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Messaggi di Giugno 2017

 

Film nelle sale da domani

Post n°13903 pubblicato il 28 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

 

 

 
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Transformers 5 incassa quasi 2 milioni nel weekend

Post n°13902 pubblicato il 28 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Transformers 5: L'ultimo Cavaliere (Guarda la videorecensione) vince il weekend con quasi 2 milioni di euro complessivi, distanziando nettamente tutti i concorrenti. Il film è però partito peggio dei predecessori, com'è avvenuto in gran parte dei mercati occidentali, e non pare avere la forza per migliorare il record del quarto episodio, che con 8,7 milioni di euro ottenne nel 2014 il dato migliore per il franchise nel nostro Paese. Più probabile che Transformers 5: L'ultimo Cavaliere si fermi attorno ai 4/5 milioni.
Sul podio sale La Mummia (Guarda la videorecensione), che sopravanza di poco Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar (Guarda la videorecensione). Il film chiude la settimana con un incasso complessivo di 11,7 milioni, a 300mila euro e spicci da Suicide Squad, che occupa il nono posto della classifica assoluta stagionale. Difficile che il film Disney riesca a superarlo. 

Buon recupero, durante il weekend, per Civiltà Perduta (Guarda la videorecensione), che grazie al passaparola sale fino a quasi 200 mila euro nel weekend, mentre sempre ottime sono le medie di Nerve, che ha superato il milione di euro complessivo. Ultimi botti per Wonder Woman (Guarda la videorecensione), che da noi non ha sfondato e Baywatch (Guarda la videorecensione), un mezzo flop come del resto è stato più o meno in ogni parte del mondo. 
L'unica uscita forte prevista prima della fine della stagione a fine luglio è Spider-Man: Homecoming, in arrivo la settimana prossima: giovedì solo uscite di scarsa caratura commerciale quali 2.22 - Il destino è già scrittoBeDevil - Non installarlaCodice CriminaleIl tuo ultimo sguardo e L'Infanzia di un capo. La stagione è agli sgoccioli e si vede. 
470.779 visitatori: +144,97% vs Comingsoon.it - Fonte Audiweb - dati della giornata di domenica 25 giugno 2017. 

 
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Stefano Rodotà lo predisse: "Con la scusa del terrorismo ci leveranno democrazia e diritti"

Post n°13901 pubblicato il 28 Giugno 2017 da Ladridicinema

da antidiplomatico

Stefano Rodotà lo predisse: Con la scusa del terrorismo ci leveranno democrazia e diritti
 
Sulla deriva autoritaria in Europa...
 
Quello che è accaduto negli Stati Uniti dopo l'11 settembre è noto. Con le rivelazioni sulla “sorveglianza di massa” della NSA da parte di Edward Snowden sappiamo come quel paese si sia trasformato in uno dei regimi più oppressivi conosciuti in termini di libertà.
Dopo il 13 novembre parigino, l'Unione Europea si appresta a fare lo stesso, iniziando una guerra generale e indistinta a sacrificio di diritti e libertà all'interno.
In una bellissima intervista a l'Espresso del maggio scorso, il noto giurista e candidato Presidente della Repubblica per il Movimento 5 Stelle nel 2013, Stefano Rodotà, anticipava proprio questo, riferendosi alla strage di Charlie Hebdo.
 
Il professore emerito spiegava questo: “Sta accadendo, e non è la prima volta, che utilizzando come argomento, o meglio, come pretesto, fatti riguardanti il terrorismo o la criminalità organizzata si dice 'l'unico modo per tutelare la sicurezza è quello di diminuire le garanzie e di aumentare le possibilità di controllo che le tecnologie rendono sempre più possibile'.
E questo è sempre avvenuto, è avvenuto in particolare dopo l’11 settembre, vicenda che ho vissuto in prima persona perché all’epoca presiedevo i garanti europei e ho avuto una serie di contatti continui con gli Stati Uniti che chiedevano un’infinità di informazioni da parte dell’Europa, cui abbiamo in parte resistito.
 
E sul pericolo della democrazia: “Questo momento rappresenta un passaggio istituzionale importante, vi è una prepotenza governativa, rispetto alla quale i parlamenti non se la sentono di resistere: tanto in Spagna quanto in Francia, in sostanza c’è una accettazione sia della maggioranza che dell’opposizione. In Francia addirittura l’iniziativa è di un governo socialista, anche se sappiamo chi è Manuel Valls e perché è stato scelto. Tutto questo sta spostando l’attenzione e le garanzie nella direzione degli organismi di controllo giurisdizionali, cioè gli organismi che vegliano sulla legittimità di queste leggi dal punto di vista del rispetto delle garanzie costituzionali.
Che sono le Corti Costituzionali in Europa e negli Stati Uniti le Corti Federali.
Non vorrei che si dicesse "Eh cari miei voi la privacy l’avete già perduta perché la tecnologia in ogni momento vi segue e vi controlla", perché la verità è che l’attentato ai diritti fondamentali legati alle informazioni viene dalla politica e questo è il punto. Non è la tecnologia.
 
[….]
 
“La legge spagnola e la legge francese mettono radicalmente in discussione la libertà di manifestazione del pensiero. Finora commettere un reato nell’accesso ad un sito era previsto solo per la pedopornografia. Adesso in Spagna è previsto "l’indottrinamento passivo": il semplice fatto che io vada su un certo sito può essere reato.
D’altro canto, nella norma francese in discussione si è introdotta la possibilità di mettere in rete strumenti che consentono di seguire continuamente l’attività delle persone. Nella legge francese si usa addirittura l’espressione "boîtes noires" per definire dei congegni che riducono le persone ad oggetti, utilizzando un apparato tecnologico per verificarne minuto per minuto, il comportamento. E qui c’è una trasformazione stessa del senso della persona, della sua autonomia, del suo vivere libero. La Germania ha stabilito che non è possibile farlo, esiste una privacy dell’apparato tecnologico che si utilizza, estendendo l’idea di privacy dalla persona alla strumentazione di cui si serve.
Inoltre, relativamente alla possibilità di entrare all’interno dell’apparato tecnologico dell’utente, che è una delle ipotesi al vaglio del legislatore, la Corte costituzionale tedesca recentemente ed ancor più recentemente la Corte Suprema degli Stati Uniti hanno affermato che non è legittimo.
Se la Francia porta avanti questa discussione e la Germania resta ferma sui principi enunciati dalla sua Corte Costituzionale allora avremo nuovamente un’Europa a due velocità, dove i cittadini francesi perdono velocità, perdendo diritti”.
 
Dopo il 13 novembre il carro della democrazia sembra essere partito con tutti i buoi.

