CINEMA PARADISO

Storie sospese


Thomas è un rocciatore che mantiene a fatica una moglie e tre figli, arrampicandosi sulle montagne per metterne in sicurezza le pareti. A causa di un incidente costato la vita a un suo collega, Thomas perde il lavoro ed è costretto ad accettare un nuovo incarico da una vecchia conoscenza, un rocciatore diventato faccendiere: dovrà posizionare dei prismi ottici per effettuare rilevamenti sui monti che circondano un paesino abruzzese dove le crepe nei muri si stanno moltiplicando. In realtà il suo intervento “tecnico” è una foglia di fico per coprire le scorrettezze legate alla costruzione di un traforo che consentirà il passaggio di un nuovo percorso autostradale. A lottare contro questa messinscena sono un geometra che usa ancora strumenti obsoleti e una maestra d’asilo convinta che non si debba giocare con la vita della gente.Stefano Chiantini, alla terza prova registica nel lungometraggio di finzione, si cimenta con un argomento di grande attualità (vedi non solo il movimento di protesta no-TAV ma anche la frana di Ripoli, ai cui abitanti è dedicato il film) ma perde l’occasione di lasciare un segno cinematografico incisivo. Molte delle (buone) intenzioni del regista-sceneggiatore rimangono infatti intrappolate nella sua penna senza trasferirsi efficacemente nel copione, e a un inizio promettente, in cui l’azione si dispiega quasi senza parole, segue l’alternarsi degli argomenti pro e contro traforo, equamente distribuiti fra un cast che comprende anche l’ottima (e gravemente sottoutilizzata) Sandra Ceccarelli.Marco Giallini fa del suo meglio per portare sulle spalle lo zaino pesante della storia mettendo a frutto i silenzi così consoni a un montanaro e la sua personale integrità, ma la vicenda si riduce a un battibecco fra opposte fazioni, e soprattutto il personaggio della maestrina interpretata da Maya Sansa risulta irritante nella sua mancanza di acume strategico e di scrupoli (visti gli occhi dolci che fa allo sposatissimo Thomas). Anche lo spunto più interessante della storia, ovvero il contrasto generazionale fra un giovane geologo affiancato a Thomas, lo stesso Thomas e il geometra ribelle, che suggerisce come il travet cinquantenne interpretato da Giallini sia l’anello debole della catena in quanto il più vulnerabile al ricatto dei datori di lavoro, è sacrificato alla contrapposizione fra i duellanti.Infine la lettura metaforica, che dovrebbe apparentare le fratture delle rocce con quelle che si aprono a poco a poco nella coscienza di Thomas, è visivamente e narrativamente poco sviluppata, sacrificando le caratterizzazioni alle dinamiche da documentario di denuncia. Volendo azzardare una metafora geologica, troppi elementi della narrazione sono rimasti incastonati in una sceneggiatura che avrebbe invece dovuto estrarli uno ad uno, come diamanti grezzi. In questo modo la trama del film resta sospesa nel vuoto, come un rocciatore cui non sono stati assicurati sufficienti appigli.