CINEMA PARADISO

The Amazing Spider-Man 2 - Il potere di Electro


Ormai a suo agio nei panni di supereroe part-time Peter Parker si trova in un empasse con Gwen. Nonostante i tentativi non riesce a stare lontano dalla ragazza di cui è innamorato (e ricambiato) come il padre gli aveva chiesto alla fine del film precedente, e il terrore di vederla partire verso un altro paese per motivi di studio non fa che peggiorare la situazione. Intanto il suo vecchio amico Harry Osborne torna in città per vedere il padre morire e prendere il suo posto a capo della società di famiglia e non solo. Tra i tre ragazzi si inserisce Max Dillon, anonimo impiegato della Oscorp che un incidente dota del potere di controllare l'elettricità e una vita remissiva della devianza mentale giusta per mettere tali capacità al servizio degli scopi peggiori.Arrivato al secondo episodio lo Spider-man nella versione di Marc Webb comincia a prendere una forma definita. È infatti ora evidente quale sia il suo arco narrativo, ovvero come sia trattato e che evoluzione avrà il personaggio nel corso dei diversi episodi. Non più franchise potenzialmente infinito ma serie limitata in cui iniziare e finire lo sviluppo del personaggio (nella modalità inaugurata dal Batman di Christopher Nolan).Annunciato dalla grafica d'apertura fatta di ingranaggi di un orologio da polso e chiuso tra i veri ingranaggi dell'orologio della torre,Il potere di Electro tiene sottotraccia il tema del tempo, elemento chiave nella storia dell'Uomo Ragno (tra tutti i supereroi quello che più fatica a conciliare la doppia identità, finendo per essere sempre in ritardo su tutto) e qui filtro scelto per guardare l'adolescenza. Tutti e tre i protagonisti giovani infatti parlano, hanno a che fare e gestiscono (o non gestiscono) il tempo. In questo modo Webb cerca di nuovo di spostare l'attenzione dal supereroismo in sè con i problemi che porta, che caratterizzava la precedente versione di Sam Raimi, verso temi più personali che in anni di sovraesposizione dei supereroi al cinema possono differenziare il suo.È ovviamente l'amore adolescenziale il più evidente di questi temi e in effetti quando il film si muove in territori familiari al regista di (500) giorni insiemesembra guadagnare in respiro, mentre langue nelle diverse scene in cui tenta di portare avanti trame d'avventura o d'intrigo (facendo sentire molto la sua durata). È evidente quindi che la storia tra Peter e Gwen riceva un'attenzione superiore alle normali linee romantiche dei film d'azione, abbia una diversa centralità e una forza non comune, una che fa apparire il resto come un corollario a queste parti e non viceversa (tanto che passa in secondo piano anche una delle modifiche più radicali al mito di Spider-man: l'essere predestinato al ruolo invece che esserci finito per caso). Il molto criticato approccio hipster ai personaggi diventa quindi un punto di forza, attualizzazione di dinamiche eterne portata avanti con abilità e non mero espediente di costume.Liquidato l'ingombro della narrazione delle origini del personaggio e decisamente più agile nel montaggio delle diverse storie (si concede anche diversi stacchi analogici) Il potere di Electro appare dunque più riuscito del suo predecessore nell'affrontare la propria reale natura: essere un teen movie. Anche la tematica del tempo che sfugge (resa con grande superficialità e poca voglia) appare più sensata se vista come un'altra lente attraverso la quale parlare dell'esser giovani, al pari dell'uso poco standard di una colonna sonora peculiare che nei momenti migliori (i due scontri con Electro) si fonde con le immagini mescolando il proprio ruolo con quello degli effetti sonori.È infine molto apprezzabile come la versione di Marc Webb di film in film replichi sempre di più le modalità narrative, se non proprio i luoghi comuni, dei fumetti. Si vede dall'entrata in scena dei personaggi nuovi interpretati da Paul Giamatti e Jamie Foxx (e da come sono "disegnati") nonchè da un'adorabile atteggiamento fumettoso d'altri tempi che fa parlare gli scienziati con un primitivo accento tedesco o si sofferma su pose classiche come la mano del morto rivolta verso l'alto che tiene stretta un oggetto fondamentale.