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Messaggi del 04/11/2015

 
 

Cineforum 2015/2016 | 10 novembre 2015

Foto di cineforumborgo

MEDIANERAS - INNAMORARSI A BUENOS AIRES

Titolo originale: Medianeras
Regia: Gustavo Taretto
Sceneggiatura: Gustavo Taretto
Fotografia: Leandro Martínez
Musiche: Gabriel Chwojnik
Montaggio: Pablo Mari, Rosario Suárez
Scenografia: Luciana Quartaruolo, Romeo Fasce
Costumi: Flavia Gaitán
Effetti: Mariano Santilli
Interpreti: Pilar López de Ayala (Mariana), Javier Drolas (Martín), Inés Efrón (Ana), Carla Peterson (Marcela), Rafael Ferro (Rafa), Adrián Navarro (Lucas), Romina Paula (ex fidanzata)
Produzione: Natacha Cervi, Hernán Musaluppi per Eddie Saeta S.A./Pandora Filmproduktion/Rizoma Films/Televisió de Catalunya (TV3)/Zarlek Producciones
Distribuzione: Bolero Film
Durata: 95'
Origine: Argentina, 2011

Nello scenario di una Buenos Aires disordinata e sconclusionata, anche dal punto di vista architettonico, vivono Martín e Mariana. Lui è un web designer le cui nevrosi e fobie lo costringono a vivere barricato nel suo appartamento, schiavo di una realtà virtuale. Lei, una vetrinista vittima di turbamenti e ossessioni, è appena uscita da una lunga relazione. I due, sebbene vivano in due edifici vicini, nella stessa strada e frequentino gli stessi luoghi, non si sono mai accorti l'uno dell'altra e non si sono mai incontrati. Tuttavia, ciò che li separa è proprio ciò che farà sì che i due si incontrino.
Che cosa ci rende più soli? Le fobie e i dolori della vita che spingono a rinchiuderci in noi stessi o l’anonimato e la disumanizzazione delle città che finiscono per impedire ogni comunicazione interpersonale? “Medianeras - Innamorarsi a Buenos Aires” dell’argentino Gustavo Taretto si interroga su questi temi con la leggerezza della commedia e lo stile del film d’autore raccontando la storia di due single che vivono praticamente uno di fronte
Lui è Martin (Javier Drolas), fobico in via di guarigione, incollato al suo computer con cui si guadagna da vivere (crea siti web per professionisti, a cominciare da quello del suo analista) e ancora timoroso del mondo esterno. Lei è Mariana (Pilar López de Ayala), architetto che campa allestendo vetrine, ancora segnata dall’ultima, disastrosa storia d’amore. Entrambi passano la maggior parte del tempo nei loro appartamenti - un monolocale per lui, due stanze per lei - rifugio e prigione insieme dentro una città affollata e spersonalizzante. Perché il terzo protagonista del film è proprio la capitale argentina, il suo sviluppo urbanistico spropositato («una citta sovrappopolata in un paese sottopopolato»), le sue ambizioni architettoniche, le pareti a specchio e i muri scrostati, i mega-appartamenti per la borghesia ricca e potente e i minilocali dove si fa fatica a muoversi e ci sente inquilini di passaggio. Una città strana, con storie strane come quella del grattacielo costruito apposta per impedire, come vendetta, la vista sul verde a un palazzo i cui proprietari avevano rifiutato di concedere la figlia in matrimonio a chi sarebbe diventato un palazzinaro. Una città - come dice ancora il film - dove «l’irregolarità estetica diventa confusione etica». Ed è in questo continuo rimpallo tra la città e i suoi abitanti che Taretto conduce il suo gioco sentimentale, seguendo ora l’uno ora l’altra nei tentativi di sopravvivere alle proprie paure esistenziali e cercare un conforto amoroso. Lui s’imbarca in un’avventura con una dog sitter fin troppo sensibile ai guaiti dei suoi cani, lei prima fugge dall’appuntamento con un ‘collega di vetrine’ per cadere poi nella rete di un ‘nuotatore compulsivo’ incontrato in piscina. Anche se tutti e due finiscono immancabilmente per ritrovarsi da soli a interrogarsi sulla loro solitudine…
Ci vorrà una ‘ribellione urbanistica’ (aprire una finestra abusiva nelle ‘medianeras’, le pareti laterali cieche dei condomini) e una citazione cinematografica (la visione della scena finale di Manhattan, dove Muriel Hemingway spiega a Woody Allen che «bisogna aver fiducia nelle persone», costringendolo al suo primo sorriso) perché qualcosa cambi davvero nel destino dei protagonisti. E se un finale di speranza è praticamente obbligato, non altrettanto è il modo con cui il regista - esordiente nel lungometraggio dopo alcuni corti - conduce per mano lo spettatore, preoccupato soprattutto di trovare uno stile adatto a coniugare la voglia di commedia e lo sguardo da urbanista antropologo. Soluzione che Taretto trova in uno stile classico e piano, come di chi osserva la realtà da un postazione nascosta (un metaforico buco nel muro?) che si apre all’improvviso su scorci en plein air, dove si mescolano le passioni architettoniche di Mariana, le ossessioni abitative di Martin e il gusto visivo del regista, che se da una parte guarda a Woody Allen come maestro di ironia e di ‘complicazioni sentimentali’ dall’altro sembra preoccupato di nascondere il suo passato pubblicitario con un rigore autoriale molto ‘europeo’. Trovando alla fine una strada personale e interessante.
Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera

