CINEMA PARADISO

La buca


 
Armando è un povero diavolo che ha scontato incolpevole una pena lunga trent'anni. Uscito di prigione cerca conforto nella madre, che in seguito a un ictus non lo riconosce più, e nella sorella, che lo considera adesso persona non grata. Sconsolato si accompagna con un cane che diventa causa e (s)ventura di incontro con Oscar, un avvocato misantropo che vede in Armando l'opportunità di arricchirsi. Circuito e poi accolto a casa sua, Oscar lo convince a intentare una causa milionaria contro la Stato per risarcire l'ingiustizia subita. Persuaso a riscattare finalmente gli anni perduti, Armando ricostruisce le dinamiche della rapina a mano armata e una vita con Carmen, la barista gentile della porta accanto.Vivono in un luogo imprecisato e si muovono in un tempo indeterminato i protagonisti di Daniele Ciprì, legati dal medesimo destino e declinati con ingredienti caricaturali. Antiepopea del fallimento, La buca visualizza in modo grottesco un'epifania o forse una rivelazione. Perché Oscar e Armando hanno visto reciprocamente negli occhi dell'altro e si sono riconosciuti, rovine nelle rovine del Bel Paese. Azzeccagarbugli reattivo Sergio Castellitto, candido attonito Rocco Papaleo, i personaggi costruiscono un'esemplare parabola dello scacco. Armando e Oscar sono due loser, due perdenti: il primo, dopo una rapina mai compiuta, ha smesso di essere e attende invano che qualche vecchio amico gli offra il lavoro che gli prometteva, il secondo, animato da un vitalismo istrionico, rimpiange l'avvocato che probabilmente non è mai stato e si presta a 'virtuose' esibizioni in tribunale. La vicenda si struttura intessendo continui incontri e incroci tra i protagonisti che 'cadranno' diversamente nella buca, confermando la forma di una tragicomica fenomenologia della sconfitta. Senza piangerci sopra, Ciprì realizza una favola 'animata' svolta e conclusa sui titoli di testa, che rivelano allo spettatore il 'lieto fine' e lo predispongono alla meraviglia. Scanzonato e leggiadro, La buca si fa nondimeno carico di, e critico verso, quella tolleranza per i vizi collettivi che troppe volte sposa il fastidio per le virtù e l'intelligenza degli individui. Dentro e dietro i traffici di Oscar vige l'illegalità, quell'arte di arrangiarsi in famiglia che in Italia è pratica comune dei ricchi come dei diseredati. Tutti si aiutano tra loro, per cerchi concentrici, fino ad avviluppare in una vischiosa ragnatela di relazioni personali l'intero Paese. Nessuna legge, declama Oscar, è abbastanza ragionevole, o severa, o giusta per non meritare il vaglio di un avvocato che suggerisca una scappatoia, una variante, una deroga. 'Autonormati' e perfettamente in grado di assolvere alle proprie necessità, i personaggi di Ciprì finiscono col cavarsela da soli, fuori dall'aula di tribunale e dentro un'ambulanza, dove in fondo li scopriamo imparentati con lo Stato. Perché ne La buca nessuno vince davvero e il risultato più vistoso è l'immobilismo. Il film rivela la propensione al compromesso del nostro Paese, dove l'instabilità e il conflitto, aperto e sotteso del titolo, si risolvono col risarcimento e una pezza. A disinnescare l'Italia, grigia e senza "o sole mio", senza l'azzurro del cielo e del mare, ci pensa l'avvocato di Sergio Castellitto, la cui straordinaria eccedenza ed energia vitale, la scaltrezza e il 'legittimo' orgoglio, avvolgono la causa di Armando, fino a confonderne i contorni, fino a dissolverla in un polverone indefinito in cui nessuno capisce più niente. Soprattutto il Nancho trasognato e testimone di Jacopo Cullin.