 
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È morto Stefano Rodotà, aveva 84 anni da lastampa

Post n°13900 pubblicato il 28 Giugno 2017 da Ladridicinema

Giurista, politico e accademico. La camera ardente nella sala Aldo Moro della Camera
LAPRESSE

La camera ardente di Stefano Rodotà è stata aperta nella sala Aldo Moro della Camera. Raffinato giurista e appassionato politico, una vita spesa per difendere i diritti e la legalità, Rodotà è morto venerdì a 84 anni. Intellettuale di sinistra, si è contraddistinto per la sua libertà, dalla militanza radicale alla presidenza del Pds. Primo Garante della Privacy, nel 2013 è stato candidato al Quirinale con il sostegno di M5S e di pezzi di centrosinistra. Nell’ultima intervista a La Stampa, smontò il mito della democrazia diretta. 

Nato a Cosenza nel 1933, si laurea alla Sapienza di Roma in Giurisprudenza. Così La Stampa ne raccontava (in un articolo del 2013) gli anni giovanili: «Ha una passione politica antica, sin dagli anni dell’adolescenza, quando correva nella notte all’edicola ad attendere l’uscita del mitico Mondo di Mario Pannunzio. Bambino, nella piccola casa del padre che era un semplice insegnante di matematica di origine albanese, in quella Cosenza in cui si sciolse il Partito d’Azione, passavano personaggi del calibro di Riccardo Lombardi e Ugo La Malfa. Passione politica divampata subito, nell’animo del giovane Stefano, che s’iscrive al partito radicale di Pannunzio, che conosce insieme a Luigi Spaventa e Tullio De Mauro su presentazione di Elena Croce, ma poi rifiuta di candidarsi in Parlamento per il partito di Pannella. Radicale nella difesa del principio di uguaglianza, in Parlamento Rodotà entra come indipendente nelle liste del Pci».  

 

Primo garante della privacy  

Una volta giunto alla Camera, approda alla commissione Affari costituzionali e vi ritorna nel 1983, quando diventa presidente del gruppo Misto. È prima ministro ombra della Giustizia di Occhetto e poi il primo presidente del nuovo partito della sinistra. Fa parte delle commissioni bicamerali Bozzi e De Mita-Iotti per la modifica della Costituzione. Esce dal Parlamento nel 1994 e torna all’insegnamento universitario, ma nel 1997 diventa il primo presidente dell’Autorità per la privacy e vi rimane fino al 2005. Tra gli autori della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea. È stato componente del Gruppo europeo per l’etica delle scienze e delle nuove tecnologie. Fra i più accesi oppositori del ddl bavaglio sulle intercettazioni proposto dall’ultimo governo Berlusconi.  

 

La candidatura al Quirinale  

Nel 2013 ha firmato l’appello di MicroMega per l’ineleggibilità di Berlusconi e nello stesso anno è stato il candidato per il Quirinale dal Movimento 5 Stelle. Era arrivato terzo alle consultazioni online dei grillini, ma Milena Gabanelli e Gino Strada rinunciarono. «Vivo queste manifestazioni con il giusto distacco ironico, è un periodo ipotetico dell’irrealtà - disse -Ho lasciato la politica parlamentare quasi vent’anni fa, non ho tratto benefici personali dai miei incarichi, ho rifiutato diverse offerte: una volta mi chiamò Prodi dalle Nazioni Unite chiedendomi di fare il commissario della Federcalcio, amo molto lo sport, a malincuore dissi di no. Se guardo indietro vedo che ho fatto sempre quello che mi sentivo capace di fare. E alla mia età mi fa sinceramente piacere che qualcuno si ricordi di me».  

 

La sua candidatura al Quirinale spaccò il Pd (Fabrizio Barca: «Incomprensibile che il partito non appoggi Rodotà»), fu tuttavia ufficialmente appoggiato solo dal Movimento 5 Stelle per i sei scrutini che portarono poi alla rielezione di Giorgio Napolitano (prese 240 voti al primo; 230 al secondo; 250 al terzo; 213 al quarto; 210 al quinto; 217 al sesto). 

 

La famiglia  

Rodotà lascia la moglie Carla Pogliano e due figli, fra cui Maria Laura, giornalista del Corriere della Sera, che ha lavorato anche alla Stampa. In famiglia era soprannominato “il Garante”. La camera ardente resterà aperta anche domenica dalle 10 alle 19. 

 
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Al Baghdadi ucciso dai russi? L'occidente schizofrenico censura la notizia e "insegue" il ministro che l'annuncia

Post n°13899 pubblicato il 28 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

da antidiplomatico

Al Baghdadi ucciso dai russi? L'occidente schizofrenico censura la notizia e insegue il ministro che l'annuncia
 


Il 16 giugno il ministero della Difesa russo annunciava che in un raid compiuto a Raqqa a fine maggio, la sua aviazione aveva ucciso circa trecento terroristi dell’Isis, tra cui molti dei suoi dirigenti. E forse lo stesso al Baghdadi, il capo dei capi.


Mosca non dava certezze in proposito, dal momento che la sua intelligence stava verificando le proprie fonti; resta che si trattava di un annuncio più che esplosivo.


Certo, il Califfo era stato dato per morto tante volte in passato e poi era risultato vivo e vegeto. Ma tali annunci erano sempre giunti da fonti di secondo piano: un funzionario iracheno o siriano, un media arabo o altro del genere. Stavolta a parlare era stato il ministero della Difesa russo, che ha altra autorevolezza, come riconoscevano anche tutti i cronisti e analisti internazionali.


E però la notizia era stata riportata dai media occidentali con certa sufficienza. Pochi gli articoli, più necessitati che altro. Tutti, infatti, si sono limitati a riportare la nuova, mettendone in evidenza l’incertezza e riportando la reiterazione delle smentite precedenti.


In realtà i russi avevano accennato a verifiche in atto. Nessuno ha incredibilmente pensato di chiedere all’intelligence occidentali, che pure ha occhi e orecchi affinati e presenti in loco quanto se non più dei  russi, se stava compiendo verifiche analoghe,


Sottolineiamo quell’incredibilmente perché è davvero impensabile che la sorte del Califfo del Terrore non interessi affatto ai servizi di informazione e alle autorità civili e militari occidentali, che peraltro, anche in questo caso incredibilmente, hanno evitato ogni commento alla notizia, come fosse qualcosa che non li riguardava.


Già, come se i russi avessero notificato la neutralizzazione di un qualche ladro di polli e non di quello che a detta dei massimi esponenti della politica occidentale rappresenta il più temibile nemico dell’Europa e degli Stati Uniti. L’uomo che ha sulla coscienza le stragi di Orlando, di Nizza, di Parigi, di Manchester, solo per citarne alcune delle più efferate.


Una ritrosia dovuta all’incertezza della notizia? Siamo alquanto certi che se la nuova fosse stata recata dal ministero della Difesa americano avrebbe avuto ben altro rilievo. Né l’incertezza spiega l’inerzia e l’afasia occidentale.


Peraltro l’apatia si è ripetuta un giorno fa, allorquando il vice ministro degli Esteri russo Oleg Syromolotov, in un’intervista a Ria Novosti, ha ribadito che la morte del Califfo è «altamente probabile», anche se non ancora del tutto accertata. Dichiarazioni che hanno destato ancora meno interesse delle precedenti in Occidente.


