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The Newsroom: Recensione dell’episodio 3.06 – What Kind of Day Has It Been da telefilm-central.org


The Newsroom: Recensione dell’episodio 3.06 – What Kind of Day Has It Been
0 comments, 22/12/2014, by Valentina Marino, in Newsroom (The)RecensioniRecensioni Serie TvSerie TvGiace qui l’hidalgo forte / che i più forti superò,e che pure nella morte / la sua vita trionfò.Fu del mondo, ad ogni tratto, / lo spavento e la paura;fu per lui la gran ventura / morir savio e viver matto.(Don Chisciotte della Mancia, Miguel de Cervantes)
Siamo purtroppo qui a celebrare un funerale. E nonostante si dica sempre che la persona dipartita fosse buona e brava, insomma la migliore, noi non vogliamo essere certo ipocriti e affermare che chi è venuto a mancare fosse completamente perfetto. E no, non parlo di Charlie Skinner.L’episodio si apre infatti con il suo di funerale. Una messa solenne e un lungo corteo di macchine accompagnano la fine di uno dei personaggi televisivi più integri, più leali che abbiamo finora conosciuto. E si, di lui possiamo veramente dire che era una brava persona.Ma qui non siamo solo al funerale di Charlie Skinner. Qui assistiamo alla celebrazione della fine della serie stessa. Di una serie che ha avuto un destino sfortunato.Aaron Sokin, padre e boia al tempo stesso, costruisce questa puntata intorno alla memoria e al ricordo, intrecciando presente e passato. Un elogio alla sua creatura e ai personaggi, che in alcuni punti forse pecca di saccenza e perbenismo e in altre sembra rispondere troppo fedelmente alle pretese del pubblico americano che in questi anni non l’ha premiato poi più di tanto. Ciò che ci racconta Sorkin in questa puntata è quasi scontato a volte, ma gli encomi servono a ricordare le gesta degli eroi e non i loro misfatti.Passato
Vi siete mai chiesti come sia arrivata Mackenzie a guidare il notiziario più seguito dagli Americani? Come mai proprio l’ex fidanzata del presentatore, con idee completamente opposte alle sue riguardo a cosa sia il giornalismo, si ritrova a sedere nell’ufficio accanto e a dovergli dare ordini?The master of puppets, il deux ex machina dietro l’operazione è, come già sapevamo, proprio lui, Charlie Skinner. Ciò che non conoscevamo ancora erano le argomentazioni che Charlie espone a Mackenzie per convincerla ad accettare il lavoro. Non solo lamissione di civilizzazione che ha animato la ciurma in queste tre stagioni, ma anche un aspetto più intimo, più umano come l’amore tra un uomo e una donna. L’amor che move il sole e l’altre stelle.Presente (e futuro)Un amore a cui è concesso anche interrompere una messa funebre e strappare un sorriso al nostro anchorman alla notizia che diventerà padre. Charlie, Will e Mackenzie sono stati i tre pilastri intorno a cui si sono mosse le vicende di questa serie. Charlie, Will e Mackenzie come tre facce di una stessa medaglia, tre volti di una stessa persona, di unmoderno Don Chisciotte (al secolo Aaron Sorkin) che decide di combattere contro i mulini a vento del gossip e del dilettantismo. E lo fa reclutando un esercito di giovani leve che credono come lui che il giornalismo non è una professione, ma una vocazione.
Siamo alla fine di un percorso ma siamo anche all’inizio di un altro: con la morte di Charlie e l’arrivo di Pruitt il destino della redazione sembra andare verso nefasti addii. Sarà l’intervento della matrigna cattiva, Leona Lansing, a salvare le sorti di tutti e a convincere (imporre a) Pruitt ad assumere Mackenzie come nuovo presidente della ACN.E vissero tutti felici e contenti… penserete voi. In realtà a me questa puntata un pò di amaro in bocca lo ha lasciato. Perché se nella finzione la storia ha, a modo suo, unhappy ending (Will che sta per diventare padre, Mackenzie a capo della ACN, Jim promosso a PE, Maggie che parte per Washington, Neal che torna a dirigere ACN Digital), in realtà il progetto di Sorkin di raccontare un modo di fare giornalismo, che spesso non si allinea con quello reale, si è scontrato contro il nemico primo che la finzione ha dovuto combattere, gli ascolti.Anche per questa ultima puntata Aaron Sorkin ci regala un’altra canzone della tradizione americana il cui testo si intreccia con le vicende dei nostri. If you love somebody enough you’ll follow wherever they go / If you love somebody enough you’ll go where your heart wants to go si legge in alcuni versi: e non importa se quel somebody sia un uomo, una donna o un lavoro. Bisogna decidere di amare col cuore, ma anche con la testa.