CINEFORUM BORGO

Cineforum 2011/2012 - 11 ottobre 2011


BROTHERHOOD Titolo originale: BroderskabRegia: Nicolo DonatoSoggetto e sceneggiatura: Rasmus Birch, Nicolo DonatoFotografia: Laust Trier-MørchMusiche: Simon Brenting, Jesper MechlenburgMontaggio: Bodil KjærhaugeScenografia: Thomas RavnCostumi: Ole KofoedInterpreti: Thure Lindhardt (Lars), David Dencik (Jimmy), Nicolas Bro (Michael), Claus Flygare (Ebbe), Hanne Hedelund (madre), Lars Simonsen (padre), Morten Holst (Patrick), Signe Egholm Olsen (Karina), Jon Lange (Bo), Anders Heinrichsen (Lasse), Peter Plaugborg (sergente), Johannes Lassen (Kenneth), Martin Metz (Jonas), Sophie Louise Lauring (Sygeplejerske), Michael Grønnemose (Laust), Mads Rømer (Kim)Produzione: Per Holst, Thure Lindhardt, David Dencik, Nicolas Bro per Asta Film/Film I Väst, con il sostegno di The Danish Film Institute/Film FynDistribuzione: Lucky RedDurata: 90’Origine: Danimarca, 2009  Film nazi-gay doppio: una storia d'amore, e un ambiente che informa su quanto siano numerosi e brutali i gruppi neonazisti in Danimarca, persecutori di musulmani, omosessuali, poveri e altri "contro natura". “Brotherhood” (Fratellanza) è un film imperfetto che spiega il neonazismo con le frustrazioni, ma efficace e solido. Le due parti rimangono sempre distanti e la più bella, erotica, affettuosa, ricca di naturalezza, ben girata è quella amorosa.I gruppi neonazisti hanno e fanno tutto quello che si immagina: aggressioni notturne in branco (otto contro uno) di marchette o pachistani, pestaggi, saluti e inni nazisti, tatuaggi di aquile e svastiche, feste virili e vocianti con grandi quantità di birra. Il protagonista, umiliato dal proprio insuccesso nella carriera militare, dovuto forse all'omosessualità, si trova per caso in uno di questi gruppi: lo circondano di premure, gli offrono alloggio quando lascia la casa dei genitori, lo vogliono ufficialmente dei loro.Lui s'innamora di uno del gruppo, affascinante, bravo lavoratore e non violento: debbono essere molto prudenti, perché il gruppo non tollera i gay. Storicamente, nazismo e omosessualità hanno proceduto insieme, in un alternarsi di massacri, detenzioni, tentazioni e pratica: se la prima strage ordinata da Hitler fu quella delle SA raccolte con il loro capo in una festa erotica sul lago, se gli omosessuali venivano imprigionati nei lager, tra i nazisti l'omosessualità non sparì mai, come capita nelle milizie maschili ispirate al superomismo e all'estetica della fisicità. L'ostilità presente verso i gay, specialmente nei Paesi europei del Nord, si basa come sempre sulla diversità. I protagonisti di “Brotherhood” vengono denunciati dal fratello frustrato di uno di loro, pestati, scacciati: ma il loro legame d'amore non si spezza.Le sequenze amorose, s'è detto, sono davvero belle; il giovane regista Nicolo Donato, di padre italiano e madre danese, cresciuto in Danimarca, al suo primo lungometraggio mostra interessanti qualità.Lietta Tornabuoni, L’Espresso  Lars è un giovane militare allontanato dall'esercito dopo uno scandalo di natura sessuale. Rientrato a casa, non trova comprensione né aiuto nella sua famiglia borghese, che senza conoscere i motivi del suo esonero, lo vorrebbe reintegrato nella carriera militare. Un po' per noia e un po' per curiosità, Lars si avvicina a un gruppo neonazista, anche se sa che la propria sessualità non è gradita ai più. Accettato e apprezzato per la sua intelligenza e cultura, inizia a sentirsi a suo agio tra le teste rasate, e viene attratto da Jimmy, l'uomo forte del gruppo, che si prende cura del fratello tossicodipendente ed è ritenuto una colonna affidabile del movimento. Tra i due nasce una passione difficile da nascondere, e in qualche modo entrambi ne pagheranno le conseguenze.Un'opera prima come “Brotherhood”, nel nostro paese, è altamente improbabile. Non perché sia un capolavoro - a nostro avviso è un buon film, ma non eccezionale - ma perché si confronta con una storia, personaggi e tematiche realmente esistenti e attuali, invece che col proprio ombelico autoriale e con la propria voglia di mettersi in mostra. Nicòlo Donato è l'esempio di un cineasta che ha una storia da raccontare, e invece di farlo nel modo patinato che sembrerebbe naturale per uno che ha un passato da fashion photographer (impossibile non ricordare gli esordi americani di tanti videomaker, glossy come le pagine delle riviste di moda e i videoclip) lo fa con un rigore, una necessità e un'essenzialità che sconcertano. Vedendo il film si è sempre un po’ sul chi vive, in attesa di un eccesso che non arriva mai. Lontano dagli stereotipi ma interessato all'umanità dei personaggi, Donato dimostra, senza moralismo e intenti didascalici, come l'incapacità di comprendere e accettare l'altro dia vita a mostri che finiscono per divorarci. Forse proprio perché il suo è il punto di vista di un uomo intelligente, che fa proprio il motto "Homo sum, humani nihil a me alienum puto", trova anche un finale paradossale in cui si confonde definitivamente la linea tra buoni e cattivi, e l'intolleranza che colpisce a caso e ciecamente non ha colore né ideologia.Possono fare anche sorridere questi naziskin pasticcioni e velleitari, improvvisati e impegnati solo in poco significative azioni dimostrative. Comprendiamo la loro solitudine, il loro sentirsi forti in quanto gruppo, i vuoti emotivi che la loro ‘fratellanza’ riempie. Non simpatizziamo con loro ma li capiamo. E anche questo è un merito del film. Così come capiamo l'amore che nasce tra due esseri umani, qualunque sia il loro orientamento sessuale. L'amicizia, il tradimento, il tabù, la passione: temi affrontati da sempre in letteratura e al cinema e dunque non originali, vengono trattati da Donato con uno sguardo inedito e profondamente immerso nella società in cui vive. Il paesaggio freddo e desolato, con quella casa di legno in riva al mare gelido (teatro ai nostri occhi di impossibili e liberatorie nuotate), previsto ostello per ospiti stranieri e imprevisto nido d'amore, è la metafora perfetta di un mondo che si riscalda soltanto vedendo scorrere il sangue. Bravi e credibili gli attori, soprattutto l'intenso David Dencik nel ruolo di Jimmy, belle le musiche (pure composte dall'autore), e perfetta la durata: non sarà un film indimenticabile, ma ci sembra - per tornare al discorso dell'inizio - che abbia molto di quello che manca alle nostre opere prime, e spesso anche alle seconde e alle terze.Daniela Catelli, Coming Soon  NICOLO DONATOFilmografia:Brotherhood (2011)  Martedì 18 ottobre 2011:     ANOTHER  YEAR di Mike Leigh, con Jim Broadbent, Ruth Sheen, Oliver Maltman