CINEMA PARADISO

Fedele alla linea


Film-dialogo con Giovanni Lindo Ferretti, cantautore e scrittore, anima delle band di culto CCCP Fedeli alla linea, C.S.I. e PGR. Alla boa dei sessant'anni, il controverso artista emiliano si concede alla discreta macchina da presa di Germano Maccioni, consegnando il quadro intimo-personale quanto artistico del proprio cammino: dall'infanzia alla vocazione musicale, dall'ideologia politica alla ritrovata fede nella religione cattolica durante la maturità. La forma colloquiale di Fedele alla linea, ritratto che ha il pregio di non trasformarsi mai in un santino, è la forza di un documentario totalmente affidato al ritmo ipnotico e alle parole di un narratore di prima classe. A colpire più della mano registica o del montaggio - peraltro inventivo: si pensi al contrasto creato dall'accostamento della musica con immagini da La madre e Tempeste sull'Asia di Pudovkin - è la particolarità di una esposizione quieta e serena, la frontalità, reale e metaforica, di un discorso tenuto lontano da qualsiasi intenzione predicatoria. L'attaccamento alle montagne d'origine, Cerreto Alpi nell'Appennino reggiano, l'amore per i costumi del luogo, il percorso musicale o il racconto delle malattie avute e sconfitte riempono lo schermo, plasmando l'intero spazio filmico. In due parole, l'itinerario di Ferretti, probabilmente un unicum nel panorama della musica italiana, mette nero su bianco il desiderio di un ritorno a casa, di un vero e proprio "nostos" che ha come porti finali il focolare e la fede: «Senza famiglia e chiesa non si vive». Oltre alle stanze dell'abitazione del musicista, set di gran parte dell'intervista, ha fondamentale rilevanza la stalla in cui alleva gli amati cavalli, legame tangibile con la storia e la terra, poi ritratti durante le esibizioni di "Saga. Il canto dei Canti", ambizioso progetto di opera equestre ideato per riportare alla luce il passato di un orizzonte social-culturale rimosso. Distante dal concetto di film biografico, procede infatti per sprazzi, suggestioni e temi portanti senza una certa linea cronologica (purtroppo è del tutto assente la fase PGR), la cronaca montana di Maccioni restituisce il ritratto di un mondo che è sul punto di morire, di un luogo lontano da una modernità che non fa rima con progresso: «Prima erano poveri e liberi, adesso sono poveri e schiavi» conclude Ferretti, riferendosi agli abitanti del borgo che hanno deciso di trasferirsi in città per l'illusione di un'emancipazione. A quanto girato dal regista si amalgamano con armonia immagini dei CCCP Fedeli alla linea nella Berlino degli anni Ottanta, scatti dei primi concerti concessi da Umberto Negri, contributi inediti filmati da Benedetto Valdesalici, ex-psichiatra che negli anni Ottanta seguiva la band, e alcuni estratti da Tempi moderni di Luca Gasparini e 45° parallelo di Davide Ferrario. Ad ogni modo, non si tratta di un lavoro destinato ai soli fan.