CINEMA PARADISO

Il ritorno di Ulisse da il corrieredellasera


 Del fascino misterioso e potente dell’epica classica è rimasto ben pocodi Aldo Grasso 
Alessio Boni nei panni di Ulisse (Ansa)shadowChe il viaggio di ritorno più metaforizzato nella storia della cultura occidentale presenti ancora molti spunti da illuminare è fuori di dubbio. È la persistenza del classico! Per questo di fronte alla miniserie di Rai1, «Il ritorno di Ulisse», una coproduzione internazionale di Rai Fiction con Arte France e Movieheart diretta da Stéphane Giusti, bisognava mettersi con le migliori intenzioni possibili (domenica, 21.30, prima puntata). Era giusto anche abbandonare il filtro della nostalgia, senza iniziare un pericoloso gioco di confronti con lo storico sceneggiato Rai «Odissea», del 1968, rimasto nella memoria di molti come vessillo dell’età dell’oro del Servizio pubblico. Erano altri tempi, era un’altra televisione ed è inutile restare prigionieri del passato. L’intento dichiarato dagli autori della nuova miniserie e da Alessio Boni, protagonista nei panni di Ulisse, era quello di dar vita a una lettura moderna dell’Odissea, concentrandosi sugli anni in cui l’eroe omerico giunge a Itaca, provato dalla guerra e dalle distrazioni del tortuoso itinerario di ritorno. Scelta curiosa, perché il viaggio e le sue esperienze sono sempre più interessanti della meta finale.Ma il vero problema è che nel «Ritorno di Ulisse» del fascino misterioso e potente dell’epica omerica è rimasto ben poco. L’Odissea è solo un imbarazzante canovaccio di trame e personaggi arricchiti da dettagli d’invenzione che virano verso il melodramma pop, come nel caso della bella schiava Clea, di cui s’invaghisce il giovane Telemaco. Anche lo stratagemma della tela intessuta e disfatta ogni notte da Penelope (un’afflitta Caterina Murino) è solo un espediente tecnico per far procedere la trama, privato di tutta la sua alta simbolicità. Ogni cosa subisce un’operazione di patinatura, tra dialoghi didascalici e immaginari visivi kolossal in cui l’afflato ideale omerico stinge nella più scoperta banalità, l’antico diventa niente più che uno sfondo esotico.