CINEMA PARADISO

Tra sangue e microchip, Dan Brown ci porta nel mistero della vita da lastampa


Esce dopodomani Origin, l’ultimo fanta-thriller dello scrittore americano
Dan Brown, 53 anni è nato nel New Hampshire I suoi libri sono stati tradotti in 52 linguePAOLO BERTINETTIIl nuovo libro di Dan Brown, Origin, che si appresta a rinnovare lo stupefacente successo commerciale del Codice Da Vinci, uscirà dopodomani contemporaneamente nella versione originale e in traduzione nelle librerie di mezzo mondo. È facile prevedere che i suoi fan non rimarranno delusi.  I codici cari a Brown si sposano con la tecnologia più avanzata e avveniristica; e dopo che verrà svelato il primo mistero, quello scientifico che è l’oggetto del romanzo, nelle ultime pagine ci sarà ancora spazio per due altre rivelazioni, una legata al tema principale (a proposito dell’intelligenza artificiale) e l’altra di natura invece del tutto privata - e davvero inaspettata. Di queste ultime due sorprese nulla è lecito dire; ma della prima, almeno fino a un certo punto, molto si può anticipare.   La vicenda si svolge in Spagna ai giorni nostri, spaziando in alcuni dei suoi luoghi più rappresentativi: il monastero di Montserrat (il cui legame con la leggenda del Sacro Graal non poteva non piacere a Dan Brown), il museo Guggenheim di Bilbao, il Palazzo Reale di Madrid, l’Escurial e le perle di Gaudì a Barcellona, la Sagrada Familia e la Pedrera. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, sta doverosamente scritto all’inizio del libro, è assolutamente casuale. In un paio di casi, per la verità, non proprio casuale.  Nel Prologo l’ipertecnologico futurologo Edmund Kirsch, nella biblioteca del monastero di Montserrat, rivela al vescovo Valdespino, al rabbino Köves e all’allamah Syed al Fadl che di lì a poco, nel corso di una sua conferenza, rivelerà al mondo il frutto della sua scoperta scientifica, che darà la risposta alle due questioni fondamentali dell’esperienza umana: da dove veniamo, cioè l’origine della vita, e dove andiamo, il futuro che ci aspetta (anche Harrison Ford, nel finale di Blade Runner, poneva le due domande). Kirsch dichiara ai tre religiosi che la risposta farà crollare le fondamenta di tutte le religioni del mondo; e posa sul tavolo il suo grosso smartphone, quasi un piccolo televisore, mostrando il video che illustra la sua scoperta.  La conferenza, arricchita da un apparato tecnologico e mediatico stupefacente, ha luogo tre giorni dopo nel museo Guggenheim di Bilbao. Il rabbino e lo studioso islamico non potranno vederla: sono stati ammazzati prima. E nel corso della conferenza viene ammazzato lo stesso Kirsch: prima di avere rivelato i risultati della sua indagine scientifica.  Kirsch, da qualche parte, doveva aver nascosto il video che aveva mostrato ai tre religiosi. Dov’è? E chi lo ha ucciso? Chi l’ha ucciso il lettore lo saprà subito.   Scoprire dov’è il video è il compito che si prefiggono Langdon, professore di Harvard di cui Kirsch era stato allievo, e Ambra Vidal, direttrice del Guggenheim e fidanzata dell’erede al trono di Spagna. Inseguiti dal sicario e dai poliziotti che considerano Langdon colpevole, i due giungono a Barcellona per recuperare la password criptata che sbloccherà il video. Prima riescono a entrare nell’attico della casa più famosa di Barcellona, la Pedrera (dove Brown immagina si trovi la base di Kirsch) e poi nel’immaginario laboratorio di Kirsch presso il vero Centro Nacional de Supercomputación di Barcellona. Qui, al primo piano, c’è il «supercomputer Mare Nostrum, 4896 Intel Core che comunicano su una rete InfiniBand FDR 10»; e al piano di sopra c’è una versione perfezionata del D-Wave, il primo computer quantico della Nasa, versione circondata da un cubo metallico di osmio, il durissimo elemento chimico che gli fornisce una maggiore schermatura magnetica e termica. Lì, finalmente, Ambra e Langdon vedranno il video che contemporaneamente verrà mandato in streaming (utenti collegati: 227 milioni e mezzo).  A organizzare il tutto e a dare preziosi consigli a Langdon e Ambra è stato Winston, una macchina dall’intelligenza bionica (a cui però sono dovute anche scelte inquietanti), che, a fugare timori come quelli suscitati dal supercomputer Hal 9000 di Odissea nello spazio, è stato programmato per autodistruggersi tredici ore dopo la morte di Kirsch. Dan Brown non è catastrofistico, il suo è un messaggio ottimistico a favore degli sviluppi ipertecnologici e delle supermacchine informatiche che sempre più modificheranno la nostra vita. Sta all’uomo trovare il giusto equilibrio.   Infatti sull’uso che facciamo di quelle ben più «elementari» ora a disposizione una significativa stoccata la troviamo a pagina 88 del romanzo. Nel deserto, poco a Est di Dubai, dei ragazzi, scesi dai loro quad e dune buggy, guardano il cadavere del religioso islamico. «Che cosa facciamo?», si chiedono. Rimangono lì in cerchio, a fissare il cadavere. «Poi fanno quello che avrebbero fatto i teenager di tutto il mondo. Tirano fuori i cellulari e cominciano a scattare foto da mandare agli amici».