CINEMA PARADISO

Pasolini


Nel novecento non c'è stato intellettuale che abbia saputo influenzare, scandalizzare e irrompere sulla scena come Pier Paolo Pasolini, dunque fare un film su di lui non è mai semplice sia per la complessità della sua persona, sia per i misteri che ci sono sul suo omicidio. Pier Paolo è stato capace di leggere meglio di tanti altri suoi contemporanei il suo presente, ma allo stesso tempo prevedere in largo anticipo cosa sarebbe diventata la società nei decenni successivi. Abel Ferrara decide di raccontare l'ultimo giorno dello scrittore, anche nei suoi eccessi; senza voler affrontare in nessun modo le tesi sulla sua uccisione. Un film difficile da raccontare anche perchè nel film non succede nulla, nonostante avvengano determinate situazioni, in piena prosecuzione con l'idea pasoliniana che la realtà non si può trasfigurare e il vissuto di Pasolini di conseguenza non può essere raccontato in un film, nonostante l'autore racconti un giorno di vita vissuta. Di conseguenza partendo da questo punto, qualsiasi trasposizione di Pasolini, non può essere reale in un altro corpo nonostante Willan Defoe riesca però a rappresentarlo nella maniera più autentica possibile, grazie alla sua grandissima capacità di saper studiare i suoi personaggi nei suoi più piccoli particolari. Il film si chiude su uno degli elementi più classici del cinema di Ferrara, ovvero l'accostamento di una scena tragica ad una irreale. Irrealtà che si sviluppa in tutto il film, dove alla quotidianità degli eventi degli ultimi giorni di Pasolini si intrecciano le visioni basate sui suoi lavori mai terminati; dal romanzo Petrolio al film Porno-Teo-Kolossal, che avrebbe dovuto vedere protagonisti Eduardo De Filippo e Ninetto Davoli. Un film che non convince appieno, per via della troppa timidezza e del troppo rispetto che l'autore ha per il suo maestro. Un film che forse solo l'autore può capire appieno, essendo raccontato in maniera troppo personale