Peraltro val la pena sottolineare che i russi hanno parlato solo una quindicina di giorni dopo il bombardamento, quindi dovevano aver già fatto dei riscontri e aver deciso che si trattava di un’informazione quantomeno probabile. Non solo: in tutti questi giorni il Califfato non ha ancora smentito, come sarebbe lecito attendersi in caso di notizia del tutto infondata.


Certo, potrebbe farlo domani, ma una smentita credibile deve essere fatta necessariamente via video: un filmato nel quale appaia lo stesso al Baghdadi. Perché la smentita risulti convincente, infatti, non basta una semplice dichiarazione.


E in caso di avvenuta eliminazione, sarebbe pericoloso usare un sosia, dal momento che esperti analisti potrebbero scoprire il trucco.


Il silenzio dell’Isis insomma risulta alquanto strano, anche perché più i giorni passano più il dubbio che la notizia sia vera può far circolare incertezza tra le sua fila.


C’è chi ha rilevato che in ogni caso l’eventuale uccisione del Califfo cambierebbe poco, ché morto un al Baghdadi se ne fa un altro. Vero, ma fino a un certo punto, dal momento che l’Agenzia risulterebbe comunque più vulnerabile (e sicuramente “vulnerata”) di prima.


Ma al di là della considerazione, non si vede come la vera o presunta adattabilità dell’Isis a una nuova situazione dovrebbe relativizzare la notizia, che invece resta di primo livello.


Insomma, l’apatia dell’Occidente di fronte alla notizia dell’eventuale neutralizzazione del Califfo resta alquanto inspiegabile. O forse spiegabilissima: non si vuole riconoscere un eventuale merito dei russi nella lotta contro il terrorismo.


O forse la verità è ancora più oscura e indicibile. Tempo fa riportammo la tragica affermazione del senatore americano John McCain, secondo il quale per l’Occidente la Russia è un nemico peggiore dell’Isis.


McCain può essere un pazzo esaltato, ma il clima di caccia alle streghe (sorta di maccartismo di ritorno), che si respira in questi mesi in Occidente lo rende meno molto meno isolato di quanto appaia.

Sono tanti gli ambiti politici, militari e finanziari nonché i media e gli analisti che, se anche non potranno mai ammetterlo pubblicamente, concordano con le idee di McCain.

Da questo punto di vista appare alquanto significativo l’incidente avvenuto tre giorni fa, quando un caccia della Nato ha inseguito l’aereo sul quale viaggiava il ministro della Difesa russo (vedi Piccolenote), allontanandosi solo dopo l’arrivo di un caccia russo.


Un incidente più che simbolico, dacché il caccia della Nato ha minacciato proprio il ministro russo che ha dato al mondo l’annuncio della probabile morte di al Baghdadi. E proprio nei giorni in cui il Terrore colpiva in Europa (attentati a Londra, Parigi, Bruxelles).


C’è qualcosa, anzi tanto, di schizofrenico in tutto questo. Il Terrore non potrà essere battuto se l’Occidente non si lascia alle spalle tale schizofrenia, ponendo un freno agli ambiti internazionali che la stanno disseminando a  piene mani attraverso giornali e Tv.

 
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Intervista ad Ammar Bagdash: "I media hanno smesso di parlare della Siria perché l'imperialismo è stato sconfitto"

Post n°13898 pubblicato il 28 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

da antidiplomatico

Intervista ad Ammar Bagdash: I media hanno smesso di parlare della Siria perché l'imperialismo è stato sconfitto
Il Segretario del Partito comunista siriano: " Adesso che non hanno avuto quella vittoria che immaginavano stanno zitti, ma dopo il fallimento del tentativo di rovesciare il governo, stanno cercando di logorare la Siria con altri strumenti, per questo motivo la battaglia è ancora molto lunga."

di Francesco Stilo, con Bassam Saleh - Marx21

Intervista a Ammar Bagdash, Segretario del Partito comunista siriano


Qual è il ruolo attuale del Partito Comunista Siriano e in cosa consiste il sostegno al governo di Assad?

Il Partito Comunista Siriano ha una posizione ben definita all'interno della società siriana, è un partito che è stato fondato nel 1924 e che ha radici ben piantate tra il popolo siriano. Il nostro dovere attuale è quello di difendere il paese, la nostra terra, dall'aggressione imperialista, ma il partito non dimentica di portare avanti le rivendicazioni sociali, perché più il fronte interno trova risposta alle proprie rivendicazioni più il fronte generale diventa forte e riesce a difendersi dalle aggressioni. In questo senso il nostro motto, da una decina di anni è "difendere la patria, difendere il popolo!".


Qual è l'opinione del Partito Comunista Siriano in merito al socialismo del XXI secolo in America Latina, in merito al partito comunista russo, al partito comunista cinese? E come giudica l'operato dei partiti comunisti occidentali?


Esiste soltanto un socialismo, che non ha niente a che vedere con il luogo o con il tempo, ma che si può trovare già nell'epoca di Gesù Cristo, il problema non è il XXI o il XX secolo, ma ciò che rimane sempre è l'importanza del controllo dei mezzi di produzione, che in questa fase, nella fase dell'egemonia imperialista, sono sotto il totale controllo delle concentrazioni monopolistiche. E' per questo che noi adesso parliamo di socialismo, ma il socialismo come lo intendiamo noi è la proprietà sociale della produzione, di conseguenza qualsiasi cosa che si pone al di fuori del controllo della proprietà sociale è altro rispetto all'interesse del popolo, lo puoi chiamare come vuoi ma non socialismo.


Qual è il punto di vista dei marxisti-leninisti in merito ai recenti sviluppi dello scenario internazionale e perché la Siria si trova al centro della contesa?

Una caratteristica fondamentale del marxismo-leninismo è l'internazionalismo proletario, questo lo ha spiegato Marx, quindi il capitalismo come forza mondiale può essere combattuto con l'unità e la solidarietà di tutto il proletariato. La Siria è al centro dell&#

39;attenzione perché in questo momento si trova in prima linea contro l'imperialismo. Per questo noi diciamo che la nostra lotta contro l'imperialismo americano è una lotta nazionale ma anche internazionale.


Quale significato attribuisce all'attacco americano del 7 aprile scorso alla base di Al Shayrat, con il lancio di ben 59 missili tomahawk?

Esistono due fattori che bisogna considerare per comprendere questo fatto ma i mass media occidentali hanno concentrato la propria attenzione soltanto sul primo fattore, offrendo la lettura secondo cui Trump avrebbe voluto affermarsi, con questo gesto, agli occhi dell'America come un presidente forte. Poi c'è il secondo fattore, che è più importante, ovvero l'annuncio esplicito degli USA di voler avere una propria area di influenza sul territorio siriano, in modo particolare nel nord-est e nel sud-est.


I media italiani hanno recentemente abbassato il grado di attenzione sulla Siria, può illustrarci gli ultimi sviluppi? La Siria è salva? Il popolo siriano può dormire sonni tranquilli?

