CINEMA PARADISO

Il venditore di medicine


 
Informatore medico per un'importante azienda farmaceutica, Bruno, da anni, coltiva un gruppo di medici che, in cambio di viaggi, regali o soldi, sono disposti a prescrivere i suoi farmaci ai propri pazienti. In un difficile momento di tagli al personale, spinto da una capo area, cerca di allargare il proprio giro anche ad un celebre oncologo che sembra inizialmente restio. Intanto i suoi nervi sembrano cedere e le insistenze della moglie per avere un figlio hanno bisogno di una soluzione. Pur di tenersi stretto il lavoro, in un momento di grande instabilità sociale, si dimostrerà capace di tutto. Un film sul reato del comparaggio, cioè su quella pratica per cui il medico accetta regalie, di qualsiasi tipo esse siano, in cambio della prescrizione di uno specifico farmaco, anche nel caso in cui questo non fosse necessario al paziente. Siamo dunque dalle parti di un lavoro necessariamente duro, spesso fastidioso nel mostrare il fenomeno per cui una medicina viene messa sullo stesso piano di un qualsiasi prodotto commerciale: «Sai cosa significa "oncologia"? Duemila euro a fiala!» dice la capo area a Bruno, quando lo spinge verso l'ospedale di un professore che in passato si è dimostrato insensibile alle proposte della casa farmaceutica. Scritto dal regista insieme a Michele Pellegrini e Amedeo Pagani, anche produttore e attore nel piccolo ruolo di un dirigente dell'azienda, Il venditore di medicine insegue una programmatica sgradevolezza attraverso la figura di un protagonista che agisce al di là della propria coscienza. Può essere letto sia come una denuncia, in apertura e in chiusura lo spazio è lasciato a stralci di servizi giornalistici sull'argomento, sia come la sbilanciata analisi di un sistema criminale mediante una storia particolare. Ben oltre la discesa nell'abiezione di Bruno, infatti, risalta la problematica, come se l'urgenza e l'attualità del discorso portato avanti cancellassero la costruzione della finzione in sé. Il rapporto con la moglie, quello con un amico di vecchia data molto malato, ancora le notazioni sulla crisi economica (il suicidio iniziale, l'ambiente lavorativo tesissimo) hanno poca rilevanza se confrontate con la tensione di cui sono intrise le sequenze in cui Bruno conduce le sue trattative o semplicemente dialoga con i medici. In definitiva, Antonio Morabito ha buon gioco nel denunciare la gravità del reato, mettendone a fuoco con acume i funzionamenti, anche se non riesce a calibrare questo aspetto con quello privato del personaggio, alla fine legati insieme soltanto da un troppo automatico e poco credibile effetto valanga. Il giornalista Marco Travaglio interpreta, con la giusta antipatia, il professor Malinverni, mentre il critico cinematografico Roberto Silvestri ricopre il ruolo del giudice.