CINEFORUM BORGO

Cineforum 2014/2015 | 17 febbraio 2015


ZORAN, IL MIO NIPOTE SCEMORegia: Matteo OleottoSoggetto: Daniela Gambaro, Pier Paolo Piciarelli, Matteo OleottoSceneggiatura: Daniela Gambaro, Pier Paolo Piciarelli, Matteo Oleotto, Marco PettenelloFotografia: Ferran Paredes RubioMusiche: Antonio Gramentieri,  Sacri CuoriMontaggio: Giuseppe TrepiccioneScenografia: Anton Spacapan Voncina, Vasja KokeliCostumi: Emil CerarEffetti: Paola Trisoglio, Stefano Marinoni, Visualogie Suono: Emanuele Cicconi (presa diretta)Interpreti: Giuseppe Battiston (Paolo), Teco Celio (Giustino), Rok Prasnikar (Zoran), Roberto Citran (Alfio), Marjuta Slamic (Stefania), Petar Musevski (Notaio), Riccardo Maranzana (Ernesto), Ivo Barisic (dottor Vrtovec), Jan Cvitokovic (Jure), Maurizio Fanin (Jozko), Mirela Kovacevic (barista), Ariella Reggio (Clara), Rossana Mortara (vigilessa), Doina Komissarov (Anita), Sylvain Chomet (guru delle freccette), Karolina Cernic, Marco Valdemarin, Pierpaolo Bordin, Giorgio Wenigg, Joze Bukovec, Bogdana Bratuz, Marc Biscontini, Paolo Boro, Luigi Spessot, Alessandro Gregorat, Alessandro Bressan, Ruggero Giraldi, Fabio Comelli, Enrico Luca, Erminio Amori, Massimo Devitor (coro)Produzione: Igor Princic per Transmedia/Staragara in associazione con Arch Production & Transmedia ProductionDistribuzione: Tucker FilmDurata: 106’Origine: Italia, Slovenia, 2013Premio FEDIC, Premio Schermi di Qualità, Premio del pubblico "Rarovideo" alla 28. settimana della critica (Venezia, 2013); menzione speciale della Settimana Internazionale della Critica a Giuseppe Battiston. Come in un dipinto di Caravaggio un raggio di luce trapassa la finestra del bar in cui Paolo Bressan passa le sue giornate, trascinando il suo corpo disfatto tra un bicchiere di vino e l’altro, e lo illumina. Il messaggio di redenzione prefigura la rinascita e il cambiamento che sta per investire la sua vita. Zoran, la preziosa eredità di una zia slovena semi sconosciuta, entra nella sua vita come un angelo e con la sua disarmante semplicità lo sveglia dal torpore e gli concede la possibilità di essere un uomo nuovo.Paolo Bressan, l’alcolizzato dai modi rudi bistrattato da tutti gli abitanti del paesino friulano, è il prescelto. Dopo un rovinoso divorzio, vive allo sbando e sperpera tutti i suoi risparmi al bar, senza alcun controllo sulla sua vita e nessun desiderio di cambiarla. Quando le responsabilità bussano alla sua porta hanno il volto di un ragazzino di quindici anni, occhialuto e ben istruito, ma introverso e completamente inadatto alla vita sociale. Paolo e Zoran sono agli antipodi per carattere ed educazione, ma il rapporto conflittuale con la società e l’incapacità di trovare un posto nel mondo, li spinge a trovare l’uno nell’altro i tasselli mancanti per crescere e diventare finalmente uomini. L'inevitabile scontro iniziale e l'oppressione da parte dello zio Paolo sul giovane Zoran, attraverso i numerosi tentativi di conquistare l'amore e la vittoria in un concorso internazionale di freccette, non solo si risolvono in profonda complicità e affetto reciproco, ma ribaltano il rapporto di potere tra i due. Il percorso formativo di Paolo e Zoran non segue grandi viaggi o imprese titaniche, ma la vita semplice degli abitanti del paese friulano in cui si svolge la vicenda, e i tempi lenti in cui le giornate si susseguono l'una all'altra senza picchi emotivi, mentre ci si districa