I media hanno smesso di parlare della Siria perché l'imperialismo è stato sconfitto. Adesso che non hanno avuto quella vittoria che immaginavano stanno zitti, ma dopo il fallimento del tentativo di rovesciare il governo, stanno cercando di logorare la Siria con altri strumenti, per questo motivo la battaglia è ancora molto lunga.


Come giudica il rapporto della Siria con la Federazione Russa?

In questo momento gli interessi geopolitici ed economici della Federazione Russa si incontrano, e in molti aspetti combaciano, con gli interessi nazionali della Siria. Ma noi non ci facciamo nessuna illusione, e sappiamo bene che l'intervento della Russia attuale non è motivato da solidarietà internazionalista, come ci si sarebbe potuti invece aspettare dall'Unione Sovietica, ma ciò non significa che non dobbiamo approfittare delle contraddizioni dei centri di potere internazionali.


In che modo potrebbero cooperare i partiti comunisti del mediterraneo per determinare in chiave internazionalista uno sviluppo della macroregione?

La solidarietà è di fondamentale importanza, la nostra posizione come partito è riassunta nello slogan "Per un fronte internazionalista contro l'imperialismo!". L'unità nei principi e le responsabilità che condividiamo devono essere poste al centro di qualsiasi azione.
 
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ECCO QUANTO GUADAGNA LA RAI GRAZIE A FABIO FAZIO da glistatigenerali

Post n°13897 pubblicato il 28 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

27 giugno 2017

In un precedente articolo, mi sono occupato delle polemiche relative il nuovo contratto che il Cda della Rai ha proposto a Fabio Fazio per continuare la sua collaborazione con Viale Mazzini, spostando contestualemente – dalla prossima stagione – “Che tempo che fa” da Rai3 a Rai1. In queste ore, più di un lettore ha chiesto lumi sugli incassi pubblicitari della trasmissione, invitando il sottoscritto a fornire dati precisi per aiutare chi legge farsi un’idea più chiara delle proporzioni tra il cachet pagato a Fazio e quanto questo incida sui guadagni dell’azienda. Rispondo volentieri alla richiesta, aggiungendo qualche numero a sostegno delle conclusioni del passato commento.

I prezzi dei listini pubblicitari dei canali televisivi variano rispetto agli ascolti complessivi delle reti, a quelli dei programmi e alla fascia oraria in cui vanno in onda. Altra variabile considerata, la “qualità” degli spettatori, ovvero il ceto socio economico di appartenenza, l’età media, la scolarizzazione e la posizione geografica. Questo perché – soprattutto rispetto ad alcuni i prodotti e servizi pubblicizzati negli spot, come automobili o altri beni dai costi elevati – il pubblico più ambito (e, per così dire, pregiato) è costituito da chi verosimilmente può divenire consumatore del prodotto sponsorizzato.

Partiamo dagli ascolti. Nella stagione che si è appena conclusa, le trasmissioni condotte da Fabio Fazio su Rai3 sono risultate le più seguite di tutta la programmazione della rete; durante alcuni picchi d’ascolto sono state le più viste di tutti i palinsesti Rai e Mediaset. Nella tabella in basso, la media ascolti di “Che tempo che fa”, “Rischiatutto” e “Che fuori tempo che fa”.



Un risultato sorprendente, se consideriamo il fatto che il programma si è attestato su numeri in linea con le migliori prime serate dei due principali canali televisivi italiani che sono Rai1 e Canale 5 (eccezion fatta per trasmissioni d’eccezione come il Festival di Sanremo, le partite della nazionale di calcio e le prime visioni di alcuni film particolarmente attesi).

Arriviamo, dunque, ai guadagni che derivano da questi ascolti. La pubblicità di Rai e Mediaset è gestita da due grandi broadcaster: Rai Pubblicità e Publitalia. Sono loro a decidere – basandosi su una serie di parametri – il prezzo degli spazi pubblicitari nei vari periodi dell’anno, nelle diverse fasce orarie e all’interno di singole trasmissioni, vendendo pacchetti di spot di diversa durata (soprattutto 10,15 e 30 secondi). Un esempio pratico: nell’aprile 2017, gli spazi di 30 secondi all’interno di “Striscia la notizia” su Canale5 (uno dei programmi con la media ascolti più alta di Mediaset) sono stati venduti a 82.500 euro, mentre nel mese di maggio sono stati valutati 94mila euro (Fonte: Italia Oggi).

Gli spazi pubblicitari di “Che tempo che fa” sono divisi in diversi scaglioni, a seconda dell’orario di messa in onda. Nella tabella in basso, i prezzi di listino degli spot da 15”, venduti in vari pacchetti personalizzati (che comprendono quindi eventuali sconti decisi da Rai Pubblicità in fase di singola contrattazione).

Il prezzo medio per il mese di aprile 2017 è stato di 38.880 euro, salendo a 46.320 nel mese di maggio. Per tutte le reti, il prime time della domenica ha una valutazione nettamente più alta rispetto alla media. La trasmissione di Fazio conta 20 minuti di spot per 64 puntate, con un ricavo medio calcolabile in circa 3 milioni di euro a serata (al netto delle spese e dei pacchetti sconto). È chiaro che parliamo di valutazioni base di listino e che uno spot che cade durante l’intervista di un attore di grido o di una star della musica è probabilmente venduto a un prezzo più alto, così come sono applicati sconti sui prezzi fissati in caso di acquisto di pacchetti di lunga durata, in base alle regole della normale contrattazione tra aziende che si verifica in ogni settore. Gli spazi di “Che tempo che fa” sono stati, nella passata stagione, tra i più “pregiati” delle tre reti Rai e – come detto in precedenza – il loro prezzo è stato fissato basandosi sulla media ascolti della trasmissione e su uno share che nel pubblico laureato sfiora il 20%. La “qualità” del pubblico fidelizzato, d’altronde, è proprio uno dei punti di forza della trasmissione.

Il nuovo cachet di Fabio Fazio (poco inferiore ai tre milioni di euro)? Tutto fuorché spropositato: la cifra, infatti, verrà abbondantemente assorbita dalle 64 puntate previste che, trasmesse sulla rete ammiraglia, produrranno ascolti e quindi ricavi pubblicitari assai maggiori rispetto alla passata stagione.
Ultimo appunto. Un valore aggiunto di Fazio è quello di esser stato l’autore (o il co-autore) delle trasmissioni di successo che negli anni ha condotto, da “Quelli che il calcio” a “Che tempo che fa”. Se il conduttore fosse passato a una rete concorrente avrebbe portato con sé l’intero format e – verosimilmente – gran parte di quel pubblico “pregiato” pagato a prezzo d’oro per ogni secondo di réclame.