Buenos Aires: i grattacieli con le pareti di vetro e le baracche. I cinque vani con terrazza e le case a scatola da scarpe. Una città che volta le spalle al fiume, annuncia la voce fuori campo del giovanotto Martín. Imputa agli architetti tutti i malanni della società, soprattutto i suoi propri. Da dieci anni non esce di casa, vive davanti al computer progettando siti web. Il primo per conto del suo strizzacervelli, appuntamento due volte a settimana. Dedicato alle fobie, avremmo voglia di vederlo per intero: invece dobbiamo accontentarci del giochino che totalizza più clic. Si chiama Pills Out, perfetto per gli insonni che cercano di liberarsi dagli psicofarmaci, e invece di contare le pecore fanno partite di Pac Man con le pastigliette verdi e blu. Nel tempo libero, Martin fa un videogioco ispirato al Padrino: “Ho sconfitto otto volte la famiglia Corleone”. Sempre la voce fuori campo, non fastidiosa perché funziona come nei film di Wes Anderson. A differenza di quel che capita nei film italiani, dove serve a spiegare quel che lo sceneggiatore non è riuscito a mostrare, accompagna le immagini - splendide, il direttore della fotografia si chiama Leandro Martínez, un riconoscimento va anche ai montatori - con effetti comici. Le rare volte che Martin esce di casa, lo fa con un kit di sopravvivenza: psicofarmaci, coltellino svizzero, tre preservativi e tre film di Tati. Arduo, date le condizioni, trovarsi una fidanzata, anche se sul profilo Facebook il tuo status dice ‘disponibilissimo”. ‘Ragazzo incontra ragazza’ è l’inizio classico delle commedie romantiche. Il regista e sceneggiatore argentino Gustavo Taretto (...) la prende da lontano. Siccome sa scrivere e dirigere, piazza una bomba sotto il genere e regala un film originale (...) Serve una ragazza, tra un inserto a fumetti e l’altro: a questo neanche il regista più sperimentale in materia di storie d’amore può rinunciare. Ed ecco Mariana, architetta che per campare fa la vetrinista. Dopo un fidanzamento durato quattro anni si è comprata metri della plastica che serve per imballare servizi di piatti e televisori, e fa scoppiare le bolle a una a una. Fatti l’uno per l’altra, se solo riusciranno a incontrarsi.
Mariarosa Mancuso, Il Foglio

GUSTAVO TARETTO
Filmografia:
                        
Medianeras - Innamorarsi a Buenos Aires (2011)

Martedì 17 novembre 2015:    
BANANA di
Andrea Jublin, con Marco Todisco, Beatrice Modica, Anna Bonaiuto, Giorgio Colangeli, Gianfelice Imparato

 
 
 
 
 

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Un blog di: cineforumborgo
Data di creazione: 29/09/2007
 

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