CINEMA PARADISO

Pippo Fava, giornalista libero in una redazione di carusi da cinecittànews


 21/05/2018 Stefano Stefanutto Rosa
“Prima che la notte non è la storia tragica di un uomo ucciso dalla mafia, ma la storia straordinaria di un uomo che ha saputo costruire il futuro nonostante tutto”. Così Daniele Vicari regista del film tv dedicato alla vicenda del giornalista e scrittore siciliano Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia a Catania nel gennaio 1984, film in onda su Rai1 in prima serata mercoledì 23 maggio. Prima della notte, una coproduzione Rai Fiction e IIF (Fulvio e Paola Lucisano) tratta dall’omonimo libro di Claudio Fava e Michele Gambino, racconta il rientro a Catania dell’ultra cinquantenne Pippo Fava dopo aver ottenuto a Roma successi nel cinema come sceneggiatore, in teatro, alla radio.Torna a dirigere un neonato quotidiano cittadino che fin dall’inizio si caratterizza come una testata libera in conflitto con l’imprenditoria locale e la mafia che obbligano alla chiusura il giornale. Con l’aiuto del figlio Claudio e di una redazione di ‘carusi’, cioè di giovani e studenti universitari già al suo fianco, Fava non rinuncia al progetto di un giornalismo indipendente dal potere politico ed economico e fonda ‘I Siciliani’, mensile in prima linea a denunciare il sistema di potere dei Cavalieri del lavoro, a cominciare dalle loro frequentazioni con il boss Nitto Santapaola. Sarà lui il mandante dell’uccisione del giornalista siciliano, ma morto lui, i suoi giovani allievi continueranno, nonostante le pressioni e le incertezze. Sono proprio quei ‘carusi’ a prendere il testimone di un giornalismo fatto di verità, forza essenziale di una società democratica e libera.“Prima che la notte vuole semplicemente raccontare questo: è stato feroce l’assassinio di Fava, ferocissimo, ma tragicamente ‘inutile’, perché i suoi allievi ne hanno continuato l’opera”, avverte Vicari. “Come il libro, il film evita di raccontare degli eroi inimitabili, lontani, astratti - avverte Claudio Fava, il figlio, tra gli sceneggiatori - Sottrae mio padre da questa dimensione dell’eroismo, facendolo sentire vicino a noi, come noi. Evitando la commemorazione e la liturgia, emerge una storia di vita e non di morte”. Vicari spiega che la sua ritrosia a firmare film di ‘mafia’ è stata vinta da questa figura di “uomo vitale, ironico, arguto ed è stata questa la mia àncora di salvataggio”. E altrettanto esemplare è “la sua lucidità analitica negli editoriali: ‘Chi non si ribella al dolore umano non è innocente’ “. La colonna musicale di Theo Teardo dà al film un’aria da opera rock. “Mi piace la definizione perché sono un rockettaro - aggiunge il regista - Teardo è un grande sperimentatore e ha portato nel film l’energia del rock".Per Fabrizio Gifuni, protagonista del film, Fava, a dispetto dell’epilogo tragico, è un uomo pieno di vita, eccentrico, originale, generoso. Una vitalità, una voglia di vivere che il film comunica. Per don Luigi Ciotti, che non l’ha conosciuto, Fava in questo film che graffia le coscienze, è mostrato come uno se lo immagina: colto, allegro, curioso, ottimista, divorato dalla passione per il giornalismo. Un uomo che grida nel deserto, ma riesce a rivolgersi ai giovani, rendendoli protagonisti. Probabilmente perché l’essenza del personaggio di Fava - come spiega la sceneggiatrice Monica Zapelli - è in quel suo essere libero, giovane, un adolescente di 59 anni capace di voler bene ai ragazzi.