Insomma, Fabio Fazio fa incassare molti più soldi di quelli che guadagna e le polemiche sul suo stipendio sono solo l’ennesimo sintomo dell’impazzimento di un paese dove lo sport nazionale è quello di guardare nel portafoglio altrui, il più delle volte per invidia sociale, in altri casi per un rigurgito di egualitarismo ottocentesco ormai caricaturale in un contesto di mercato globale. Il presentatore e il suo pubblico sono dunque un patrimonio della Rai e il rinnovo del suo contratto – per usare le parole pronunciate dal direttore Mario Orfeo a conclusione dell’ultimo Cda – è stato «un passaggio determinante nella strategia di consolidamento della leadership dell’azienda». Con buona pace di chi tira in ballo l’odiato canone, da cui né il presentatore né i suoi collaboratori di “Che tempo che fa” attingono neanche un euro, poiché serve a coprire altre spese. Questa, però, è un’altra storia…

 
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Film nelle sale da giovedi scorso

Post n°13896 pubblicato il 23 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

 
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Lady Macbeth

Post n°13895 pubblicato il 19 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Poster

Inghilterrra, 1865. Se la moda dell'epoca imprigiona la donna dentro minuscoli corsetti e pesanti crinoline, le convezioni sociali la vogliono incatenata a un marito padrone e prepotente, senza slanci di passione o indipendenza. Abnegazione e modi compassati sono gli insegnamenti impartiti alle giovani fanciulle in età da marito, e le fondamenta solide su cui poggia un matrimonio resistente. La giovane Lady Macbeth rifiuta di vivere un'esistenza misera alle dipendenze di un marito negligente, e imbocca una strada di egoismo e violenza nel tentativo di affrancarsi dal vincolo tanto detestato. "Venduta" in moglie a un uomo che non ama e per di più con il doppio dei suoi anni, la diciassettenne Katherine (Florence Pugh) inizia una relazione clandestina con un giovane stalliere. La storia passionale giunta a interrompere la monotonia e la solitudine della vita di campagna, diventa una vera ossessione per la ragazza, tanto da spingerla a compiere gesti estremi e spietati. Il film segna l'esordio cinematografico di uno dei maggiori registi del teatro inglese, William Oldroyd.

  • SCENEGGIATURAAlice Birch
  • MONTAGGIONick Emerson
  • PRODUZIONE: Sixty Six Pictures, iFeatures
  • DISTRIBUZIONE: Teodora Film
  • PAESE: Gran Bretagna
  • DURATA89 Min

 
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A settembre, in libreria, il prossimo romanzo di Guccini e Macchiavelli da francescoguccini.net

Post n°13894 pubblicato il 19 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

guccini vergato 0Roma, 16/06/2017 - "Nessuno avrebbe saputo dire perché Paolino era chiamato proprio così, con quel diminutivo, che faceva pensare a un uomo esile, mingherlino. Invece Paolino era un omone, alto e molto robusto, con due mani forti che indicavano una lunga pratica ai lavori manuali di tutti i generi, una faccia tonda raramente sbarbata e una massa di capelli sale e pepe abbastanza folta, nonostante i suoi 65 anni. Era Paolino, così era conosciuto, Paolino e basta". E' questo l'inizio dell'ultimo romanzo di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli dal titolo "Tempo da Elfi – Romanzo di boschi, lupi e altri misteri". A renderlo noto è lo stesso Loriano Macchiavelli in un articolo sul suo sito www.loriano-macchiavelli.it. "Il nostro primo romanzo è uscito nel 1997. L'ultimo (per ora) uscirà quest'anno, 2017: vent'anni di scrittura assieme. Se non è un record, ci va vicino" – scrive Macchiavelli. "In questi venti – continua - abbiamo scritto sei romanzi, una raccolta di racconti, altri racconti pubblicati qua e là. Il 15 maggio 2017, abbiamo finito il nostro ottavo libro. Il titolo: "Tempo da elfi – romanzo di boschi, lupi e altri misteri". Mercoledì 17 maggio abbiamo festeggiato a tavola, assieme all'editore, la conclusione del romanzo. Sarà in libreria a settembre", conclude lo scrittore.

 
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Wonder woman

Post n°13893 pubblicato il 19 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

UN FILM-PROLOGO CHE INTRODUCE DIANA PRINCE E LA SUA MITOLOGIA, MA PER VEDERE WONDER WOMAN OCCORRERÀ ASPETTARE

 
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La mummia arriva a 3 milioni al box office

Post n°13892 pubblicato il 19 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Il weekend lo vince, senza troppi entusiasmi, La mummia (Guarda la videorecensione), che arriva a 3 milioni di euro complessivi. Sul podio salgono anche Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar (Guarda la videorecensione), che tocca gli 11 milioni complessivi (con 1,6 milioni di spettatori) e Wonder Woman (Guarda la videorecensione), ancora leggermente distante dai 3 milioni. 
La migliore delle new entry settimanali è Nerve, che chiude il weekend con poco più di 350mila euro e un'ottima media per sala, considerato il periodo. Decisamente meno entusiasmanti sono i dati di Una doppia Verità e Aspettando il Re, entrambi sotto ai 200mila euro dal giorno della distribuzione. 
Il piccolo fenomeno della settimana è stato invece Sword Art Online: Ordinal Scale, che in soli due giorni di programmazione ha ottenuto quasi 300mila euro, rappresentando l'ennesima felice intuizione distributiva di Nexo Digital. 
Questa settimana l'uscita forte è Transformers 5: l'ultimo Cavaliere: il franchise da noi non ha mai riscontrato un enorme successo, ma vista la penuria di uscite dovrebbe ottenere la prima posizione senza troppi problemi. Attenzione però anche a Civiltà perduta, che negli USA ha ricevuto ottime recensioni. 
Pare comunque chiaro che sarà difficile che in questo ultimo mese e mezzo di stagione la top ten assoluta possa cambiare: Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar, decimo, è a 1 milione di euro di distanza da Suicide Squad e non dovrebbe riuscire ad effettuare il sorpasso. Per la prima volta da sempre quindi non avremo film italiani in classifica. 

 
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La mummia arriva a 3 milioni al box office

Post n°13891 pubblicato il 19 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Il weekend lo vince, senza troppi entusiasmi, La mummia (Guarda la videorecensione), che arriva a 3 milioni di euro complessivi. Sul podio salgono anche Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar (Guarda la videorecensione), che tocca gli 11 milioni complessivi (con 1,6 milioni di spettatori) e Wonder Woman (Guarda la videorecensione), ancora leggermente distante dai 3 milioni. 
La migliore delle new entry settimanali è Nerve, che chiude il weekend con poco più di 350mila euro e un'ottima media per sala, considerato il periodo. Decisamente meno entusiasmanti sono i dati di Una doppia Verità e Aspettando il Re, entrambi sotto ai 200mila euro dal giorno della distribuzione. 
Il piccolo fenomeno della settimana è stato invece Sword Art Online: Ordinal Scale, che in soli due giorni di programmazione ha ottenuto quasi 300mila euro, rappresentando l'ennesima felice intuizione distributiva di Nexo Digital. 
Questa settimana l'uscita forte è Transformers 5: l'ultimo Cavaliere: il franchise da noi non ha mai riscontrato un enorme successo, ma vista la penuria di uscite dovrebbe ottenere la prima posizione senza troppi problemi. Attenzione però anche a Civiltà perduta, che negli USA ha ricevuto ottime recensioni. 
Pare comunque chiaro che sarà difficile che in questo ultimo mese e mezzo di stagione la top ten assoluta possa cambiare: Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar, decimo, è a 1 milione di euro di distanza da Suicide Squad e non dovrebbe riuscire ad effettuare il sorpasso. Per la prima volta da sempre quindi non avremo film italiani in classifica. 

