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Il sosia - The double

Post n°14568 pubblicato il 17 Agosto 2018 da Ladridicinema
 

Portare Dostoevskij al cinema: lo stai facendo bene. Il fatto che a riuscirci sia un giovane comico inglese (Richard Ayoade) non è un dettaglio di poco conto, perchè l’assurdo assunto di base di una pellicola come Il sosia – The double in mano ad un regista troppo serioso non avrebbe forse oltrepassato quel limite frustante che sta alla base di ogni opera del grande drammaturgo russo.

Il sosia - The Double - PosterNon è un film facile Il sosia, così come non è mai stata facile la lettura di Dostoevskij, al quale mi sono imbattuto (non per mia volontà) anni fa: ricordo le atmosfere che si ricreavano senza volerlo nella mia mente, quell’oppressione che ammorbava le pagine di un romanzo che sembrava non finire mai mentre desideravo finisse presto, e quasi mi sentivo uno stupido nel giudicare “kafkiane” le vicende che si dipanavano ai miei occhi, mentre invece probabilmente, non ero l’unico.

Perchè l’ombra di Kafka aleggia anche nella pellicola di Ayoade, cupa e allucinata, dalle atmosfere ai personaggi, all’interno del quale il faccione monoespressivo del Jesse Eisenberg della prima parte è la cosa che più si avvicina al mio stato d’animo di spettatore.

Jesse Eisenberg in “Il sosia – The Double“.

Il sosia è la storia del doppio, quello che nasce spontaneo in un mondo di frustrazione, quello che emerge quando nessuno ti vede: ed al protagonista Simon non lo vede proprio nessuno, invisibile ai colleghi del “sistema” (che sembra a pelle una sorta di mega ditta di fantozziana memoria), un numero per i superiori, un disagiato per la madre ed un collega al quale fare le fotocopie per Hannah (Mia Wasikowska), la ragazza del quale è segretamente innamorato.

Fino a quando James, il suo doppio (o doppelgänger come preferiscono chiamarlo “quelli bravi”) non esce fuori prepotentemente, sostituendosi nella vita di Simon in tutto e per tutto fino a portarlo alla disperazione: ma chi è “davvero” questo sosia che somiglia in maniera così impressionante al nostro protagonista?

Atmosfere surreali al limite del grottesco ammorbano una pellicola di difficile interpretazione, impossibile da decifrare pienamente, contorta in lunghi tratti, con un retrogusto amaro, il tutto ambientato in una sorta di cappa oscura che stringe al collo come un cappio: c’è però questa sorta di crescendo che accompagna lo spettatore lungo il percorso inverso del protagonista, e proprio mentre la commedia surreale si trasforma in qualcosa di molto vicino al thriller psicologico ci si rende conto che la pellicola di Richard Ayoade è molto più lucida e comprensibile di quanto si possa pensare, non è un bel film, ma è molto interessante.

 

Ed interessante è anche il messaggio cinematografico che Il Sosia lancia, perché per trovare qualcosa di umanamente simile dobbiamo “scomodare” pellicole come il Fight Club di David Fincher, solo che mentre il cult dei cult degli anni ’90 scindeva il doppio nella contrapposizione Brad Pitt/Edward Norton nel film di Ayoade c’è un bravissimo Jesse Eisenberg (in una delle sue prove migliori dai tempi di The Social Network) a giocare con le diverse personalità dei due protagonisti, mantenendosi sempre fedele allo Jakov Petrovič del romanzo pur dovendosi muovere in un contesto completamente diverso.

La redazione di Filmovie a questo punto, consiglia di andare a recuperare Il Sosia(rigorosamente in homevideo, dal momento che la pellicola non è stata distribuita in sala)?

Non lo so, Il Sosia è una scommessa, riuscire a dare una propria interpretazione trovandoci più di uno spunto interessante vuol dire vincerla, perdersi nelle ossessioni e nelle difficili articolazioni narrative che, specie nel finale, il regista costruisce senza rispetto alcuno per lo spettatore in difficoltà, al contrario non solo ti lascia sconfitto, ma anche abbastanza deluso e frustrato. Provare per credere.

 
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