CINEMA PARADISO

Cannes 2019, Pedro Almodóvar racconta Dolor y Gloria: «Non prendete la mia autobiografia troppo alla lettera!» da bestmovie


Pedro Almodóvar è tornato in concorso a Cannes con uno dei suoi film più personali, Dolor y Gloria, accolto con grande favore dalla critica internazionale, come mostrano i voti e le stellette assegnati dai giornalisti presenti al festival in queste ore, e che potrebbe regalargli l’agognata Palma d’oro, più volte sfiorata ma mai portata a casa. Dopo la standing ovation e l’accoglienza trionfale tributatagli dal pubblico del Grand Théâtre Lumière venerdì sera (l’occasione era la proiezione di gala del film, la cosiddetta “ufficiale”), il regista è arrivato in conferenza stampa il giorno dopo in occhiali scuri – li stessi indossati nella pellicola dal regista suo alter ego Salvador Mallo (Antonio Banderas) – e con una sciarpa rosa al collo.«Non ho mai avuto una pioggia più felice di quella di questa mattina – ha ironizzato il cineasta spagnolo in apertura riferendosi al tempo non proprio clemente in queste ore in Croisette – Non dimenticherò mai la scorsa notte. Non credo però che il film vada preso alla lettera, anche se parla di un regista in crisi che si trova in un momento particolare della sua vita. Quando inizio a scrivere una sceneggiatura, le prime scene sono sempre legate alla realtà. Quindi preferisco rimanere fedele alla finzione».Non a caso nel film la madre di Salvador confessa al figlio di non amare particolarmente il termine autofiction, e Almodóvar sembra dello stesso avviso: «Quando parli di te stesso, coinvolgi necessariamente anche altre persone ed è qualcosa di molto delicato. Mi spaventa essere in grado di influenzare le altre persone. Esamino ogni dettaglio con una lente d’ingrandimento e mi proietto nell’intero film, ma non lo prendo alla lettera. Altrimenti, il personaggio si chiamerebbe Pedro e non Salvador!».Antonio Banders, attore prediletto del cinema almodovariano, è invece un candidato fortissimo per la Palma come miglior attore: «Ho lavorato per 11 o 12 anni in Spagna, prima di lavorare per 20 anni negli Stati Uniti. La mia connessione con la Spagna è Pedro. Ho fatto 113 film. Ma ho vissuto in questo film i mesi più felici della mia vita di attore. E questa sensazione nessuno sarà mai in grado di portarmela via. Se vogliamo sapere chi siamo come popolo, dobbiamo guardare i nostri artisti: Picasso, Lorca, Dalí. In un futuro non troppo lontano, per capire la Spagna degli ultimi 40 o 50 anni, la gente dovrà guardare i film di Pedro Almodóvar».In Dolor y Gloria poi si parla anche dipendenza: non solo quella dalle droghe, che Mallo inizia a sperimentare per porre un argine alla sua noia esistenziale, ma anche e soprattutto il bisogno spasmodico e la sete insaziabile di immagini, di cinema, di vita, anche tutti questi aspetti si trovano a rimanere tragicamente con la fragilità. «Come il personaggio di Salvador, che soffre la disperazione di sapere che fisicamente non sarà più in grado di girare film, la mia grande dipendenza è il cinema. Come spettatore e come narratore», dice il regista madrileno. Gli fa eco Penélope Cruz, che in Dolor y Gloriainterpreta sua madre: «Condivido con Pedro questa dipendenza dal cinema. Ho scoperto a 16-17 anni la sensazione di recitare in un film. Negli anni ho capito l’amore e il rispetto di Pedro per le donne».