CINEMA PARADISO

Volubilis: le rovine della civiltà nell’era dei ‘like’


 06/09/2017 Andrea Guglielmino
VENEZIA – Volubilis di Faouzi Bensaïdi, che passa alle Giornate degli Autori, è una storia d'amore tra le rovine di un mondo fatto di disperazione e bellezza. Nella città marocchina di Meknès, Abdelkader e Malika si sono sposati da poco e riescono appena a sbarcare il lunario. Sognano di stare per conto proprio e di abbandonare la casa che condividono con la famiglia. Un giorno, però, Abdelkader è coinvolto in un episodio violento al lavoro che sconvolgerà totalmente la loro vita. “Tutto parte da una riflessione – spiega il regista – su come va il mondo oggi, e decisamente c’è qualcosa che non va. Non siamo certo nel migliore dei periodi storici. Ovviamente non è un film che spiega tutto quello che non va, ma sono affascinato dalle figure dei perdenti, di quelli che non riescono a stare al passo con i tempi del mondo, del liberalismo selvaggio, del capitalismo senza cuore, dell’avanzata tecnologica, dell’ansia di guadagno. E’ una nuova umanità, che si sveglia presto e lavora, ma per cui purtroppo non vale il concetto per cui il lavoro equivale alla dignità. Lavorano tanto e, sebbene sposati, non possono permettersi di vivere sotto lo stesso tetto. E’ gente che dorme in macchina e non può comprare quello che gli serve per i suoi bambini. E il paradosso è che vengono anche colpevolizzati. I miei protagonisti si amano e credono in un futuro migliore ma faticano a vivere”: Volubilis è il nome di un sito archeologico romano, situato ai piedi del monte Zerhoun, a 27 km a nord di Meknes, città dove si ambienta il film: “E’ un posto molto suggestivo dove si va la domenica a trascorrere qualche ora di relax di fronte ai resti di un’antica civiltà. Trovo che sia molto significativo e racconti qualcosa. Si tratta di rovine. E quando i miei protagonisti vanno lì, succede qualcosa nel film che cambierà la loro vita. I toni diventano più noir, più duri, da tragedia moderna. E’ un centro attorno a cui si stravolge la storia. Finanziare un film così non è facile nel mondo dove contano i ‘like’ e la gente vuole andare a letto serena. Non è un film rassicurante, o di entertainment. E’ un film che attraverso le immagini porta arte e bellezza ma anche pensieri. Ma in Marocco abbiamo un buon Centro Sperimentale di Cinematografia che finanzia circa 25 film all’anno, niente in confronto al mondo ma tanto in relazione all’Africa e al mondo arabo. Questo film è costato 800mila euro per sei settimane di riprese. Il segreto è stato pianificare bene, sceneggiatura, casting, sopralluoghi per le location. Poi, nonostante questa precisione, ho cercato di non minare la spontaneità e la freschezza degli attori. Forse non faccio cinema propriamente sperimentale ma ogni volta cerco di fare qualcosa di nuovo. Mi piacciono i registi che provano tanti generi ma di cui si riconosce la firma. Ho due progetti in cantiere per il futuro e sono uno diverso dall’altro”.