CINEMA PARADISO

Una notte al museo 3


Larry, il guardiano del Museo di Storia Naturale di Manhattan, questa volta è alle prese con la strana muffa verde che sta ricoprendo gradualmente la tavola del faraone, quella che, di notte, dà vita a tutti i personaggi all'interno dell'istituzione museale. Per venire a capo del problema, e permettere alla magia notturna di continuare a fluire, Larry dovrà recarsi al British Museum: così come nel secondo episodio della minisaga la storia traeva nuova linfa dall'entrata in scena di personaggi recuperati allo Smithsonian di Washington, in questo terzo episodio a prendere vita sono un triceratopo e numerosi elefanti, tartarughe e guerrieri ninja, Garuda tibetani e Sir Lancillotto in persona - il miglior acquisto del film nella spassosa interpretazione di Dan Stevens, divo nascente del cinema anglosassone lanciato dalla serie televisiva Downton Abbey - tutti appartenenti al museo inglese.La puntata conclusiva di quella che gli stessi ideatori, a cominciare dal produttore Chris Columbus, non avrebbero immaginato diventasse un cult (e avevano concepito in parte come uno spottone per il Museo di Storia Naturale), chiude con soddisfazione la triade, compiendo tutte le mosse giuste: rimanere fedele ai personaggi, sempre coerenti nel loro "arco narrativo"; ricreare l'aura di familiarità che spinge i visitatori di un museo a tornarci più volte; aggiungere caratteri perfettamente in linea con la filosofia naif della saga; mescolare conoscenze pop di antropologia, storia e letteratura accessibili al pubblico internazionale; e infine creare magia, come la tavola del faraone, attraverso effetti visivi più incantevoli che strabilianti.Notte al Museo 3 riprende l'intuizione iniziale nel rappresentare Larry come un uomo che non vuole crescere, un Peter Pan più adatto a vivere in mezzo a personaggi di fantasia che fra la gente vera, e dotarlo di un figlio che cresce di episodio in episodio, mettendo il padre davanti alla necessità di diventare definitivamente adulto attraverso la prova più difficile: permettere al proprio bambino di diventare adulto a sua volta. L'addio finale di Ben Stiller è preceduto da una serie di distacchi che sono altrettanti commiati all'Isola che non c'è, compreso quello ad un alter ego più rozzo ma più aperto alla meraviglia. La sceneggiatura interrompe l'azione in vari punti strategici per offrire garbati spunti di riflessione che riguardano l'America nel suo insieme (esattamente come fa un museo): gli sbagli di chi crede di fare la Storia e invece reca danno ai posteri; la necessità di fidarsi anche quando non si capisce ciò che si ha davanti; la scelta di vivere anche "in un mondo senza Camelot". Notte al Museo 3 rispetta i suoi fan nel mantenere una riconoscibilità di brand e nel conservare una misura di stupore infantile, creando parentesi di emozione che nascono proprio dall'affetto che i personaggi hanno saputo suscitare, episodio dopo episodio. Come le spiegazioni scritte sui muri dei musei anglosassoni, l'intera saga resta al livello di comprensibilità di uno studente delle scuole medie, andando dunque a stanare ogni volta il ragazzino che c'è in noi. E l'ultima nota, dopo parecchie risate, è malinconica, fino a sfociare nella dedica finale a Robin "Teddy Roosevelt" Williams, qui alla sua ultima interpretazione, "per cui la magia non finirà mai".