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Lettere da Berlino

Post n°13815 pubblicato il 08 Maggio 2017 da Ladridicinema
 

Berlino, 1940. All'indomani dell'occupazione di Parigi da parte delle truppe tedesche, una lettera della Wehrmacht notifica la morte del figlio di Otto e Anna Quangel sul fronte francese. Caduto per la patria e in nome del Führer, Hans era la bella ragione di vita di Otto e Anna che inconsolabili intraprendono una resistenza silenziosa con carta, penna e scrupolo. Munito di guanti per non lasciare impronte, Otto redige cartoline antinaziste che deposita in luoghi strategici con la speranza di risvegliare la coscienza tedesca e porre fine alla follia hitleriana. Assoldato l'ispettore della Gestapo Escherich, inizia una serrata caccia all'uomo. Prudenti e metodici, Otto e Anna riparano dietro una vita ordinaria e un condominio che rispecchia il momento storico, affollato di giusti, miserabili, ebrei che temono la delazione e delatori che non vedono loro di denunciare ebrei. Le stagioni intanto scorrono, la guerra tuona e la città è stremata dai bombardamenti e dal clima di diffidenza diffusa. Duecentoottantacinque cartoline dopo una tasca bucata tradisce Otto, che viene arrestato e processato con la consorte. La sentenza per entrambi è di morte.
Non è affatto vero che Hitler non conobbe oppositori in Germania, che la popolazione tedesca era un blocco filonazista monolitico, vero è quanto fosse difficile dissentire con azioni dirette non appena il dittatore prese il controllo delle istituzioni nazionali. Questo non convalida né tantomeno giustifica il consenso della nazione a un capo scellerato ma aiuta ad avvicinare la complessità delle scelte morali che uomini e donne hanno dovuto affrontare in tempi in cui l'unica libertà permessa agli individui era l'adeguamento alla volontà del partito, l'unico valore sociale legittimato quello della denuncia.

Trasposizione del romanzo resistente di Hans Fallada ('Ognuno muore solo'), Lettere da Berlino è la storia di una coppia che alla morte del figlio si risveglia da un abbaglio e 'spedisce' ai suoi concittadini cartoline postali con appelli alla ribellione. Ma in fondo quello che si aspettano i protagonisti è di essere denunciati dal vicino o da un collega di lavoro perché nella Berlino degli anni Quaranta la delazione era considerata il dovere civico per eccellenza.

Marzia Gandolfi / MYmovies.it

Se un merito ha il film 'in costume' di Vincent Perez è quello di parlare dei crimini del nazismo non solo nelle forme di disumanizzazione concretamente messe in atto ma anche nella normalità della vita quotidiana. Dal buio profondo del conformismo generale, il regista pesca Otto e Anna Quangel, una coppia della working class che riuscì a ragionare da sola, libera da preconcetti e pregiudizi. Ispirati a Otto ed Elise Hampel, giustiziati nel 1943, i protagonisti 'vuotati' dal dolore della perdita guardano finalmente agli eventi nella loro dimensione reale, acquisendo la forza di giudicarli, di contestarli, di combatterli. Film di attori così efficaci da rendere tollerabile l'ambizione internazionale di Pérez, nella versione originale Emma Thompson e Brendan Gleeson parlano inglese con accento tedesco, Lettere da Berlino racconta come la vita degli individui fosse controllata nei pensieri, nelle emozioni, nei comportamenti e condizionata dal meccanismo della delazione, l'invenzione sociale più riuscita e ferale di tutto il sistema nazista, poi ripresa col medesimo 'successo' da quello sovietico. 
Attore e regista tedesco da parte di madre, Vincent Pérez fa i conti con un'eredità che sente pesante, emergendo dalla follia collettiva di una nazione diciotto cartoline (mai denunciate) e due uomini giusti, che s'impegnarono a mantenere la propria autonomia, senza abdicare la dignità e difendendo l'idea stessa di umanità. La forza del tema e il potere edificante della storia originale non trovano tuttavia un corrispettivo formale all'altezza. Pérez predilige una struttura classica, nessuna audacia, alcuna asprezza.
Lettere da Berlino è un thriller emozionale prima che storico e politico che spinge avanti la relazione dei coniugi protagonisti ma manca la disperazione e l'insensatezza (assennata), motori della loro insubordinazione. Tutti gli altri personaggi finiscono per mancare di profondità e coerenza, su tutti l'ispettore di Daniel Brühl, il cui passaggio da sadico nazista a funzionario pentito non contempla le nuance. Troppo facile risolvere la struttura ideologica del regime nei segni esteriori (bandiere naziste e saluto hitleriano), difficile invece dire in inglese una colpa tedesca. La lingua di 'accoglienza' cancella l'identità originale di questa storia, rinforza la rimozione e produce un distacco emotivo, disertando il complesso significato di resistenza nella società civile e abitando sonorità (e logiche) separate dalla memoria del corpo.

 
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