tra le attività abituali, come incontrarsi in un bar per bere insieme, cantare nel coro locale o giocare con le freccette. I personaggi si muovono lentamente alternando la disillusione alle piccole gioie che regalano i rapporti umani e Paolo e Zoran imparano a fare lo stesso, stando insieme e lasciandosi alle spalle i lutti e i fallimenti del passato. Senza la pretesa di creare una storia memorabile, Matteo Oleotto porta sullo schermo ciò che conosce meglio. Dipinge la sua terra con i colori e che gli sono più cari, come il verde cupo delle colline e il rosso robusto del vino, e intesse lo sfondo ideale per un piccolo dramma familiare, in cui l'ironia nera di Paolo trova il suo contrappunto nei buoni sentimenti di Zoran, e la fotografia statica e affatto invasiva li conduce per mano verso la maturità spirituale.Valeria Brucoli, Sentieri Selvaggi Per quasi un secolo il territorio di Gorizia ha assistito a frizioni e scontri tra italiani e sloveni. La città divisa in due dal confine paragonata a Berlino tra rancori e risentimenti mai sopiti. Ora anche la Slovenia fa parte dell'Unione europea, il confine è solo un ricordo. Tutto tranquillo, se non ci fosse Paolo Bressan. Paolo si presenta come un alcolista corpulento, con un passato da sciupafemmine che gli è costato l'essere mollato dalla moglie, un presente in cui sembra intento a sciupare se stesso, e un futuro che sembra già sciupato dal passato. Lavora, si fa per dire, presso la mensa di un centro per anziani, il suo chiodo fisso è l'improbabile riconquista della moglie, il suo incubo i vigili che lo puntano ogni sera perché sanno che guida ubriaco. Una speranza si accende quando una zia, slovena e praticamente sconosciuta, muore e a lui spetta un'eredità. Non sono soldi,  è Zoran, una ragazzotto con occhiali enormi che parla un italiano arcaico, imparato da tre vecchi libri. Paolo non vede l’ora di scaricarlo in comunità, ma deve aspettare che la burocrazia faccia il suo corso. Solo allora si accorge del particolare talento di Zoran: tira le freccette con abilità mostruosa.  E se si potesse cavarne un po’ di Euro? Va subito detto che il racconto è spensierato, da canzone da osteria che magnifica le sorti del vino e rende funebri quelle dell'acqua. Del resto è l'osteria il palcoscenico prediletto da Paolo. E qui però cominciano le difficoltà perché il nostro eroe è un autentico cialtrone, profittatore e anche antipatico, una sorta di italiano medio all'Alberto Sordi con accento veneto e sbronza molesta. E anche l'entusiasmo alcolico rischia di essere arma a doppio taglio, e alla lunga si rischiano solo i postumi. Così si sorride in diverse occasioni di fronte a “Zoran”, ma talvolta la commedia sembra viaggiare con il freno a mano tirato per un protagonista triste e infelice contrapposto a una macchietta in salsa slava. Matteo Oleotto ci si è messo d'impegno per questa sua opera prima realizzata nelle terre natie dove è tornato dopo parentesi di studi di cinema romani. Lui stesso afferma di essere rientrato per occuparsi delle vigne di famiglia. Ma, come si dice, aveva fatto i conti senza l'oste perché il sacro furore dell'arte lo ha spinto a realizzare il suo film.Antonello Catacchio, Il Manifesto MATTEO OLEOTTOFilmografia:Zoran, il mio nipote scemo (2013) Martedì 24 febbraio 2015:C'ERA UNA VOLTA A NEW YORK di James Gray, con Marion Cotillard, Joaquin Phoenix, Jeremy Renner, Dagmara Dominczyk