 
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Film nelle sale da giovedi

Post n°13890 pubblicato il 13 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

 
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NYT e FT scambiano un'installazione storica a Mosca per una barricata da sputnik

Post n°13889 pubblicato il 13 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

La barriera contro i porcospini nel centro di Mosca, al festival "Tempi ed epoca" ai giornalisti del New York Times e Financial Times è sembrata una barriera contro i partecipanti ad azioni non autorizzate sulla Tverskaya.

Il giornalista del New York Times Neil Macfarquhar sotto la fotografia e l'installazione anti-ricci nel suo microblog su Twitter ha scritto che l'asta è stata messa per evitare che i partecipanti arrivassero alla piazza Rossa. Lo stesso giudizio è stato espresso dal giornalista del Financial Times, Nil Buckley, che poi ha cancellato il messaggio. Il redattore capo di RT Margherita Symonian ha detto che si tratta di fake news. "False notizie vengono dal Financial Times e New York Times, scrivono che ci sono barricate contro Novalny", ha scritto su Twitter.

Dal 1 al 12 giugno a Mosca si svolge il festival internazionale della ricostruzione storica "Tempi e Epoche. Rievocazione", a cui hanno partecipato nella capitale 10 mila "rievocatori" e partecipanti da tutto il mondo. Lungo trenta strade e parchi in diverse zone della città sono state riprodotte 12 epoche, tra cui l'età del ferro, il 1812, la guerra di Crimea. L'evento si concluderà con una festa programmata in onore della Giornata della Russia sulla Tverskaya, resa pedonale per l'evento.

A Mosca una manifestazione di protesta è avvenuta lungo il viale Sakharov, a cui hanno partecipato 1800 persone, anche se gli organizzatori dicono 15 mila. L'oppositore Aleksei Navalny ha chiesto alle persone di cambiare il percorso concordato verso la strada Tverskaya dove era in corso il festival.

 
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Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar

Post n°13888 pubblicato il 13 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Per liberare Will dalla sua maledizione, il figlio Henry deve recuperare il Tridente di Poseidone, ma per farlo ha bisogno del pirata Jack Sparrow. Saranno aiutati da Carina Smyth, una astronoma orfana, accusata di stregoneria. Ma per arrivare al Tridente dovranno trovare il modo di sfuggire al terribile capitano Salazar, che vuole vendicarsi di Jack per via di una maledizione la cui responsabilità è dello stesso pirata.

Pirati Dei Caraibi - La vendetta di Salazar non è nient'altro che una ripetizione degli stessi temi del primo capitolo della saga. La vendetta di Salazar funziona se lo si considera un film a se, anche per via di Javier Bardem nei panni del cattivo e grazie agli effetti speciali; ma per il resto assistiamo ad un remake, con una prima parte lenta e la seconda reattiva, ma il risultato è molto deludente con il povero Jake Sparrow che sembra ormai una mascotte più che un pirata

Voto finale: 2/5

Pirati dei Caraibi: la vendetta di Salazar

Titolo originale: Pirates of the Caribbean: Dead Men Tell No Tales

Poster

I pericoli del mare non finiscono mai per lo sventurato Jack Sparrow (Johnny Depp) - pardon, lo sventurato Capitan Jack Sparrow - che in Pirati dei Caraibi 5 La vendetta di Salazar diventa nuovamente bersaglio di un'indicibile orda nemica a caccia di pirati. La flotta di marinai fantasma capitanata dal temibile Armando Salazar (Javier Bardem) è intenzionata a ripulire i mari dall'infestazione pirata, distruggendo tutti i vascelli sulla rotta che esibiscono la bandiera nera con teschio e ossa, e condannando i banditi che si trovano a bordo a una fine tremenda. Fuggito dal Triangolo del Diavolo a bordo della Silent Mary, un tempo maestosa, ora oscura e decadente, Salazar sembra avere un conto in sospeso proprio con lo svampito Sparrow, la unica speranza di sopravvivenza risiede nel leggendario Tridente di Poseidone ma per riuscire a trovarlo sarà costretto ad allearsi con la brillante e affascinante astronoma Carina Smyth (Kaya Scodelario) e il risoluto Henry Turner (Brenton Thwaites), giovane marinaio della Royal Navy. Al timone di una nave piccola e malandata, Jack si prepara ad affrontare l'oceano, rassegnato alla sorte avversa e allo scontro con i nemici passati che proprio non ne vogliono sapere di morire definitivamente. Ritroviamo anche Hector Barbossa (Geoffrey Rush), come sempre indeciso se spalleggiare il suo vecchio capitano o venderlo al miglior offerente.

CRITICA DI PIRATI DEI CARAIBI: LA VENDETTA DI SALAZAR:

Giunta al quinto giro, la saga dei Pirati dei Caraibi, con nuovi registi, un nuovo sceneggiatore e lo stesso buon vecchio Johnny Depp, prova a riconnettersi alla trilogia che aveva reso questa serie una delle più remunerative di Hollywood, confrontandosi con un quarto capitolo che non aveva messo d'accordo tutti. L'operazione riesce in parte, recuperando la coreografia visionaria e barocca di Gore Verbinski, con un bel ritmo, ma mostrando ancora una certa difficoltà nel trovare una voce davvero nuova e originale che possa giustificare il prosieguo in un sesto episodio e oltre. (Domenico Misciagna) 

CURIOSITÀ SU PIRATI DEI CARAIBI: LA VENDETTA DI SALAZAR:

Pirati dei Caraibi 5 - La vendetta di Salazar segue i quattro film campioni di incasso della serie Pirati dei CaraibiLa maledizione della prima luna (2003), La maledizione del forziere fantasma (2005) e Ai confini del mondo (2007), Oltre i confini del mare (2011).

