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Giuliano Ferrara: l’elefante italiano in TV da ITALIADALLESTERO.INFO

Post n°7849 pubblicato il 06 Maggio 2012 da Ladridicinema
 

Giuliano Ferrara: l’elefante italiano in TV

The Guardian

Giuliano Ferrara è un giornalista corpulento, ex Ministro nel primo governo di Silvio Berlusconi degli anni ‘90. È anche la figura centrale – anzi, l’unica – di Qui Radio Londra sul primo canale televisivo dell’emittente di stato italiana, RAI. Subito dopo il primo telegiornale della sera, il suo programma non avrebbe potuto avere uno spazio più influente.

Eppure nel programma Ferrara sta seduto di fronte alla telecamera dando lezioni agli spettatori su tutto ciò che gli passa per la testa, per 5 – 7 minuti. Ferrara è un uomo brillante: eloquente, provocatorio e colto. Ma è anche indubbiamente un uomo di Berlusconi. Il suo quotidiano, Il Foglio, è stato fondato con l’aiuto del denaro dell’attuale ex moglie del magnate e, quando l’ultimo governo Berlusconi è entrato in crisi, Ferrara è stato convocato per dargli consiglio. È difficile pensare a un altro Paese europeo, tranne forse la Bielorussia, in cui un giornalista così palesemente di parte possa avere l’opportunità di “approfondire” le notizie.

Che il suo programma abbia lo stesso nome di quello trasmesso dalla BBC durante la guerra e la resistenza anti-nazista è grottesco, come se Qui Radio Londra desse voce alle vittime di una dittatura. Fino al novembre scorso, quando ha perso il potere, Silvio Berlusconi era stato al governo per 8 degli ultimi 10 anni. Durante il regno di Berlusconi, la RAI, il cui consiglio di amministrazione riflette i rapporti di potere in Parlamento, faceva eco al Governo su due dei suoi tre canali. E tre dei rimanenti quattro canali nazionali sono di proprietà di Berlusconi.  

Ferrara si definisce “l’elefante”, termine doppiamente appropriato [in lingua inglese] perché Qui Radio Londra rappresenta la prova evidente del conflitto di interessi nei media italiani: sebbene qualunque cosa possa essere cambiata in Italia dopo le dimissioni di Berlusconi dello scorso novembre, il suo intimidatorio potere mediatico rimane sconfinato. Ed è improbabile che qualcosa cambi prima delle prossime elezioni politiche, previste per la primavera del 2013.

L’unica decisione significativa sui mezzi di comunicazione elaborata dal governo “tecnico” che ha rimpiazzato Berlusconi è stata quella di insistere per mettere all’asta un nuovo gruppo di frequenze TV del digitale terrestre (il governo Berlusconi aveva deciso che avrebbero dovuto essere regalate, e non è difficile immaginare a chi). Questa mossa è stata persino coraggiosa. Il governo di Mario Monti è mantenuto al potere da un’alleanza dei tre maggiori gruppi parlamentari. E il più grande di tutti è sempre il partito di Berlusconi, il Popolo della Libertà, PdL. Il governo voleva riformare la RAI. Ma sembra che i partiti che lo sostengono abbiano posto il veto su questa idea. Il mese scorso il Ministro responsabile ha timidamente annunciato che non ci sarebbe stato abbastanza tempo per la riforma prima della fine della legislatura.

Se l’oscena concentrazione di influenza mediatica in Italia sta per essere erosa, non è certo grazie ai suoi politici. Sky Italia di Rupert Murdoch raggiunge adesso 5 milioni di case italiane e il suo canale di notizie 24 ore su 24 offre una  copertura equilibrata, se ciò può rassicurare. Oltre a ciò, e forse anche più importante, c’è internet. Un crescente numero di giovani italiani semplicemente ignora i prodotti dei mezzi di comunicazione tradizionali per ottenere notizie ed opinioni da siti web di attualità, sempre in aumento, in italiano. Ma il cambiamento è lento.

Il tasso di diffusione di internet in Italia è fra i più bassi d’Europa. Fino all’anno scorso, secondo Eurostat, quasi il 40% degli italiani non aveva mai usato internet, a differenza di poco più del 10% in Gran Bretagna. I sondaggi indicano che gli italiani ricevono ancora quattro quinti delle notizie dai media tradizionali.

Gli effetti sono impossibili da dimostrare. Ma nel 2010 un ente pubblico, l’ISAE, ha svolto un’indagine per capire quanto la percezione degli italiani sull’economia corrispondesse alla realtà. Le risposte hanno dimostrato che, per ognuna delle tre voci (crescita, inflazione e disoccupazione) gli italiani pensavano che le cose fossero migliori di quanto in realtà fossero quando Berlusconi era al potere, e peggiori quando invece erano i suoi avversari ad essere in carica. Nel 2007, ad esempio, quando l’Italia era guidata dal centro-sinistra, la gente pensava, in media, che il tasso di disoccupazione fosse del 14,2%. In realtà, era meno della metà. Nell’anno in cui Berlusconi è tornato al potere, la media percepiva che il tasso si fosse abbassato al 9,5%, anche se il dato reale era cambiato appena. 

 
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