CINEMA PARADISO

La sfida del Valle verso un nuovo inizio costituente da controlacrisi.org


La dif­fi­cile trat­ta­tiva intorno al destino del Tea­tro Valle che inau­gu­rerà in set­tem­bre una nuova fase ha fin qui dimo­strato che lo sforzo non sem­plice di man­te­nere tre anni di occu­pa­zione nel qua­dro di una con­sa­pe­vole lega­lità costi­tuente ha dato i suoi frutti. La piena inte­rio­riz­za­zione da parte dei “comu­nardi” di una genuina padro­nanza del tema giu­ri­dico ed isti­tu­zio­nale dei beni comuni ha favo­rito una inter­lo­cu­zione costrut­tiva e corag­giosa con l’amministrazione capitolina.Que­sta, a sua volta, ha dimo­strato corag­gio e capa­cità di ascolto nella scelta dei sog­getti più ido­nei a non far per­dere alla città di Roma una grande occa­sione per valo­riz­zare la pro­pria imma­gine inter­na­zio­nale. Mi giun­gono con­ti­nue, qui a Ber­ke­ley, le mani­fe­sta­zioni di inte­resse di col­le­ghi anche molto auto­re­voli per la vicenda Valle. “Occupy Oakland” è ormai uno sbia­dito ricordo, sic­ché i miei col­le­ghi sono col­piti dal fatto che in Ita­lia una espe­rienza coeva non abbia incon­trato i man­ga­nelli della poli­zia ma abbia piut­to­sto avuto il tempo di gene­rare cul­tura, anche isti­tu­zio­nale, nella forma della Fon­da­zione Tea­tro Valle Bene Comune.In che modo si pas­serà dal rico­no­sci­mento poli­tico lar­ga­mente otte­nuto in que­ste set­ti­mane alla costru­zione di una nuova isti­tu­zione del comune suf­fi­cien­te­mente matura per pro­vare ad inter­pre­tare una ine­dita forma di col­la­bo­ra­zione con le isti­tu­zioni del pub­blico è un pas­sag­gio che genera un cre­scente inte­resse anche internazionale.E’ chiaro che non pos­siamo per­met­terci un calo di ener­gia poli­tica e che anzi il cam­mino da set­tem­bre in avanti richiede il per­se­gui­mento con­sa­pe­vole di un obiet­tivo politico-istituzionale e non solo arti­stico. Vor­rei dun­que ini­ziare a discu­tere sulla que­stione dell’assetto giu­ri­dico defi­ni­tivo del Tea­tro Valle, qua­lora dav­vero, magari dopo un periodo tran­si­to­rio più o meno lungo in cui si pos­sono spe­ri­men­tare forme diverse di col­la­bo­ra­zione fra il Tea­tro di Roma e la Fon­da­zione Tea­tro Valle Bene Comune, si trovi la forza per imporre la spe­ri­men­ta­zione di un assetto isti­tu­zio­nale coe­rente con l’interesse della cul­tura e delle gene­ra­zioni future.29soc1 sotto vallePer noi giu­ri­sti si tratta di una ghiotta occa­sione pra­tica di imma­gi­nare un’istituzione cul­tu­rale bene comune, par­te­ci­pata e aperta. Più in gene­rale Roma ha la pos­si­bi­lità di rea­liz­zare un’esperienza di ammi­ni­stra­zione della cul­tura fon­data su una inter­pre­ta­zione forte, pro­prio per le ori­gini con­flit­tuali, del prin­ci­pio di sus­si­dia­rietà, pro­po­nendo un modello che potrebbe essere repli­cato nella ricon­qui­sta e nel governo dei beni comuni cul­tu­rali in tutta Europa. A tal fine occorre la forza anche morale di imporre la “desti­tuenza” al fine di costi­tuire un’istituzione giu­ri­dica del comune che sia genui­na­mente alter­na­tiva al “pub­blico” così come lo cono­sciamo oggi. Infatti, la strut­tura gerar­chica e con­cen­trata che carat­te­rizza l’amministrazione pub­blica fon­data su un potere buro­cra­tico, con­trol­lato sola­mente dalla Corte dei Conti, capace di limi­tare nei fatti la stessa azione poli­tica, è quanto di più lon­tano si possa imma­gi­nare rispetto al buon governo dei beni comuni.Gra­zie all’ occu­pa­zione si è scon­giu­rata la