 
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Tom Cruise vince ma non sfonda: 1,5 milioni di euro per La mummia

Post n°13887 pubblicato il 13 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Box Office Italia
La mummia vince ma non stravince il weekend: poco più di 1,5 milioni di euro non possono dirsi del tutto soddisfacenti per il film con Tom Cruise che apre la saga del Dark Universe di Universal ma, visti i mezzi flop di Wonder Woman e Baywatch, non c'è molto da lamentarsi. Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar tocca quota 10,2 milioni di euro, supera Mister Felicità e si insedia all'11esimo posto della classifica assoluta stagionale italiana. Al film manca pochissimo, poco più di 100mila euro, per superare L'ora legale e cancellare ogni traccia di cinema italiano dalle prime dieci posizioni. Una vera débâcle per il nostro cinema, che quest'anno, oltre a non piazzare alcun film nella top ten stagionale, non ha di certo brillato né sotto il profilo qualitativo, né sotto quello quantitativo, con decine e decine di titoli incapaci di superare la quota del singolo milione di euro.
Poco eccitanti gli incassi di Wonder Woman e Baywatch, col primo che sfiora i 2 milioni di euro e il secondo che finalmente riesce a passare quota 1 milione. Dopo i blockbuster americani c'è il vuoto, con Quando un padre quinto che supera i 100mila euro e può dirsi fortunato rispetto alle altre new entry che chiudono la settimana con incassi minori.
Questa settimana non ci sono uscite forti: arrivano in sala Una doppia veritàNerve (in ritardo di un anno sulla sua release originale) e Aspettando il Re (anch'esso in ritardo di mesi) con Tom Hanks. Prepariamoci a parlare di spiccioli... 

 
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Bombe italiane, guerra nello Yemen e libertà di stampa da articolo21

Post n°13886 pubblicato il 09 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

Direzione Arabia Saudita

Oggi sappiamo che quegli ordigni si dirigono verso l’Arabia Saudita, alleato di ferro degli Usa suo grande fornitore di armamenti. L’analista dell’Osservatorio Opal di Brescia, Giorgio Beretta, ha svolto accurate indagini che permettono la ricostruzione meticolosa del tragitto del carico bellico dalla Sardegna verso l’Arabia Saudita con tanto di ritrovamento dei reperti nel teatro di guerra dello Yemen dove si contano milioni di profughi e migliaia di vittime civili con azioni di bombardamento che non risparmiano scuole e ospedali. Nel piccolo e povero Paese del Golfo persico divampa ora l’emergenza sanitaria dell’epidemia di colera.

Numerosi cittadini appartenenti a diverse associazioni hanno deciso di presentare esposti alla magistratura per violazione della legge 185/90 che vieta la vendita e il transito di armi verso Paesi in guerra. Secondo ultime notizie il fascicolo relativo a queste notizie di reato è arrivato per competenza alla Procura di Roma.

Rapporto Onu e risoluzione Parlamento europeo  

Secondo il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” rilasciato il 27 gennaio 2017 al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, «Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei che diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale».

Il 25 marzo 2017 con un articolato e approfondito comunicato stampa congiunto, sei diverse espressioni della società civile (Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo) con il sostegno del missionario Comboniano Alex Zanotelli hanno fatto sapere di aver scritto una lettera ufficiale al Ministro degli Esteri Angelino Alfano chiedendo lo stop all’invio dall’Italia di armi destinate al conflitto yemenita.

Il 9 maggio 2017 la Fondazione Finanza etica è intervenuta in Germania all’assemblea degli azionisti della società Rheinmetall per chiedere perché si sono esportate dall’Italia carichi di «bombe in Arabia Saudita sapendo che il Paese è coinvolto in una guerra che non ha alcuna legittimazione dal punto di vista del diritto internazionale» citando le migliaia di vittime tra i civili, milioni di profughi e ravvisando crimini di guerra con bombardamenti e raid aerei su ospedali, scuole, fabbriche e campi profughi».

Mauro Meggiolaro, intervenuto nell’assemblea per conto di Fondazione Etica, ha riportato la risposta degli amministratori della Rheinmetall che hanno rimandato al fatto che «il Governo italiano ha dato il suo assenso per far partire le armi fabbricate dal marchio tedesco verso l’Arabia Saudita, questo per l’azienda è sufficiente, nel rispetto delle leggi». E poi, riporta ancora Meggiolaro, «è stata la stessa Arabia Saudita a chiedere la partenza delle armi dall’Italia dove la Rheinmetall investirà tra i 30 e i 40 milioni di euro per ampliare la fabbrica di Domusnovas in Sardegna».

La coscienza dei parlamentari

Il governo italiano, tramite Roberta Pinotti, ministro della Difesa, e Paolo Gentiloni, quando era ministro degli esteri, ha dichiarato, alla stampa e in risposta a interrogazioni parlamentari, di agire in linea con la legalità.

Al termine convulso di questa legislatura è venuto il tempo di lanciare un appello nominale alla coscienza di ogni parlamentare, a prescindere dai timori per la riconferma della candidatura, perché si giunga a mettere fine a una contraddizione così eclatante della nostra Costituzione che viene scaricata sulle spalle dei lavoratori della fabbrica di Domusnovas.  A seconda delle fonti, l’organico produttivo oscilla tra 70 e 250 lavoratori, probabilmente in ragione dell’indotto, del lavoro di aziende terze e altre forme di flessibilità.

Esiste già una Risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)) che ha invitato, senza successo finora, ad avviare «un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita».  Perché i parlamentari italiani non seguono l’esempio di quelli europei? Come mai un fatto così devastante non riesce ad entrare nel dibattito all’interno dei partiti e movimenti politici fino ad entrare nell’agenda politica parlamentare come un urgenza da affrontare?

È evidente che le bombe di Domusnovas possono agire da detonatore di equilibri in realtà molto fragili. Mettono in mostra un fatto che non riguarda solo il Sulcis iglesiente. Il boom del fatturato di Finmeccanica – Leonardo si spiega, infatti, con la commessa dei caccia bombardieri al Kuwait, altro Paese coinvolto nella guerra yemenita.

Segno di riscatto e conversione economica

Domusnovas può essere un segnale di redenzione e cambiamento radicale per tutto il nostro Paese a cominciare dalla rinascita di un territorio cha sta subendo duramente le conseguenze della crisi economica.  Bisogna partire,infatti,dal senso di dignità e di fierezza presente sul territorio sardo che poteva anche accettare in completo silenzio questa ennesima manifestazione della “banalità del male” e, invece, ha visto esporsi pubblicamente associazioni e persone responsabili che hanno non solo protestato ma avviato un comitato intenzionato a generare un processo serio ed esigente di riconversione economica.

Restare silenziosi o indifferenti a livello nazionale, vuol dire lasciare interi territori da soli davanti al ricatto tra il poco lavoro assicurato dalle armi e il concorso al macello industriale della guerra. Esiste una diversa e possibile politica economica e industriale, un altro modo di stare al mondo.

Al mondo dell’informazione si chiede di non concorrere al silenzio o allo scandalo fine a se stesso che non muove e impegna la coscienza. Chiediamo pertanto di concorrere assieme per fare appello ad ogni parlamentare perché si impegni a fermare l’invio di armi dal nostro Paese verso l’Arabia Saudita seguendo l’esempio dei parlamentari europei. Un segno forte di riscatto della propria dignità e di quello del Paese intero.

