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Preparano un Russiagate per la Catalogna da gliocchidellaguerra

Post n°14040 pubblicato il 04 Ottobre 2017 da Ladridicinema
 

In arrivo l’ennesimo Russiagate per Vladimir Putin e l’apparato del Cremlino. In questo caso verte sul referendum catalano.

A nemmeno 24 ore dal termine delle votazioni che hanno visto la larga vittoria degli indipendentisti catalani, alcuni osservatori iniziano a chiedersi se ci possa essere stata l’ingerenza di attori esterni. Dalle ultime presidenziali americane ad oggi c’è un filo conduttore che legherebbe tutte le principali elezioni tenutesi nell’ultimo anno solare. La Russia di Vladimir Putin.

Secondo El Pais c’è la Russia dietro il Referendum

È stato il quotidiano spagnolo El Pais, giornale cartaceo non sportivo più letto in Spagna, a lanciare le prime accuse contro il Cremlino. Il primo articolo di questo genere è uscito lo scorso 28 settembre con il titolo “Hacker russi aiutano a tenere aperti i siti sul luogo delle votazioni per il Referendum catalano”. Nello stesso pezzo, oltre che una smaccata posizione pro Madrid (si fa riferimento al referendum come “illegale”), si può leggere un’accusa diretta contro Mosca. Nello specifico secondo la Guardia Civile spagnola “un gruppo di hacker con sede in Russia e paesi satelliti starebbe creando link permanenti così da avere molte copie per rendere visibili i luoghi delle votazioni, un fatto che renderà impossibile l’azione della polizia e magistratura spagnola nel chiuderli”.

La polizia di Madrid aveva infatti tentato, inzialmente riuscendoci, di oscurare tutti i siti che dessero le informazioni su dove recarsi per votare al Referendum. L’articolo conclude infine la sua accusa citando l’attività propagandistica pro referendum fatta da Julian Assange in questi giorni. Il fondatore di Wikileaks è, secondo El Pais, collegato direttamente al Cremlino.

Ancora una volta le prove sono inconsistenti

È stato poi il giornalista David Alandete, direttore aggiunto di El Pais, a rimarcare le accuse con due editoriali usciti entrambi il primo di ottobre. In entrambi si dà per scontato come la “macchina dell’ingerenza russa abbia intensificato i suoi sforzi sui social media per alimentare le divisioni nelle ultime ore prima del Referendum catalano sull’indipendenza tenutosi domenica”. Alandete elenca poi quelle che dovrebbero essere le “prove” di questa ingerenza. Una di queste sarebbe l’attività di Infowars, un portale d’informazione alternativa gestito dal cospirazionista Alex Jones. Su questo sito sarebbero uscite notizie “fake” apposite per creare disinformazione circa il Referendum catalano.

El Pais risulta tuttavia più ermetico nel fornire spiegazioni sul presunto collegamento tra Infowars e il Cremlino. Secondo il quotidiano spagnolo Infowars avrebbe partecipato anche alla campagna di “disinformazione” che avrebbe favorito l’elezione di Donald Trump. Una prova che secondo El Pais è sufficiente a collegare i cospirazionisti di Infowars con Vladimir Putin. Lo stesso impianto accusatorio coinvolge il tabloid The Drudge Report, l’account Twitter @WillyClicks e Hamilton 68. Tutti colpevoli di essere al soldo di Mosca, senza che vi siano però prove a dimostrarlo. Vengono poi accusati i media russi Sputnik e RT per aver pubblicato articoli critici nei confronti del Governo di Madrid. Anche in questo caso viene citato Julian Assange come prova del coinvolgimento russo, nonostante lui stesso abbia sempre negato qualsiasi legame con il Cremlino.

Le vere “bufale” ignorate dai media

Come in tutti i Russiagate precedenti (quello americano, francese e tedesco) l’impianto delle accuse è insufficiente e i fatti portati come “prove” sono ben lontani dal dimostrare qualcosa di concreto. Risulta poi ambiguo questo atteggiamento da caccia alle streghe tenuto dai media europei nei confronti di un supposto intervento russo. La stessa solerzia tende infatti a sparire quando a ridosso di elezioni si sono verificate ingerenze, quelle sì reali e dirette, di rilevanti attori economici. Su questo portale è stato più volte scritto come alcune delle principali banche e gruppi finanziari della City londinese abbiano creato terrorismo psicologico prima del Referendum sulla Brexit. Previsioni catastrofiche che non si sono poi verificate. Dunque delle vere e proprie “fake news”. Le stesse millantate prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.

La Russia non ha nessun interesse nel sostenere l’indipendenza catalana

A sottolineare poi l’insensatezza delle accuse contro il Cremlino vi sono poi delle ragioni geopolitiche non indifferenti. Sostenere l’indipendentismo catalano sarebbe per Vladimir Putin controproducente in termini assoluti. Sia perché legittimerebbe le velleità di indipendenza curde in Iraq, scatenando così nuovi inevitabili conflitti, in una zona che ha visto un importante impegno russo per la pacificazione. Sia perché verrebbero così legittimati e rafforzati tutti gli indipendentismi presenti nella Confederazione russa. Uno su tutti, quello ceceno. Proprio adesso con il recente “rientro a casa” dei jihadisti da Siria e Iraq, la Cecenia torna ad essere un problema spinoso per Mosca. Sostenere l’indipendentismo sarebbe dunque una scelta più che autolesionista per Vladimir Putin. 

 
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