alloggiato in carcere con 4 ergastoli. Grande attore, Rossi Stuart (fosse stato in concorso a Venezia avrebbe vinto la Coppa Volpi) ne fa una figura inquietante, odiosa, proprio per i modi gentili verso i rapinati, per le terrorizzanti carezze e i sorrisi di ghiaccio prima di sgozzare la vittima.Quindi il film non mostra un eroe sia pure del male, ma un incallito assassino mosso da un’ansia distruttiva, uno sbruffone, un narcisista, un esaltato, un mitomane, un ignorante. Il film di Placido scorre veloce senza un momento di tregua. Roberto Nepoti, La Repubblica MICHELE PLACIDOFilmografia:Pummarò (1989), Le amiche del cuore (1992), Un eroe borghese (1994), Del perduto amore (1998), Un viaggio chiamato amore (2002), Ovunque sei (2004), Romanzo criminale (2005), Il grande sogno (2008), Vallanzasca - Gli angeli del male (2010)E’ stata una stagione piena di soddisfazioni… grazie a Voi, e arrivederci a ottobre!