Alle 11.30 del 21 giugno 2017 questo appello diretto ad ogni singolo parlamentare sarà formulato con una conferenza stampa presso la sala Stampa della Camera dei deputati da parte del comitato per la riconversione di Iglesias assieme ad diverse associazioni e reti nazionali.

Ad Articolo 21 e agli organi di informazione disponibili e attenti si chiede di poter condividere questo impegno di riscatto civile della nostra comune umanità.

*Carlo Cefaloni, redattore e giornalista di Città Nuova

 
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Martelli e ''il tutto è falso e il falso è tutto'' da antimafia2000

Post n°13885 pubblicato il 09 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

 

 

martelli claudio 500 di Giorgio Bongiovanni 
Le parole profetiche di Giorgio Gaber “il tutto è falso e il falso è tutto”“è misterioso e assai più oscuro se è mescolato a un po’ di vero” si addicono perfettamente al discorso farsa che l’onorevole Claudio Martelli ha tenuto lunedì scorso nell'incontro pubblico con Felice Cavallaro e Alfonso Giordano a Palermo a Villa Filippina. 
Non possiamo non condividere la considerazione di Martelli sulla responsabilità della magistratura e del Consiglio Superiore della magistratura “sulla morte morale di Falcone per averlo denigrato e quasi perseguitato”. Testimonianza avvallata dai documenti desecretati a venticinque anni dalla strage di Capaci, dove emerge come il sinedrio della magistratura umiliò e percosse ingiustamente Falcone quando era in vita. Ciò che non condividiamo e ci disgusta però, è che la verità venga mescolata a falsità o omissioni. 
Sarebbe stato interessante per il pubblico di Villa Filippina se Martelli avesse approfondito le dichiarazioni di un anno fa, quando, sentito come teste al tanto criticato processo trattativa Stato-mafia, disse: “Non è la prima volta che si scambiano favori tra la mafia, associazioni tipo la P2, servizi deviati, massoneria deviata”.
Invece l'ex ministro della Giustizia ha preferito tacere la sua valutazione sul perché la mafia e la massoneria e altri poteri lo avrebbero eliminato politicamente come Ministro della Giustizia. Così come non ha voluto spiegare alla platea la verità sul Conto Protezione a lui intestato ai tempi di Craxi, una storia mai chiarita che coinvolgerebbe tangenti, P2, Licio Gelli, e il Banco Ambrosiano. Oppure chiarire i possibili rapporti di alcuni soggetti del partito socialista in Sicilia con la mafia.
Claudio Martelli ha ricordato Falcone come un migliore amico “di cui tiene la fotografia sulla scrivania assieme alle foto di famiglia” ma non ha rilevato se Giovanni Falcone gli fece delle dichiarazioni sull'uccisione di Salvo Lima, uno dei più famosi dei politici siciliani vicino alla mafia ammazzato pochi mesi prima della strage di Capaci.
Non si è trattenuto invece nell'esprimere un giudizio sul lavoro dei magistrati Ingroia (ora non più in magistratura) e Di Matteo, padri del processo trattativa Stato-mafia, dando lezioni di diritto e indagine: “C'è stato un cedimento da parte dello Stato - ha spiegato Martelli - io non uso la parola trattativa perché l'idea che si mettono al tavolo Stato e mafia è ridicolo ma un cedimento c'è stato”. E ancora: “Non capisco perché Ingroia e Di Matteo non hanno seguito la pista offerta dall’ex ministro Conso” quando “disse che, non rinnovando il carcere duro per i mafiosi, si volle dare un segnale di disponibilità all’ala moderata di Cosa nostra nel tentativo di far cessare le stragi. Non una trattativa ma un dichiarato cedimento, una responsabilità politica che dubito fortemente possa avere una qualsiasi valenza penale”.
Non ci sono migliori parole di quelle utilizzate dallo stesso Falcone per mettere dei punti fermi nelle traballanti peripezie dialogiche di Martelli. Nel libro “Cose di Cosa Nostra” scritto con Marcelle Padovani, Falcone supera il concetto di trattativa e parla addirittura di “dialogo Stato-mafia” che, “con gli alti e i bassi tra i due ordinamenti, dimostra chiaramente che Cosa nostra non è un anti-Stato ma piuttosto un'organizzazione parallela”. 
Frasi concrete e chiare perché quando due soggetti dialogano significa si riconoscono reciprocamente e quindi lo Stato riconosceva uno status di potere all'organizzazione criminale. Un concetto che già prima delle stragi Falcone aveva individuato chiaramente e di cui, dopo, alcuni pentiti di mafia hanno parlato. Ma ancora dal fronte della politica non c'è alcuna voce che ha tolto l'ultimo velo di Maya. In attesa di un pentito di Stato ci sentiamo di consigliare a Martelli, visto la sua poca simpatia per la parola trattativa, di utilizzare le parole di Falcone, “dialogo tra Stato e mafia”.

 
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Simonyan: RT smaschera una delle peggiori bufale riguardo la Siria da sputnik

Post n°13884 pubblicato il 09 Giugno 2017 da Ladridicinema
 

I giornalisti di RT sono riusciti a smascherare uno delle bufale peggiori della guerra in Siria: la storia del bambino definito “il simbolo della sofferenza di Aleppo” ha dichiarato la caporedattrice del canale televisivo Margarita Simonyan.

"La prossima volta porteremo con noi Christiane Amanpour e chiunque lo desideri. Solo se tutti avranno il coraggio di parlare con il bambino, Omran, e la sua famiglia" ha detto la Simonyan.

Ieri il padre di Omran Daqneesh ha detto a RT che i "Caschi Bianchi" hanno fotografato lungo il figlio prima ancora di fornirgli il primo soccorso. Ha dichiarato che la gravità delle ferite di suo figlio sono state enormemente esagerate, e che la foto è stata utilizzata a fini di lucro.

La foto ritraente Omran, salvato dalle macerie dai membri dei "Caschi Bianchi", è apparsa sui media nell'estate del 2016. I media occidentali hanno accusato la Russia di aver condotto un raid aereo sulla casa dove viveva la famiglia del bambino ad Aleppo. Il Ministero della difesa a sua volta ha annunciato della presenza di tracce di attacchi con mine e bombole a gas, ordigni usati tipicamente dai terroristi. Il Ministero ha dichiarato che nel video i medici non hanno nessuna fretta di curare il bambino, ma cercano attentamente di tenerlo sotto l'obiettivo della telecamera.

Il capo corrispondente internazionale della CNN Christiane Amanpour durante l'intervista col il Ministro degli affari esteri Sergey Lavrov ha mostrato la foto del bambino dicendo "Questo è un crimine contro l'umanità". Più tardi il rappresentante ufficiale del Ministero degli esteri Maria Zakharova ha proposto a Christiane Amanpour di recarsi in Siria e fare una vera intervista con Omran "e non una finta, come alla CNN sanno fare".

"I Caschi Bianchi" sono stati più volte accusati di aver registrato video nei quali applicano il trucco alle "vittime", dettano le "battute" e effettuano "operazioni di salvataggio" su un bambino morto.

 
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