Affinché la popolazione accetti senza troppe obiezioni le restrizioni della libertà disposte dal Governo per arginare la diffusione del Coronavirus occorre che le percepisca come necessarie. A tale scopo, sembra che in Italia sia scattata una specie di ossessione contro ogni dubbio o insinuazione che riguardi la narrazione omogenea di ciò che sta accadendo. E se “l’Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al Covid-19 sul web e sui social network”, annunciata da Andrea Martella (Sottosegretario Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria), servisse proprio a blindare ancora di più questa narrazione? Il sospetto c’è, suffragato, da un lato, dalla “mission” della task force, dall’altro, dalla composizione stessa del gruppo di lavoro. Le fake news, sostiene il Sottosegretario, “sono pericolose in tempi normali, tanto più in una situazione di emergenza possono determinare disorientamento dell’opinione pubblica, discredito delle istituzioni e del sistema scientifico”. Perciò la task force “si occuperà di monitorare e classificare i contenuti falsi, di studiare e promuovere campagne istituzionali di comunicazione, di promuovere partnership con soggetti specializzati e con i principali motori di ricerca, di coinvolgere i cittadini e gli utenti”. Si tratterà di un organismo che servirà per ”smascherare queste notizie false che possono determinare un danno alla nostra società, alla coesione sociale e alla qualità stessa della nostra democrazia”.

Il rischio che si corre creando un organo di questo tipo è lapalissiano: se ogni notizia che provochi “disorientamento dell’opinione pubblica” o “discredito delle istituzioni” sarà classificata come fake news, e quindi bandita, c’è la possibilità che possa essere scalfita la libertà di espressione? Questa task force, di fatto, deciderà cosa è o non è fake news nell’ambito di tutto ciò che attiene l’emergenza sanitaria in atto e le misure che la caratterizzano. Per combattere “l’insidia della disinformazione che indebolisce lo sforzo di contenimento del contagio”. A deciderlo sarà un gruppo di persone (di cui singolarmente non è nostro compito stabilire valore e professionalità) che, presi nell’insieme, non possono che sollevare alcune perplessità. C’è il Sottosegretario Martella, che in tempi non sospetti era stato promotore della creazione di un gruppo di lavoro sul fenomeno dell’odio online. Poi Riccardo Luna (giornalista di Repubblica, da sempre nel mainstream), Francesco Piccinini (direttore di Fan Page), David Puente (che si definisce blogger e debunker ma, su Open, il suo fact checking è andato, a volte, ben oltre la definizione stessa), Ruben Razzante (Professore universitario di Diritto ed editorialista su Il Giorno), Luisa Verdoliva (docente di Telecomunicazioni), Roberta Villa (giornalista, laureata in medicina e chirurgia), Giovanni Zagni (direttore di Pagella Politica) e Fabiana Zollo (ricercatrice)Quest’ultima è stata responsabile scientifica del progetto di ricerca europeo QUEST (Quality and Effectiveness in Science and Technology communication). Pare che il suo gruppo di lavoro abbia (addirittura) elaborato un algoritmo che è in grado di prevedere con grande accuratezza (77%) quali temi, sui social network, nel giro di 24, ore possano divenire oggetto di fake news.

La preoccupazione, che può pericolosamente sbandare nell’inquietudine, di stare assistendo alla nascita di una specie di censura preventiva, cessa di essere un’ipotesi così surreale dal momento che la stessa componente, Roberta Villa, si è espressa così sui social: “Da parte mia mi opporrò con forza (ed è principalmente per questo che sono contenta di essere seduta a questo tavolo virtuale) a ogni forma di censura o di etichettatura governativa di vero/falso”. Cè anche da tenere in considerazione il paradosso che proprio l’informazione governativa, dall’inizio dell’emergenza, è stata quanto mai lacunosa e contraddittoria: non solo sulla famigerata questione delle mascherine, prima inutili ora salvifiche, ma anche sull’interpretazione stessa delle misure di prevenzione alla diffusione del contagio. Per non parlare dell’approccio iniziale all’influenza, poi epidemia, poi pandemia. Inoltre, se persino ricercatori e virologi appaiono spesso in contrasto (sopratutto in televisione) nel merito dell’infezione, del contagio e delle misure preventive, come possono un gruppo di persone, la maggior parte senza competenze scientifiche, determinare cosa è vero e cosa no? In una fase storica in cui tante libertà costituzionali sono state sospese, era proprio necessario mettere in discussione anche l’art. 21? È vero, le fake news rappresentano un “cancro” nell’informazione del nostro tempo, ma è anche attraverso una coerente comunicazione istituzionale che vanno combattute, non a suon di tweet e dirette facebook.