pri­va­tiz­za­zione ma il pub­blico auto­ri­ta­rio non è un nemico meno temi­bile dei beni comuni. Nelle set­ti­mane pas­sate si è par­lato di un pre­sunto danno era­riale creato dal paga­mento delle bol­lette del Tea­tro Valle. Un tale ragio­na­mento non sta in piedi. Qual­siasi ammi­ni­stra­zione del mondo met­te­rebbe la firma per orga­niz­zare a meno di 100.000 euro l’anno tre sta­gioni come quelle scorse al Valle! Tut­ta­via, il sem­plice fatto che l’argomento del danno era­riale abbia potuto essere seria­mente avan­zato da qual­che alto buro­crate comu­nale, dimo­stra come la stessa discre­zio­na­lità poli­tica sia assai limi­tata nel modello ammi­ni­stra­tivo verticale.E’ neces­sa­rio supe­rare que­sto modello ammi­ni­stra­tivo recu­pe­rando la fles­si­bi­lità di governo neces­sa­ria per qual­siasi pro­getto in cui la crea­ti­vità sia un valore. Nella cul­tura, nei tea­tri, nell’università la crea­ti­vità non può essere umi­liata. Essa va asse­con­data con un assetto isti­tu­zio­nale con essa com­pa­ti­bile. Si colga quest’occasione per uscire dal vec­chio schema: il Tea­tro Valle non sia più un bene pub­blico, appar­te­nente in modo pro­prie­ta­rio e dun­que auto­ri­ta­rio al Mini­stero, che con forme più o meno bizan­tine lo tra­sfe­ri­sce al Comune il quale a sua volta si sente respon­sa­bile di fronte alla Corte dei Conti della sua gestione, tra­mu­tando una grande espe­rienza cul­tu­rale in un incubo buro­cra­tico fatto di Mini­steri, Asses­so­rati, Sovrin­ten­denze, Uffici….Il Tea­tro Valle diventi dav­vero una prima espe­rienza a livello inter­na­zio­nale di bene comune uffi­cial­mente costruito come tale, con una gover­nance coe­rente con l’interesse di tutti. Per farlo, sap­piamo bene che esso va orga­niz­zato su un assetto pro­prie­ta­rio auto­nomo e “gene­ra­tivo”, capace di dif­fon­dere il potere senza con­cen­trarlo nelle mani di qual­cuno (sia esso un Mini­stro, un Sin­daco o un Asses­sore che in futuro potreb­bero essere bene meno lun­gi­mi­ranti di quelli attuali). Sap­piamo che si deve dare al Valle uno Sta­tuto (che è il Dna delle isti­tu­zioni) che metta al cen­tro prima di tutto l’interesse della cul­tura e delle gene­ra­zioni future. Gli ammi­ni­stra­tori del Valle dovranno seguire que­sto Sta­tuto e saranno con­trol­lati nella loro azione da quella grande agen­zia di con­trollo che è la par­te­ci­pa­zione. Esi­stono già oggi fior di strut­ture giu­ri­di­che adat­ta­bili a que­sto bisogno.Un modello potrebbe essere il tra­sfe­ri­mento del Tea­tro ad una Fon­da­zione in par­te­ci­pa­zione, (in Ita­lia il Fai è orga­niz­zato così) aggiu­stando natu­ral­mente lo sta­tuto in modo da ampliare la par­te­ci­pa­zione assem­bleare. Un’altra pos­si­bi­lità, vali­dis­sima e rico­no­sciuta in Ita­lia dalla Con­ven­zione dell’Aja del 1985, è la costi­tu­zione del Valle in un com­mu­nity trust nell’ inte­resse delle gene­ra­zioni future. Que­sto modello, dotato di grande fles­si­bi­lità, è la forma giu­ri­dica più adatta per costruire un assetto isti­tu­zio­nale che non sia né pri­vato né pub­blico, ma appunto “comune”. Un comune che, non meno della pro­prietà pri­vata, potrà final­mente godere di tutela giu­ri­sdi­zio­nale di rango costi­tu­zio­nale ponen­dosi così al riparo tanto dalle pri­va­tiz­za­zioni quanto da ten­ta­tivi di restau­ra­zione della logica auto­ri­ta­ria del pub­blico verticale.Sal­va­guar­dare il modello Valle signi­fica prima di tutto pren­dere sul serio la pro­po­sta costi­tuente dei beni comuni che da esso è partita.